Aisa Bat, le cave dismesse vanno controllate

L'associazione chiede maggiore attenzione

venerdì 5 dicembre 2014 16.14
«È risaputo che la coltivazione di cava o torbiera e relative pertinenze è subordinata ad autorizzazione rilasciata dall'Ufficio minerario regionale e che nell'atto autorizzativo vengono previsti alcuni doveri tra i quali l'obbligo di un progetto esecutivo per la sistemazione e/o il recupero e/o il ripristino delle aree, comunque interessate all'attività estrattiva, nonché i tempi e le modalità di esecuzione delle opere per la ricomposizione ambientale delle aree interessate.La suddetta Legge prevede che il progetto di recupero e/o sistemazione e/o ripristino facente parte integrante del progetto globale per l'autorizzazione della cava dovrà essere collaudato, al termine dell'attività della cava o dell'autorizzazione, dal Settore industria - Ufficio minerario regionale - in collaborazione con il Comune interessato al fine di accertare la rispondenza dei lavori di coltivazione a quanto previsto nel progetto stesso ed a quanto stabilito nel provvedimento autorizzativo, con particolare riferimento alle opere di recupero e/o sistemazione».

A scrivere è l'Aisa Bat, che a Trani ha la sua sede provinciale. L'intervento mira a porre all'attenzione dell'Amministrazione comunale la "spinosa" problematica delle innumerevoli cave dismesse presenti nel territorio comunale di Trani e che, in particolare, andrebbero disciplinate come da legge regionale a proposito.

«Per garantire l'adempimento degli obblighi derivanti dall'autorizzazione stessa in relazione alle opere da eseguire viene richiesto un deposito cauzionale e congrue garanzie finanziarie, anche fidejussorie. In ultimo l'art. 28 della Legge 37/85 prescrive che "quando l'esercente non ottempera agli obblighi di sistemazione e/o di recupero e/o di ripristino del terreno comunque interessato all'attività estrattiva, stabiliti nell'atto autorizzativo, provvederà il Comune competente per territorio addebitando le spese al trasgressore, previo incameramento, quale acconto, della cauzione eventualmente versata. La Giunta Regionale Puglia con deliberazione n. 692 del 12 aprile 2011 ha previsto che le fidejussioni che le ditte sono tenute a presentare a garanzia dei lavori di recupero nelle cave devono rimanere comunque valide per i successivi due anni al fine di consentire alle ditte di provvedere al recupero delle aree coltivate nonché a tutti gli obblighi previsti dalla legge. La scrivente A.I.S.A. chiede all'Amministrazione comunale di Trani di essere informata circa l'applicazione di tale normativa nel territorio comunale di propria competenza, poiché a giudicare dalle decine e decine di cave dismesse presenti nel nostro territorio non si evince alcuna opera per la sistemazione e/o il recupero e/o il ripristino di tale aree. L'A.I.S.A. rammenta che è ancora in vigore (in quanto mai revocata) l'ordinanza sindacale N° 233 del 6 novembre 2002 a firma del Sindaco di Trani Carlo Avantario, che ordinava, con decorrenza immediata, ai proprietari ed ai possessori di cave dismesse od in attività ricadenti sul territorio comunale di provvedere al recupero dell'area di cava. La suddetta Ordinanza evidenziava il reale rischio che "nelle aree di cave dismesse potrebbero esercitarsi attività illecite e pericolose, come ad esempio lo smaltimento abusivo di rifiuti, fanghi, o rifiuti pericolosi vari e che le stesse fosse di cava, indubbiamente, rappresentano un appetibile luogo per lo stoccaggio abusivo di materiali ecologicamente pericolosi di qualsivoglia origine"».

«A tal proposito la scrivente A.I.S.A. richiama alla mente il presunto smaltimento di rifiuti radioattivi e/o pericolosi in alcune cave abbandonate in territorio di Trani, sulla base di dichiarazioni rilasciate da un noto collaboratore di giustizia, questione richiamata in una audizione del Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari, Riccardo Di Bitonto, in seduta del 6 luglio 2000. Nonostante che all'epoca nel nostro territorio comunale vennero effettuati accertamenti aerei con telerilevamento a mezzo tecnologia "Dedalus", il Presidente che presenziava la succitata audizione affermò che "il metodo Dedalus può essere in grado di rilevare alcuni aspetti di fenomeni radioattivi, ma ve ne sono altri molto più nascosti dal momento che il tipo di radioattività emessa può essere tranquillamente celata dal suolo. Le vite libere medie dei contaminanti radioattivi sono molto brevi, per cui è difficile che possano essere rilevate dall'alto. Per i rifiuti pericolosi, quindi, il sistema Dedalus non è particolarmente adeguato"».

«In conclusione l'Associazione A.I.S.A. chiede all'Amministrazione comunale che vengano effettuati tutti i controlli necessari per verificare l'applicazione delle normative in materia di ripristino o recupero delle cave dismesse, che venga interpellato e interessato della questione l'Ufficio minerario regionale, che venga accertata l'applicazione dell'Ordinanza sindacale 233/2002, che venga eventualmente emessa un'Ordinanza sindacale aggiornata a tema e che venga attivata ogni procedura atta a prevenire lo smaltimento illecito di rifiuti all'interno delle cave dismesse entro la giurisdizione comunale finalizzata alla tutela dell'Ambiente e della salute pubblica».