Altro immobile di un giovane imprenditore tranese salvato dalla legge sul sovraindebitamento

La ratio della norma è riconoscere al ricorrente sovraindebitato una “seconda chance”

martedì 23 maggio 2023 19.44
Siamo sul territorio di Trani, in Puglia, nella provincia della BAT.
Narriamo oggi una vicenda molto comune, ovvero quanto accaduto ad un ex socio di una s.r.l. in liquidazione, un socio che non aveva mai firmato alcuna garanzia in favore della società a cui apparteneva, tuttavia, in seguito al licenziamento dalla quella stessa società come socio/lavoratore, aveva avviato una causa contro la stessa, per vedersi riconosciuta la sua qualità di socio lavoratore sin dal suo ingresso nella compagine societaria e, di conseguenza, vedersi riconosciuto il diritto al trattamento di fine rapporto sin dal suo ingresso nella società e non solo per l'ultimo anno, come di fatto era accaduto.
Purtroppo, tuttavia, la causa avviata contro la società innanzi al Tribunale del lavoro, l'appello, ed il ricorso ex art. 700 c.p.c., lo avevano visto soccombere, e quindi il sig. Giuseppe, nome di fantasia, aveva oggi ben tre sentenza di condanna, alle spese di lite, in favore della società in liquidazione, nonché in favore dell'INPS, chiamata in causa per effetto del litisconsorzio necessario.
Aveva, nello specifico, le seguenti sentenze di condanna a suo sfavore, ed in favore della società in liquidazione ed in favore dell'INPS:
sentenza di condanna del 2014 per il ricorso in via d'urgenza ex art. 700 c.p.c., solo contro la società in liquidazione;
sentenza di condanna del 2019 del Tribunale di Trani, sezione lavoro, contro l'INPS e la società in liquidazione;
sentenza di condanna del 2021 alle spese di lite per l'appello proposto.
Purtroppo però, il sig. Giuseppe acquistava, nel 2020, un immobile ad uso abitativo, in comproprietà con la sua compagna, convinto di vincere l'appello contro la società.
Ma, purtroppo, anche l'appello lo vedeva soccombere, pertanto, avendo già delle precedenti sentenze di condanna, la società in liquidazione, che risultava essere vittoriosa in tutti i procedimenti avviati dal sig. Giuseppe, avviava un procedura esecutiva contro l'immobile appena acquistato dal sig. Giuseppe e dalla sua compagna.
L'immobile, appena acquistato con un mutuo ipotecario sullo stesso, era stato messo in asta dalla società in liquidazione!
Disperati, ed ormai certi, sia il sig. Giuseppe che la sua compagna, che avrebbero perso l'immobile appena acquistato, si rivolgevano allo studio dell'avvocato Baldino, al fine di avviare la procedura di sovraindebitamento, nel tentativo di salvare la loro abitazione.
Chiaramente, il creditore procedente con l'esecuzione forzata contro l'immobile del sig. Giuseppe e della sua compagna, ovvero il creditore che aveva messo all'asta l'immobile appena acquistato, faceva una severa opposizione anche contro la procedura di sovraindebitamento sia in merito alla ammissibilità del piano, sostenendo invero che il sig. Giuseppe non potesse accedere al piano del consumatore avendo egli (secondo il creditore opponente), debiti misti, ovvero avendo debenze sia con lo Stato, ed altresì perché le sentenza di condanna, a parere dell'opponente, riguardavano debiti riferibili comunque l'attività imprenditoriale svolta, e metteva inoltre in discussione anche la convenienza del piano proposto dal sig. Giuseppe rispetto all'alternativa liquidatoria, chiedendo in conclusione il rigetto della proposta di piano sottoposta al Tribunale.
Il Giudice designato nella procedura di sovraindebitamento del sig. Giuseppe, l'Ill.mo Giudice dott.ssa Stano Giulia, presa posizione su tutte le osservazioni al piano sollevate dalla società in liquidazione, precisava che: "trattandosi di soggetto non fallibile che ha assunto obbligazioni che vengono in rilievo, per la massima parte, per scopi estranei all'attività imprenditoriale o professionale (cfr., su tale concetto, Cass. civ. Sez. I, 01-02-2016, n. 1869), la proposta formulata da ******* è ammissibile dal punto di vista soggettivo. Il ricorrente può essere definito consumatore ai sensi dell'art. 2 lettera e) del d.lgs. 14/2019, trattandosi di persona fisica che agisce per scopi estranei alla attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale svolta. E difatti, quanto alla nozione di consumatore, la Suprema Corte, già prima dell'entrata in vigore del codice della crisi di impresa, con pronuncia n. 1869/2016 aveva posto l'attenzione sulla omogeneità del comparto debitorio, facendo rientrare nella relativa nozione "il consumatore sovraindebitato che non sia o non sia mai stato nè imprenditore nè professionista" ovvero "chi lo sia stato e però non lo sia tuttora ovvero chi lo sia tuttora ma non annoveri più tra i debiti attuali quelli un tempo contratti in funzione di sostentamento ad una di quelle attività" (cf. Cass. civ. Sez. I, 1869/2016, cit.). Secondo la lettura estensiva offerta dalla Suprema Corte, dunque, il debitore poteva aver contratto obbligazioni d'impresa o professionali, ma l'accesso al piano del consumatore risultava ammissibile allorquando al momento della presentazione del piano fossero presenti i soli debiti al consumo, non già (o comunque non largamente) anche debiti d'impresa. L'art. 6 c. 2, lett. b), l. 3/2012, successivamente riformato per effetto della entrata in vigore del D.L. 137/2020, convertito in L.18/12/2020 n.176, ha ampliato la nozione di consumatore, prevedendo che sia qualificabile "consumatore: la persona fisica che agisce per scopi estranei alla attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta, anche se socio di una delle società appartenenti ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del codice civile, per debiti estranei a quelli sociali". Scomparso l'avverbio "esclusivamente", è consumatore la persona fisica che contrae obbligazioni per scopi estranei alla attività imprenditoriale, commerciale, artigiana o professionale eventualmente svolta. In merito alla qualifica di consumatore, poi, la giurisprudenza ha evidenziato che, secondo la previsione della legge, per consumatore legittimato a proporre un piano di composizione della crisi da sovraindebitamento si intende anche il soggetto che sia socio di una società personale, nell'ipotesi di debiti estranei a quelli sociali, che "può usufruire della procedura in questione atteso che ha cessato da oltre un anno di svolgere attività imprenditoriale e che si trova da tempo in attesa di occupazione sicché non ricorre la condizione ostativa di cui all'art. 7 co. 2 lett. a) della legge n. 3/2012" (così Trib. Mantova 08.04.2021). Più di recente, inoltre, è stato ritenuto ammissibile il piano del consumatore proposto dal debitore che abbia maturato debiti di natura mista, "dovendosi avere riguardo alla qualità dei debiti da ristrutturare, che connotano la proposta in sé considerati e nella loro composizione finale. Ne consegue che la qualifica di consumatore non è inficiata allorché i debiti siano (anche) parzialmente riconducibili all'attività imprenditoriale, dovendosi tener conto della composizione complessiva del debito" (Trib. Grosseto, 22.6.2021)".
La ratio della norma, è utile ricordarlo, è quello di riconoscere al ricorrente sovraindebitato una "seconda chance", ovvero la possibilità di ripartire da zero e reinserirsi nel tessuto economico e sociale senza temere che il proprio patrimonio, sia immobiliare che mobiliare, lo stipendio per intendersi, possano subire continui e ripetuti pignoramenti da parte di creditori insoddisfatti, al fine di vedere soddisfatti i propri crediti.
La possibilità di uscire dalla crisi economica esiste. Basterebbe conoscerla.
La speranza è quella che questa norma venga conosciuta dalla maggior parte dei debitori, affinché essi si avvicinino a questa procedura, riducendo, si spera, le innumerevoli notizie di cronaca, ormai all'ordine del giorno, di suicidi di imprenditori che credono di non avere vie di uscite da loro debiti.