Baby gang, Biancolillo: «Prevenire creando spazi di aggregazione per i giovani»
Per il capogruppo della lista Con il fenomeno si combatte con «la cultura della legalità»
lunedì 24 ottobre 2022
8.39
«Il fenomeno delle baby gang è un vero e proprio allarme sociale, e la sola repressione non basta, o meglio non serve»: lo scrive il capogruppo della lista Con, Claudio Biancolillo.
«La presenza di pattuglie della Polizia Locale e delle Forze dell'Ordine in alcune zone della città significa controllo del territorio, ma non è prevenzione e, soprattutto, non risolve il problema; lo limita semmai.
E noi del gruppo CON siamo fermamente convinti che l'arma contro tale fenomeno sia la prevenzione di questi episodi che deve necessariamente ricercarsi nella possibilità di creare spazi di aggregazione e di attività per i giovani, che si sentono spesso abbandonati dalle famiglie e dalle istituzioni.
Le baby gang, infatti, non sono altro che l'espressione di un disagio giovanile, ed è per questo che non dobbiamo spaventarci della loro violenza, bensì del nostro nascondere la testa sotto la sabbia e del modello che proponiamo loro.
Tutti abbiamo delle responsabilità, ma spesso siamo troppo presi solo dal bisogno di trovare i "colpevoli". Perché la colpa è sempre e rigorosamente di qualcun'altro. Le responsabilità, invece, sono degli adulti e ne dobbiamo assumere l'onere.
Siamo convinti, quindi, che occorra un impegno maggiore volto alla creazione di spazi di aggregazione, sia culturali che sportivi, dove i giovani possano sviluppare la propria personalità e coltivare i loro interessi e il proprio talento.
Dobbiamo insegnare ai giovani la cultura della legalità mentre, troppo spesso, siamo i primi a infrangerne le regole, finendo col diventare un modello diseducativo.
I giovani hanno bisogno di guide e di esempi positivi da seguire; e oggi diventa sempre più difficile individuare tali esempi. Ci limitiamo, con convenienza e superficialità, a condannare con dichiarazioni violente e di disgusto le azioni violente delle Baby Gang. Dovremmo invece valutare, con l'aiuto di chi ha le competenze sociologiche per farlo, la complessità del problema onde attenuarlo e eliminarlo del tutto.
E come Istituzioni giochiamo un ruolo fondamentale, commettendo, però, sempre lo stesso errore: parlare dei giovani, ma non con i giovani».
«La presenza di pattuglie della Polizia Locale e delle Forze dell'Ordine in alcune zone della città significa controllo del territorio, ma non è prevenzione e, soprattutto, non risolve il problema; lo limita semmai.
E noi del gruppo CON siamo fermamente convinti che l'arma contro tale fenomeno sia la prevenzione di questi episodi che deve necessariamente ricercarsi nella possibilità di creare spazi di aggregazione e di attività per i giovani, che si sentono spesso abbandonati dalle famiglie e dalle istituzioni.
Le baby gang, infatti, non sono altro che l'espressione di un disagio giovanile, ed è per questo che non dobbiamo spaventarci della loro violenza, bensì del nostro nascondere la testa sotto la sabbia e del modello che proponiamo loro.
Tutti abbiamo delle responsabilità, ma spesso siamo troppo presi solo dal bisogno di trovare i "colpevoli". Perché la colpa è sempre e rigorosamente di qualcun'altro. Le responsabilità, invece, sono degli adulti e ne dobbiamo assumere l'onere.
Siamo convinti, quindi, che occorra un impegno maggiore volto alla creazione di spazi di aggregazione, sia culturali che sportivi, dove i giovani possano sviluppare la propria personalità e coltivare i loro interessi e il proprio talento.
Dobbiamo insegnare ai giovani la cultura della legalità mentre, troppo spesso, siamo i primi a infrangerne le regole, finendo col diventare un modello diseducativo.
I giovani hanno bisogno di guide e di esempi positivi da seguire; e oggi diventa sempre più difficile individuare tali esempi. Ci limitiamo, con convenienza e superficialità, a condannare con dichiarazioni violente e di disgusto le azioni violente delle Baby Gang. Dovremmo invece valutare, con l'aiuto di chi ha le competenze sociologiche per farlo, la complessità del problema onde attenuarlo e eliminarlo del tutto.
E come Istituzioni giochiamo un ruolo fondamentale, commettendo, però, sempre lo stesso errore: parlare dei giovani, ma non con i giovani».