"Cara Italia ti scrivo": l'Unione Europea torna sulle concessioni demaniali intimando la procedura d'infrazione
Un approfondimento di Francesco Tomasicchio
venerdì 17 novembre 2023
13.17
Con missiva del 16 novembre la Commissione dell'Unione europea ha comunicato al Governo italiano il proprio parere circa la presunta violazione del diritto sovranazionale in materia di concessioni demaniali marittime. Come noto, si tratta di un'annosa vicenda che stenta, al momento, a trovare una via d'uscita e a convogliare, nella stessa direzione, diverse esigenze, tra le quali si ricordano l'applicazione della libera concorrenza nel mercato, la tutela dell'affidamento dei titolari delle concessioni e la necessità per il legislatore di elaborare una definitiva disciplina di settore.
Il parere motivato di Bruxelles giunge in un momento alquanto critico per l'ordinamento italiano, considerando sia il quadro giuridico che il quadro legislativo nazionale. Per il primo aspetto, infatti, si è in attesa della definitiva pronuncia da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione circa la richiesta avanzata dalla Procura Generale di accogliere il ricorso nei confronti delle sentenze del novembre 2021 adottate dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, le quali rischiano di finire in un nulla di fatto qualora la Suprema Corte dichiari l'eccesso di potere giurisdizionale. A questo si deve aggiungere, da ultimo, la definitiva pronuncia del TAR di Lecce (2 novembre 2023) che ha sancito, inseguito alla pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea dello scorso aprile, l'improcedibilità dei ricorsi presentati dall'Autorità Garante per la concorrenza e il mercato avverso i provvedimenti di proroga adottati dal Comune di Ginosa Marina.
Per il secondo aspetto, invece, la questione risulta essere ancor più delicata, giacché il legislatore italiano ha avviato un tavolo tecnico al fine di elaborare una disciplina completa e certa (es: mappatura delle coste) di riordino del settore. Ma per far sì che ciò accada occorrono, come è normale che sia, tempistiche di non breve periodo. Eppure, l'attenzione mostrata dall'esecutivo italiano alle richieste della Commissione non sembra aver soddisfatto le istituzioni euro-unitarie. Sicché la stessa Commissione UE ha notificato, nella giornata di ieri, il parere motivato al Governo italiano, che ora avverte sempre più le pressioni sovranazionali paragonabili a una vera e propria spada di Damocle.
In sostanza, la Commissione – pur non intendendo pregiudicare una trattativa e un dialogo sul nodo Bolkestein con il Governo Meloni – ha inteso portare avanti la procedura di infrazione, contestando la percentuale delle aree occupate dalle concessioni (pari al 33%, come emerge dai dati pubblicati in ottobre). In altri termini, secondo il parere di Bruxelles, il dato fornito dall'Italia non rifletterebbe la realtà dei fatti, poiché non avrebbe impiegato un criterio di "valutazione qualitativa" delle aree de quibus, e delle circostanze tipiche che riguarderebbero le regioni e i comuni. A quanto pare, l'Unione europea è giunta a porre in dubbio l'attività discrezionale del legislatore e della sua Amministrazione per portare avanti le esigenze primarie di cui essa è istante: applicare a oltranza e in tutti i settori la libera concorrenza nel mercato, non tenendo sovente conto di tutti gli altri interessi presenti, pubblici e privati. L'Italia ha sessanta giorni per rispondere alla missiva di Bruxelles, il che non fa altro che acuire i rischi di pervenire a una disciplina frettolosa, disordinata e che non tenga in doverosa considerazione la disomogeneità intrinseca alle stesse aree del demanio marittimo italiano. Le pressioni esercitate in sede sovranazionale potrebbero pertanto condurre all'adozione di una disciplina scarna e volta alla diretta applicazione della direttiva – sebbene non di liberalizzazione – Bolkestein, e, quindi, alla contestuale elaborazione di procedura di gara aperta senza che le Amministrazioni dispongano dei necessari meccanismi preventivi che dovrebbero impedire la svendita del nostro patrimonio costiero alle multinazionali straniere.
A questo proposito, è più che mai necessario che il Governo – di concerto con gli operatori del settore – si attivi seriamente per giungere all'adozione di una disciplina che possa da un lato accogliere le richieste di Bruxelles, dall'altro preservare la tipicità del patrimonio e delle attività che insistono sul demanio costiero, le quali comprendono interessi collettivi rilevantissimi, come la tutela della piccola e media impresa e la tutela dei suoi lavoratori. Se queste tutele dovessero essere concretamente poste a repentaglio dal recepimento della direttiva euro-unitaria, allora tutte le ipotesi di risoluzione del conflitto dovranno essere considerate, ivi compresa quelle che porterebbe al pagamento di una sanzione economica al termine della procedura di infrazione.
Il parere motivato di Bruxelles giunge in un momento alquanto critico per l'ordinamento italiano, considerando sia il quadro giuridico che il quadro legislativo nazionale. Per il primo aspetto, infatti, si è in attesa della definitiva pronuncia da parte delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione circa la richiesta avanzata dalla Procura Generale di accogliere il ricorso nei confronti delle sentenze del novembre 2021 adottate dall'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, le quali rischiano di finire in un nulla di fatto qualora la Suprema Corte dichiari l'eccesso di potere giurisdizionale. A questo si deve aggiungere, da ultimo, la definitiva pronuncia del TAR di Lecce (2 novembre 2023) che ha sancito, inseguito alla pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea dello scorso aprile, l'improcedibilità dei ricorsi presentati dall'Autorità Garante per la concorrenza e il mercato avverso i provvedimenti di proroga adottati dal Comune di Ginosa Marina.
Per il secondo aspetto, invece, la questione risulta essere ancor più delicata, giacché il legislatore italiano ha avviato un tavolo tecnico al fine di elaborare una disciplina completa e certa (es: mappatura delle coste) di riordino del settore. Ma per far sì che ciò accada occorrono, come è normale che sia, tempistiche di non breve periodo. Eppure, l'attenzione mostrata dall'esecutivo italiano alle richieste della Commissione non sembra aver soddisfatto le istituzioni euro-unitarie. Sicché la stessa Commissione UE ha notificato, nella giornata di ieri, il parere motivato al Governo italiano, che ora avverte sempre più le pressioni sovranazionali paragonabili a una vera e propria spada di Damocle.
In sostanza, la Commissione – pur non intendendo pregiudicare una trattativa e un dialogo sul nodo Bolkestein con il Governo Meloni – ha inteso portare avanti la procedura di infrazione, contestando la percentuale delle aree occupate dalle concessioni (pari al 33%, come emerge dai dati pubblicati in ottobre). In altri termini, secondo il parere di Bruxelles, il dato fornito dall'Italia non rifletterebbe la realtà dei fatti, poiché non avrebbe impiegato un criterio di "valutazione qualitativa" delle aree de quibus, e delle circostanze tipiche che riguarderebbero le regioni e i comuni. A quanto pare, l'Unione europea è giunta a porre in dubbio l'attività discrezionale del legislatore e della sua Amministrazione per portare avanti le esigenze primarie di cui essa è istante: applicare a oltranza e in tutti i settori la libera concorrenza nel mercato, non tenendo sovente conto di tutti gli altri interessi presenti, pubblici e privati. L'Italia ha sessanta giorni per rispondere alla missiva di Bruxelles, il che non fa altro che acuire i rischi di pervenire a una disciplina frettolosa, disordinata e che non tenga in doverosa considerazione la disomogeneità intrinseca alle stesse aree del demanio marittimo italiano. Le pressioni esercitate in sede sovranazionale potrebbero pertanto condurre all'adozione di una disciplina scarna e volta alla diretta applicazione della direttiva – sebbene non di liberalizzazione – Bolkestein, e, quindi, alla contestuale elaborazione di procedura di gara aperta senza che le Amministrazioni dispongano dei necessari meccanismi preventivi che dovrebbero impedire la svendita del nostro patrimonio costiero alle multinazionali straniere.
A questo proposito, è più che mai necessario che il Governo – di concerto con gli operatori del settore – si attivi seriamente per giungere all'adozione di una disciplina che possa da un lato accogliere le richieste di Bruxelles, dall'altro preservare la tipicità del patrimonio e delle attività che insistono sul demanio costiero, le quali comprendono interessi collettivi rilevantissimi, come la tutela della piccola e media impresa e la tutela dei suoi lavoratori. Se queste tutele dovessero essere concretamente poste a repentaglio dal recepimento della direttiva euro-unitaria, allora tutte le ipotesi di risoluzione del conflitto dovranno essere considerate, ivi compresa quelle che porterebbe al pagamento di una sanzione economica al termine della procedura di infrazione.