Caso "Vittorio Emanuele II", sei dipendenti senza stipendio da marzo
Da fine dicembre, la struttura non è più funzionante. Ancora buio sul futuro
mercoledì 29 luglio 2015
8.38
Continua, da oltre sette mesi, la telenovela della "Vittorio Emanuele II", Azienda di Servizi alla Persona tranese presieduta dalla barlettana Carmen Craca che, da dicembre, è stata costretta a trasferire i propri ospiti a Corato, presso Villa Alberta, a causa del mancato adeguamento alle normative vigenti nelle strutture socio-sanitarie. Sei sono i dipendenti della casa di riposo, lasciati senza le loro mansioni principali e, da marzo, anche senza stipendio (ad eccezion fatta per un piccolo acconto sul primo mese): si tratta di quattro donne e due uomini, di Trani e Barletta, a capo, in cinque casi, di famiglie mono-reddito.
L'azienda soffre, da anni ormai, di una situazione economica disastrosa: diversi sono i debiti maturati con i fornitori, ai quali si aggiunge la mancanza di fondi per i dovuti lavori di ristrutturazione dello stabile e, appunto, i compensi dei lavoratori. Costretti a fare da "custodi" di locali da tempo fatiscenti, i dipendenti hanno un'età media di 60 anni, con un'esperienza decennale. Sono sospesi in un limbo: per alcuni, nonostante ci siano i termini, non è possibile avviare le procedure di prepensionamento, a causa dei contributi mancanti e, in parte mal versati. Andrebbero, infatti, ripartiti tra i lavoratori gli ultimi due anni di versamenti, pagati invece in maniera cumulativa. L'ente provvidenziale non è tenuto a eseguire questo ricalcolo, di cui dovrebbe occuparsi quindi l'Asp.
Poco chiara è anche la direzione che azienda e istituzioni vogliono dare al futuro della struttura. A causa del contestuale crollo dell'amministrazione Riserbato, il caso è stato dimenticato dalle parti politiche, che adesso dovranno interrogarsi su come recuperare l'ennesimo bene pubblico caduto in rovina. Il governo Bottaro saprà dare un futuro a questo luogo? Un problema in più per Palazzo di Città, nel caso fossero pochi quelli di cui finora si è dato notizia.
L'azienda soffre, da anni ormai, di una situazione economica disastrosa: diversi sono i debiti maturati con i fornitori, ai quali si aggiunge la mancanza di fondi per i dovuti lavori di ristrutturazione dello stabile e, appunto, i compensi dei lavoratori. Costretti a fare da "custodi" di locali da tempo fatiscenti, i dipendenti hanno un'età media di 60 anni, con un'esperienza decennale. Sono sospesi in un limbo: per alcuni, nonostante ci siano i termini, non è possibile avviare le procedure di prepensionamento, a causa dei contributi mancanti e, in parte mal versati. Andrebbero, infatti, ripartiti tra i lavoratori gli ultimi due anni di versamenti, pagati invece in maniera cumulativa. L'ente provvidenziale non è tenuto a eseguire questo ricalcolo, di cui dovrebbe occuparsi quindi l'Asp.
Poco chiara è anche la direzione che azienda e istituzioni vogliono dare al futuro della struttura. A causa del contestuale crollo dell'amministrazione Riserbato, il caso è stato dimenticato dalle parti politiche, che adesso dovranno interrogarsi su come recuperare l'ennesimo bene pubblico caduto in rovina. Il governo Bottaro saprà dare un futuro a questo luogo? Un problema in più per Palazzo di Città, nel caso fossero pochi quelli di cui finora si è dato notizia.