Cava dei veleni, le posizioni di Legambiente e Comitato Bene Comune
Intanto continuano, seppur a rilento, i lavori di messa in sicurezza del sito
giovedì 11 giugno 2015
7.47
La cava dei veleni di Trani, che da più di una decina di giorni ha monopolizzato l'attenzione dei tranesi, sta lentamente diventando un caso di portata nazionale. Mentre continuano, seppur a ritmo lento, i lavori per far cessare le esalazioni dal sito (pare, infatti, che la quantità di fumi emessa stia diminuendo), giungono in redazione le prese di posizione di Legambiente Puglia, attraverso le dichiarazioni del presidente Francesco Tarantini, e del Comitato Bene Comune tranese, a firma di Luca Carrabba e Maria Teresa De Vivo.
Ecco quanto dichiarato da Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia: «Occorre procedere subito con la messa in sicurezza e con la successiva caratterizzazione e bonifica del sito. Il caso di Trani conferma come la nostra regione sia martoriata dalle discariche illegali. Dalle piccole discariche di eternit, laterizi e pneumatici fuori uso alle grandi superfici in cui è stata seppellita e accatastata l'immondizia per decenni. In questi ultimi mesi sono stati parecchi i tombamenti di rifiuti scoperti dalle Forze dell'Ordine. Purtroppo le 2.579 cave dismesse e/o abbandonate nella nostra regione rischiano di diventare luoghi privilegiati per lo smaltimento illecito di rifiuti. Invitiamo il nuovo governatore a puntare su un piano di recupero ambientale e chiediamo, nel frattempo, che si intensifichino i controlli, visto il moltiplicarsi di casi di rifiuti smaltiti illecitamente e incendiati».
«Fortunatamente, unico caso in Italia, a mettere i sigilli a queste bombe ecologiche e a monitorare costantemente la situazione - continua Tarantini - è un gruppo interforze costituito dai carabinieri del Noe, dal Corpo Forestale dello Stato e dalla Guardia di Finanza, che sta facendo rete nella lotta all'illegalità ambientale e che si avvale anche delle competenze scientifiche di Cnr e Arpa Puglia. Questo grazie al protocollo d'intesa che la Regione Puglia ha prorogato per il nono anno consecutivo. Dal 2007 ad oggi sono state ben 3.154 le aree sequestrate dall'interforza per smaltimenti illegali di ogni genere. Una risposta corale, dunque, per fronteggiare una aggressione ambientale particolarmente incisiva nella nostra regione».
«Sembravano un lontano ricordo - affermano Carrabba e De Vivo del Comitato Bene Comune - e, invece, sono tornate drammaticamente d'attualità: le cave di Trani usate come discariche per ogni tipo di rifiuti, compresi quelli tossici. I fumi che continuano a svilupparsi da una cava di contrada Casa Rossa hanno fatto ripiombare la città nella paura, come se non bastassero i problemi legati alla discarica comunale per RSU sequestrata a gennaio scorso. La verità è che la nostra campagna è un'enorme gruviera, perché costellata di cave abbandonate dopo anni di attività. Il settore lapideo ha contribuito in passato allo sviluppo economico di Trani, ma ha lasciato pericolosi strascichi di cui iniziamo a subire le conseguenze: oltre allo scempio ambientale si aggiunge anche il danno arrecato alla salute. Ai candidati sindaco chiediamo che prendano un impegno preciso e concreto con i cittadini per risolvere il problema ed evitare che possa riproporsi, sottoscrivendo una lettera d'intenti nella quale indichiamo quelle che, a nostro parere, sono le maggiori criticità (accanto, nel box d'approfondimento, è possibile leggere le tre proposte del Comitato Bene Comune, ndr)».
«È proprio vero - concludono Carrabba e De Vivo - che "tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo", come scriveva Primo Levi. Ed è bene ricordare che il collaboratore di giustizia Salvatore Annacondia ha ammesso di aver smaltito rifiuti tossici proprio nelle cave abbandonate, poco più di 20 anni fa. Ma solo ora ce ne siamo accorti».
Ecco quanto dichiarato da Francesco Tarantini, presidente di Legambiente Puglia: «Occorre procedere subito con la messa in sicurezza e con la successiva caratterizzazione e bonifica del sito. Il caso di Trani conferma come la nostra regione sia martoriata dalle discariche illegali. Dalle piccole discariche di eternit, laterizi e pneumatici fuori uso alle grandi superfici in cui è stata seppellita e accatastata l'immondizia per decenni. In questi ultimi mesi sono stati parecchi i tombamenti di rifiuti scoperti dalle Forze dell'Ordine. Purtroppo le 2.579 cave dismesse e/o abbandonate nella nostra regione rischiano di diventare luoghi privilegiati per lo smaltimento illecito di rifiuti. Invitiamo il nuovo governatore a puntare su un piano di recupero ambientale e chiediamo, nel frattempo, che si intensifichino i controlli, visto il moltiplicarsi di casi di rifiuti smaltiti illecitamente e incendiati».
«Fortunatamente, unico caso in Italia, a mettere i sigilli a queste bombe ecologiche e a monitorare costantemente la situazione - continua Tarantini - è un gruppo interforze costituito dai carabinieri del Noe, dal Corpo Forestale dello Stato e dalla Guardia di Finanza, che sta facendo rete nella lotta all'illegalità ambientale e che si avvale anche delle competenze scientifiche di Cnr e Arpa Puglia. Questo grazie al protocollo d'intesa che la Regione Puglia ha prorogato per il nono anno consecutivo. Dal 2007 ad oggi sono state ben 3.154 le aree sequestrate dall'interforza per smaltimenti illegali di ogni genere. Una risposta corale, dunque, per fronteggiare una aggressione ambientale particolarmente incisiva nella nostra regione».
«Sembravano un lontano ricordo - affermano Carrabba e De Vivo del Comitato Bene Comune - e, invece, sono tornate drammaticamente d'attualità: le cave di Trani usate come discariche per ogni tipo di rifiuti, compresi quelli tossici. I fumi che continuano a svilupparsi da una cava di contrada Casa Rossa hanno fatto ripiombare la città nella paura, come se non bastassero i problemi legati alla discarica comunale per RSU sequestrata a gennaio scorso. La verità è che la nostra campagna è un'enorme gruviera, perché costellata di cave abbandonate dopo anni di attività. Il settore lapideo ha contribuito in passato allo sviluppo economico di Trani, ma ha lasciato pericolosi strascichi di cui iniziamo a subire le conseguenze: oltre allo scempio ambientale si aggiunge anche il danno arrecato alla salute. Ai candidati sindaco chiediamo che prendano un impegno preciso e concreto con i cittadini per risolvere il problema ed evitare che possa riproporsi, sottoscrivendo una lettera d'intenti nella quale indichiamo quelle che, a nostro parere, sono le maggiori criticità (accanto, nel box d'approfondimento, è possibile leggere le tre proposte del Comitato Bene Comune, ndr)».
«È proprio vero - concludono Carrabba e De Vivo - che "tutti coloro che dimenticano il loro passato sono condannati a riviverlo", come scriveva Primo Levi. Ed è bene ricordare che il collaboratore di giustizia Salvatore Annacondia ha ammesso di aver smaltito rifiuti tossici proprio nelle cave abbandonate, poco più di 20 anni fa. Ma solo ora ce ne siamo accorti».
Le tre proposte del Comitato Bene Comune:
1) Censimento delle cave. Se ne parla da decenni, ma al momento il Comune di Trani ufficialmente non è in grado di comunicare il numero di cave legalmente autorizzate (in attività o dismesse), tantomeno di quelle abusive (il cui numero sarebbe addirittura ben superiore a quello delle attività legali). Il sindaco Carlo Avantario nel corso del suo mandato emanò un'ordinanza (n. 233 del 06/11/02) in cui decretava l'istituzione dell'anagrafe comunale delle cave e una serie di prescrizioni a carico di proprietari di cave dismesse, ma al momento questo provvedimento giace abbandonato in qualche cassetto del Comune. Sarebbe utile mappare l'intera superficie dell'agro tranese tramite fotogrammetria aerea, da ripetersi a cadenza annuale, per registrare lo stato reale del territorio e valutarne le evoluzioni nel corso del tempo.
2) Valutazione e prevenzione dei rischi connessi. Un adeguato ed esauriente censimento delle cave permetterebbe di risalire ai proprietari imponendo l'obbligo di perimetrare l'area per bloccare gli accessi abusivi alla cava ed evitare, quindi, sversamenti di cui sarebbero oggettivamente responsabili. Andrebbe avviata al più presto una capillare operazione di controllo da parte della polizia locale di tutte le cave - sia abusive che regolari - magari congiuntamente all'Ufficio Minerario Regionale, organo amministrativo preposto al rilascio delle autorizzazioni ed al controllo dell'attività estrattiva e delle prescrizioni normative. Tale sinergia permetterebbe di scongiurare gravi scempi ambientali come l'estrazione di materiali lapidei sotto il livello della falda idrica (zona Ponte Lama), la formazione di fronti rocciosi di elevata altezza ed instabili, l'interramento di materiali contaminanti di provenienza illegale, ecc.
3) La reale conformità alla normativa vigente e al PRAE (Piano Regionale delle Attività Estrattive) che regolamenta la coltivazione nelle cave autorizzate ed impone la redazione dei Piani dei Bacini Estrattivi. Il PRAE insieme alla legge regionale n. 37 del 22/05/85 obbliga i titolati di cave dichiarate autorizzate ed esaurite a provvedere al loro corretto recupero. Per le cave abusive ricettacolo di dubbie sostanze, invece, dopo il censimento e la ricognizione geografica si dovrebbe procedere all'esecuzione di carotaggi per capire con cosa siano state colmate e valutare i possibili rischi. Segnaliamo che la Regione Puglia ha in più fasi, contribuito economicamente ad interventi per il recupero ambientale delle cave (ad esempio con il progetto "Il mondo che vorrei") e il 20/01/15 ha approvato una legge per la "Valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale", che favorirebbe la trasformazione di una ex cava in una risorsa turistica e ne preserverebbe la memoria storica (http://www.edilportale.com/news/2015/01/restauro/la-puglia-approva-la-legge-sull-archeologiaindustriale_43636_21.html).
1) Censimento delle cave. Se ne parla da decenni, ma al momento il Comune di Trani ufficialmente non è in grado di comunicare il numero di cave legalmente autorizzate (in attività o dismesse), tantomeno di quelle abusive (il cui numero sarebbe addirittura ben superiore a quello delle attività legali). Il sindaco Carlo Avantario nel corso del suo mandato emanò un'ordinanza (n. 233 del 06/11/02) in cui decretava l'istituzione dell'anagrafe comunale delle cave e una serie di prescrizioni a carico di proprietari di cave dismesse, ma al momento questo provvedimento giace abbandonato in qualche cassetto del Comune. Sarebbe utile mappare l'intera superficie dell'agro tranese tramite fotogrammetria aerea, da ripetersi a cadenza annuale, per registrare lo stato reale del territorio e valutarne le evoluzioni nel corso del tempo.
2) Valutazione e prevenzione dei rischi connessi. Un adeguato ed esauriente censimento delle cave permetterebbe di risalire ai proprietari imponendo l'obbligo di perimetrare l'area per bloccare gli accessi abusivi alla cava ed evitare, quindi, sversamenti di cui sarebbero oggettivamente responsabili. Andrebbe avviata al più presto una capillare operazione di controllo da parte della polizia locale di tutte le cave - sia abusive che regolari - magari congiuntamente all'Ufficio Minerario Regionale, organo amministrativo preposto al rilascio delle autorizzazioni ed al controllo dell'attività estrattiva e delle prescrizioni normative. Tale sinergia permetterebbe di scongiurare gravi scempi ambientali come l'estrazione di materiali lapidei sotto il livello della falda idrica (zona Ponte Lama), la formazione di fronti rocciosi di elevata altezza ed instabili, l'interramento di materiali contaminanti di provenienza illegale, ecc.
3) La reale conformità alla normativa vigente e al PRAE (Piano Regionale delle Attività Estrattive) che regolamenta la coltivazione nelle cave autorizzate ed impone la redazione dei Piani dei Bacini Estrattivi. Il PRAE insieme alla legge regionale n. 37 del 22/05/85 obbliga i titolati di cave dichiarate autorizzate ed esaurite a provvedere al loro corretto recupero. Per le cave abusive ricettacolo di dubbie sostanze, invece, dopo il censimento e la ricognizione geografica si dovrebbe procedere all'esecuzione di carotaggi per capire con cosa siano state colmate e valutare i possibili rischi. Segnaliamo che la Regione Puglia ha in più fasi, contribuito economicamente ad interventi per il recupero ambientale delle cave (ad esempio con il progetto "Il mondo che vorrei") e il 20/01/15 ha approvato una legge per la "Valorizzazione del patrimonio di archeologia industriale", che favorirebbe la trasformazione di una ex cava in una risorsa turistica e ne preserverebbe la memoria storica (http://www.edilportale.com/news/2015/01/restauro/la-puglia-approva-la-legge-sull-archeologiaindustriale_43636_21.html).