Cava fumante, il Tar accoglie il ricorso delle proprietarie del sito
Non sarà bonificata a loro spese. Il Comune deve risarcire le spese legali
venerdì 9 marzo 2018
10.10
La cava fumante non sarà bonificata a spese delle proprietarie del sito, Dora Cortellino e Maria Giovanna Cortellino. Il Tar ha infatti accolto l'istanza delle due donne, rispettivamente difese dagli avvocati Maurizio Musci la prima e Francesco Paolo Bello e Antonio Arzano la seconda.
A novembre il sindaco di Trani, Amedeo Bottaro, aveva intimato le due a «porre in essere tutte le attività necessarie ad eliminare la fuoriuscita di fumi neri e odori nauseabondi dal sito, concordando le modalità di accesso con il custode giudiziario, dottor Andrea Daconto».
Le due donne hanno impugnato l'ordinanza e il Tar ha accolto il ricorso per le seguenti ragioni: «Difettano i presupposti per l'adozione del provvedimento d'urgenza. Essi come emerge chiaramente dal corpo motivazionale del provvedimento impugnato, non sono né puntualmente indicati o specificati, né sono desumibili implicitamente attesa la lunga preesistenza della immutata situazione di fatto". Si specifica altresì che "difetta il requisito della prova della imputabilità della contaminazione alle odierne ricorrenti, atteso il risalente (del 1999) sequestro giudiziario dell'area, conseguente alla controversia successoria, che le ha private della particella in questione».
Il Comune è stato pertanto condannato al risarcimento delle spese legali per una somma di 1500 euro. La palla quindi ora ritorna nelle mani del Comune, responsabile di eventuali interventi. Nell'ultimo sopralluogo sarebbero state confermate ancora una volta dai vigili del fuoco le difficoltà nelle operazioni di bonifica: il rischio sarebbe quello di un'esplosione a catena che coinvolgerebbe l'intera area.
A novembre il sindaco di Trani, Amedeo Bottaro, aveva intimato le due a «porre in essere tutte le attività necessarie ad eliminare la fuoriuscita di fumi neri e odori nauseabondi dal sito, concordando le modalità di accesso con il custode giudiziario, dottor Andrea Daconto».
Le due donne hanno impugnato l'ordinanza e il Tar ha accolto il ricorso per le seguenti ragioni: «Difettano i presupposti per l'adozione del provvedimento d'urgenza. Essi come emerge chiaramente dal corpo motivazionale del provvedimento impugnato, non sono né puntualmente indicati o specificati, né sono desumibili implicitamente attesa la lunga preesistenza della immutata situazione di fatto". Si specifica altresì che "difetta il requisito della prova della imputabilità della contaminazione alle odierne ricorrenti, atteso il risalente (del 1999) sequestro giudiziario dell'area, conseguente alla controversia successoria, che le ha private della particella in questione».
Il Comune è stato pertanto condannato al risarcimento delle spese legali per una somma di 1500 euro. La palla quindi ora ritorna nelle mani del Comune, responsabile di eventuali interventi. Nell'ultimo sopralluogo sarebbero state confermate ancora una volta dai vigili del fuoco le difficoltà nelle operazioni di bonifica: il rischio sarebbe quello di un'esplosione a catena che coinvolgerebbe l'intera area.