Commemorazione di Alfredo Albanese, parla il figlio
«Non l'ho conosciuto, porto il suo nome e lo ricordo come un eroe». Questa mattina la cerimonia nel cimitero di Trani
sabato 28 maggio 2011
«E' nato il figlio del commissario Albanese». Così scriveva Mario Schiralli in un articolo della Gazzetta del Mezzogiorno del 15 ottobre del 1980. «A distanza di cinque mesi da quella tragica mattina del 12 maggio, quando fu assassinato dalle Brigate rosse il commissario della Digos Alfredo Albanese, la signora Teresa Friggione, moglie del funzionario trucidato ha dato alla luce un maschietto al quale, quasi sicuramente, sarà imposto il nome di Alfredo». Detto, fatto. Compirà trentuno anni ad ottobre. E' un giovane ingegnere. Quel bambino tanto desiderato da Teresa e Alfredo e di cui tanto la stampa si è preoccupata all´indomani dell'omicidio del commissario assassinato senza pietà a Mestre tra via Rielta e via Comelico, oggi è un uomo ed è al fianco della mamma in occasione della commemorazione del papà, organizzata dall'amministrazione di Trani.
Alfredo Albanese junior ci racconta di una persona che ama pur non avendola mai incontrata. «Porto con fierezza il nome di mio padre, un eroe. E' stata una scelta di mia madre che tanto lo amava. Certe volte sembra un nome pesante da portare sulle spalle, in realtà la trovo un'occasione perenne per confrontarmi con lui». Del papà che non ha mai visto non gli restano che fotografie, pezzi di carta stampata degli anni ottanta e i racconti di chi l'ha conosciuto, di chi gli è stato vicino, di chi vi ha lavorato fianco al fianco fino alla fine. «Mi piace immaginarlo una persona scherzosa, un uomo simpatico e di questo ne ho avuto la conferma. Mia madre non ha mai esitato di dirmi che in questo lo ricordo parecchio. Doveva sicuramente essere una persona molto ligia, un grande lavoratore, un uomo innamorato della sua non facile professione per la quale aveva da sempre una spiccata vocazione».
Alfredo junior non ha mai pensato di ripercorrere le tracce paterne, non ha mai pensato di intraprendere la stessa carriera del padre. «Adoro la fisica e la matematica da sempre e per questo mi sono dedicato agli studi d'ingegneria. Qualcosa, però, fa si che le nostre strade si incrocino. Anch'io, infatti, mi occupo, un pò come lui, di sicurezza». Alfredo oggi è impegnato nella sua lotta personale alla violenza nelle sue molteplici sfaccettature portando attivamente al fianco dell'inossidabile Teresa la sua testimonianza nelle scuole. «Accompagno mia madre negli incontri con i ragazzi, nelle manifestazioni scolastiche in cui si ricorda mio padre e le tante vittime della macchina della violenza che non ha fatto sconti per nessuno. Sono certo che la nostra voce può fare molto e che, chi ci ascolta, fa, delle nostre parole, tesoro. Sono certo che parlare di mio padre, del suo omicidio abbia un senso. Ne sono certo e lo leggo negli occhi di chi sta dall'altra parte, di chi mostra un attento interesse per la nostra storia che è la storia, purtroppo, di molti».
Alfredo Albanese junior ci racconta di una persona che ama pur non avendola mai incontrata. «Porto con fierezza il nome di mio padre, un eroe. E' stata una scelta di mia madre che tanto lo amava. Certe volte sembra un nome pesante da portare sulle spalle, in realtà la trovo un'occasione perenne per confrontarmi con lui». Del papà che non ha mai visto non gli restano che fotografie, pezzi di carta stampata degli anni ottanta e i racconti di chi l'ha conosciuto, di chi gli è stato vicino, di chi vi ha lavorato fianco al fianco fino alla fine. «Mi piace immaginarlo una persona scherzosa, un uomo simpatico e di questo ne ho avuto la conferma. Mia madre non ha mai esitato di dirmi che in questo lo ricordo parecchio. Doveva sicuramente essere una persona molto ligia, un grande lavoratore, un uomo innamorato della sua non facile professione per la quale aveva da sempre una spiccata vocazione».
Alfredo junior non ha mai pensato di ripercorrere le tracce paterne, non ha mai pensato di intraprendere la stessa carriera del padre. «Adoro la fisica e la matematica da sempre e per questo mi sono dedicato agli studi d'ingegneria. Qualcosa, però, fa si che le nostre strade si incrocino. Anch'io, infatti, mi occupo, un pò come lui, di sicurezza». Alfredo oggi è impegnato nella sua lotta personale alla violenza nelle sue molteplici sfaccettature portando attivamente al fianco dell'inossidabile Teresa la sua testimonianza nelle scuole. «Accompagno mia madre negli incontri con i ragazzi, nelle manifestazioni scolastiche in cui si ricorda mio padre e le tante vittime della macchina della violenza che non ha fatto sconti per nessuno. Sono certo che la nostra voce può fare molto e che, chi ci ascolta, fa, delle nostre parole, tesoro. Sono certo che parlare di mio padre, del suo omicidio abbia un senso. Ne sono certo e lo leggo negli occhi di chi sta dall'altra parte, di chi mostra un attento interesse per la nostra storia che è la storia, purtroppo, di molti».
Alfredo Albanese muore a trentatré anni, trucidato ferocemente da una pioggia di proiettili per mano delle Brigate Rosse. Succedeva trentuno anni fa. L'orologio segnava le 8.30 a Mestre, il sole brillava, l'aria era fresca. A quell'ora la strada era affollata: bambini, massaie, impiegati e pensionati. Era uscito di casa da pochi minuti per recarsi, come ogni mattina, nel suo ufficio. Il commissario di origini tranesi era il responsabile della sezione antiterrorismo veneziana della polizia di Stato. Era impegnato nelle indagini sull'omicidio di Sergio Gori, vicepresidente della Montedison, un'inchiesta che stava crescendo, andando ad implicare il coinvolgimento di gruppi della sinistra militante, principalmente legati alle Br e ad Autonomia operaia. Stava per scoprire i capi della colonna veneta delle Br, l'unica che era riuscita a conservare la propria impenetrabilità. C'era quasi riuscito e per questo il giovane funzionario costituiva un pericolo: doveva essere messo a tacere, in ogni modo e con ogni mezzo. E così fu. Alfredo Albanese muore in seguito ad un agguato rivendicato dalle Brigate Rosse dapprima con una telefonata e in seguito con un volantino abbandonato nel cestino dei rifiuti.