Condannato a 5 anni Paolo Abruzzese, accusato di estorsione
L’ex presidente della Fortis Trani prestò soldi ad un collega gioiellere
mercoledì 17 dicembre 2014
7.12
Cinque anni di reclusione. Questa la pena comminata dalla Prima Sezione del Tribunale Penale di Trani a Paolo Abruzzese, il sessantaquattrenne gioielliere ex presidente della Polisportiva Trani, prima, e della Fortis Trani, poi. La condanna è l'epilogo (almeno per il primo grado) di un'indagine per usura ed estorsione, slegata da vicende calcistiche.
L'inchiesta del sostituto procuratore della Repubblica di Trani Antonio Savasta riguardò un presunto mutuo usurario che Abruzzese nel 2001 avrebbe elargito ad un orefice tranese alle prese con difficoltà economiche e con un grave male della moglie. L'iniziale debito di 28 milioni di vecchie lire, a causa del perdurare delle difficoltà economiche dell'orefice, nel giro di qualche anno sarebbe schizzato a 973 milioni, che si sarebbero dovuti rateizzare in 15 mesi con l'emissione di titoli. Somme che l'orefice aveva difficoltà a pagare e che perciò l'avrebbero visto subire minacce personali ed alla sua famiglia.
La presunta vittima sarebbe stata indotta a procedere alla stipula di atti con cui, in caso di mancato pagamento del gravoso prestito, si impegnava a vender casa ed il locale commerciale. Nel processo erano imputati anche Pasquale Abruzzese (figlio di Paolo) e Michele Musacco ma entrambi sono stati assolti. Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado (previsto tra 90 giorni) la vicenda si trasferirà davanti alla Corte d'Appello di Bari dove l'avvocato Vincenzo Operamolla, legale di Paolo Abruzzese che ha sempre respinto le accuse, impugnerà la pronuncia del collegio tranese.
L'inchiesta del sostituto procuratore della Repubblica di Trani Antonio Savasta riguardò un presunto mutuo usurario che Abruzzese nel 2001 avrebbe elargito ad un orefice tranese alle prese con difficoltà economiche e con un grave male della moglie. L'iniziale debito di 28 milioni di vecchie lire, a causa del perdurare delle difficoltà economiche dell'orefice, nel giro di qualche anno sarebbe schizzato a 973 milioni, che si sarebbero dovuti rateizzare in 15 mesi con l'emissione di titoli. Somme che l'orefice aveva difficoltà a pagare e che perciò l'avrebbero visto subire minacce personali ed alla sua famiglia.
La presunta vittima sarebbe stata indotta a procedere alla stipula di atti con cui, in caso di mancato pagamento del gravoso prestito, si impegnava a vender casa ed il locale commerciale. Nel processo erano imputati anche Pasquale Abruzzese (figlio di Paolo) e Michele Musacco ma entrambi sono stati assolti. Dopo il deposito delle motivazioni della sentenza di primo grado (previsto tra 90 giorni) la vicenda si trasferirà davanti alla Corte d'Appello di Bari dove l'avvocato Vincenzo Operamolla, legale di Paolo Abruzzese che ha sempre respinto le accuse, impugnerà la pronuncia del collegio tranese.