Da Trani a Bisceglie per un tour turistico: e il Dolmen più prezioso d'Europa viene trovato così
Turisti tranesi si sono trovati di fronte ad uno spettacolo desolante
lunedì 15 maggio 2023
16.00
"Il dolmen della Chianca è il più perfetto e il più grande tra i monumenti antichi d'Italia e il più bello e interessante dolmen d'Europa", scriveva lo storico biscegliese Mario Cosmai.
Sì, ma c'è da chiedersi, chissà se milleduecento anni prima di Cristo fossero minimamente interessati alla storia d'amore tra N. e L.: "Che peste lo colga" - scrive, prendendo a prestito l'espressione di un celebre film, il cittadino tranese che che aveva voglia di mostrare a suo figlio quale preziosissima testimonianza fosse a due passi dalla città - all'autore di questo nefando e trogloditico modo di esprimersi.
Si dovrebbe, come In altri casi simili è stato suggerito, consigliare alla destinataria di una tale dichiarazione di pensarci bene, ad accettare anche solo la compagnia di una persona così incivile e irrispettosa della storia e di un tale patrimonio umano, oltretutto dichiarato tale dall'Unesco come "Patrimonio testimone di una cultura di pace per l'umanità", che costituisce un unicum non soltanto per l'eccezionale stato di conservazione, ma anche per la consistenza numerica dei reperti.
Ma in una società abitata da profonda ignoranza forse pretendiamo troppo a pensare che chiunque, addentrandosi nelle campagne di Bisceglie, incuriosito da un'area delimitata da una catena e un piccolo cartello e accolto da olivi secolari che la natura ha disposto due a due come fosse uno spettacolo di coppie che danzano un valzer per introdurre alla visione di una delle testimonianze più antiche e preziose dell'umanità, se ne possano rendere conto.
In un ipotetico processo il malcapitato imbrattatore - in realtà l'ultimo e il più vistoso di una nutrita serie di autori di simboli che di apotropaico hanno poco o niente mentre hanno la inconfondibile mano dell'homo "sottosapiens" - potrebbe rispondere: "Ho visto tre chianche buttate, lì una sopra l'altra e ho pensato che fossero un riparo di contadini per le pecore,mica uno dei monumenti più importanti d'Europa: non c'era niente, una protezione, un biglietto di ingresso, un parco tematico (magari con le ricostruzioni di un villaggio dell'età del bronzo Epoca alla quale risale L'Antico dolmen, questo lo aggiungiamo noi ipoteticamente sempre), una panchina, un chiosco di informazioni, una bancarella con le calamite... solo una catena, due cartelli, che ne potevo sapere?".
Ora, posto che anche i ripari dei contadini per le pecore vanno rispettati tanto che muletti a secco sono a loro volta consegnati il patrimonio Unesco dell'umanità, e che comunque l'area del Dolmen è curata e ripulita periodicamente da erbacce e sporcizia; ma come, con quell'ipotetico processo, dare tutti, ma proprio tutti i torti, vista la situazione nella quale si trova il dolmen o meglio dire non si trova?
E nel frattempo, mentre si sogna una programmazione turistica costruita in concerto tra le amministrazioni nell'intero territorio, continuiamo a trascurare monumenti e testimonianze storiche laddove altrove sarebbero esaltati, fatti conoscere e protetti come meriterebbero.
Sì, ma c'è da chiedersi, chissà se milleduecento anni prima di Cristo fossero minimamente interessati alla storia d'amore tra N. e L.: "Che peste lo colga" - scrive, prendendo a prestito l'espressione di un celebre film, il cittadino tranese che che aveva voglia di mostrare a suo figlio quale preziosissima testimonianza fosse a due passi dalla città - all'autore di questo nefando e trogloditico modo di esprimersi.
Si dovrebbe, come In altri casi simili è stato suggerito, consigliare alla destinataria di una tale dichiarazione di pensarci bene, ad accettare anche solo la compagnia di una persona così incivile e irrispettosa della storia e di un tale patrimonio umano, oltretutto dichiarato tale dall'Unesco come "Patrimonio testimone di una cultura di pace per l'umanità", che costituisce un unicum non soltanto per l'eccezionale stato di conservazione, ma anche per la consistenza numerica dei reperti.
Ma in una società abitata da profonda ignoranza forse pretendiamo troppo a pensare che chiunque, addentrandosi nelle campagne di Bisceglie, incuriosito da un'area delimitata da una catena e un piccolo cartello e accolto da olivi secolari che la natura ha disposto due a due come fosse uno spettacolo di coppie che danzano un valzer per introdurre alla visione di una delle testimonianze più antiche e preziose dell'umanità, se ne possano rendere conto.
In un ipotetico processo il malcapitato imbrattatore - in realtà l'ultimo e il più vistoso di una nutrita serie di autori di simboli che di apotropaico hanno poco o niente mentre hanno la inconfondibile mano dell'homo "sottosapiens" - potrebbe rispondere: "Ho visto tre chianche buttate, lì una sopra l'altra e ho pensato che fossero un riparo di contadini per le pecore,mica uno dei monumenti più importanti d'Europa: non c'era niente, una protezione, un biglietto di ingresso, un parco tematico (magari con le ricostruzioni di un villaggio dell'età del bronzo Epoca alla quale risale L'Antico dolmen, questo lo aggiungiamo noi ipoteticamente sempre), una panchina, un chiosco di informazioni, una bancarella con le calamite... solo una catena, due cartelli, che ne potevo sapere?".
Ora, posto che anche i ripari dei contadini per le pecore vanno rispettati tanto che muletti a secco sono a loro volta consegnati il patrimonio Unesco dell'umanità, e che comunque l'area del Dolmen è curata e ripulita periodicamente da erbacce e sporcizia; ma come, con quell'ipotetico processo, dare tutti, ma proprio tutti i torti, vista la situazione nella quale si trova il dolmen o meglio dire non si trova?
E nel frattempo, mentre si sogna una programmazione turistica costruita in concerto tra le amministrazioni nell'intero territorio, continuiamo a trascurare monumenti e testimonianze storiche laddove altrove sarebbero esaltati, fatti conoscere e protetti come meriterebbero.