Discarica e disastro ambientale, la Procura ha chiuso l'inchiesta

Notificati gli avvisi di conclusione delle indagini a 21 persone e due società

sabato 19 dicembre 2015 00.00
In dieci anni la discarica comunale di Trani, finita sotto sequestro il 15 gennaio scorso, ha immesso nell'atmosfera 80 milioni di metri cubi di biogas. Per evitarlo l'Amiu Trani spa, proprietaria della discarica, avrebbe dovuto realizzare l'impianto di captazione del biogas. Ma questo non è stato mai fatto e la presenza del biogas ha provocato un «incombente e concreto rischio di esplosione della discarica», mentre il percolato schizzava fuori «a mo' di geyser». Senza contare l'«inquinamento continuativo di suolo, sottosuolo e delle falde acquifere sottostanti» dovuto proprio al percolato, che ha superato le cosiddette concentrazioni soglia dei metalli pesanti (cromo IV, nitriti, ferro, arsenico, nichel).

È quanto sostiene la Procura di Trani a conclusione delle indagini di carabinieri del Noe e del nucleo di polizia tributaria della Finanza di Bari, che hanno notificato 21 avvisi di conclusione delle indagini ad altrettante persone. I reati – contestati a vario titolo dal sostituto procuratore di Trani, Michele Ruggiero - sono disastro ambientale, omissione in atti d'ufficio, gestione continuata di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione (Aia) ed emissioni in atmosfera non autorizzate, concorso in turbata libertà degli incanti e corruzione aggravata. Nell'inchiesta sono coinvolte anche due società in qualità di persone giuridiche.

Sono indagati gli ultimi due ex sindaci della città, Luigi Riserbato e Giuseppe Tarantini; gli ex assessori comunali all'Ambiente, Giuseppe De Simone e Giuseppina Chiarello; l'ex capo dell'ufficio tecnico del Comune, Giuseppe Affatato; gli ex amministratori dell'Amiu spa, Antonello Ruggiero e Francesco Sotero; gli ex componenti del cda, Pasquale Sorrenti e Francesco Di Toma, e l'ex presidente del collegio sindacale, Francesco D'Amore; ma anche l'ex direttore tecnico dell'impianto, Michele Zecchillo, e i dipendenti Renato Monterisi e Domenico Angiolella. Per la Regione Puglia, risultano coinvolti l'ex dirigente coordinatore delle Politiche di tutela e sicurezza ambientale, Antonello Antonicelli; quello del servizio Rischio industriale, Giuseppe Tedeschi, e dell'ufficio Aia, Giuseppe Maestri; la ex dirigente dell'ufficio Inquinamento e Grandi impianti, Caterina Dibitonto.

E, poi, un architetto barese, Michele Lastilla, che doveva occuparsi della progettazione architettonica dell'impianto del biogas; Loris Zanelli, il direttore generale della Marco Polo Engineering di Cuneo, tra le società che volevano aggiudicarsi la gara per realizzare l'impianto del biogas mai costruito; e i tecnici di un laboratorio privato di Bitonto, Pasquale e Pietro Elia Abbaticchio, incaricati della analisi sulla discarica da parte dell'Amiu che – secondo la Procura – «rilevavano tardivamente» nel 2014 «una forte impennata della concentrazione dei metalli pesanti». Infine, le società Amiu Trani spa (partecipata al 100% dal Comune) e Marco Polo Engineering spa Sistemi Ecologici (di Borgo San Dalmazzo, in provincia di Cuneo) per la responsabilità amministrativa nei reati contestati.

Tra le contestazioni più pesanti, per 17 dei 21 indagati, c'è l'aver consentito la gestione della discarica nonostante l'Aia (l'autorizzazione integrata ambientale, rilasciata dalla Regione nel settembre 2008) fosse decaduta a causa della mancata realizzazione ed entrata in esercizio dell'impianto per il biogas entro settembre 2009. Mentre a tutti gli ex amministratori comunali e dell'Amiu e ai dirigenti regionali vengono contestate «condotte di carattere prevalentemente omissivo». D'Amore e Zanelli – il cui coinvolgimento nelle indagini è avvenuto nello sviluppo dei fatti seguiti al sequestro probatorio - devono rispondere, invece, di concorso in turbata libertà degli incanti e di corruzione aggravata per aver cercato di pilotare la gara per l'impianto del biogas (mai realizzato) in favore della Marco Polo. Per questo a D'Amore sarebbe stata promessa una cifra di 170mila euro; mentre all'architetto Lastilla (indagato per corruzione con D'Amore e Zanelli) vennero dati 74.800 dalla società di Cuneo per «un fittizio incarico di consulenza architettonica alla progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva dell'impianto per il recupero del biogas» senza mai realizzare nulla.