Don Natale e la sua missione di pace nella Repubblica Centrafricana
Continua l'attività pastorale della Chiesa nelle zona in mano ai ribelli
domenica 21 ottobre 2018
8.16
Continua attivamente l'attività pastorale durante questo periodo di grande difficoltà per la popolazione della Repubblica Centrafricana, colpita da un conflitto interno che non accenna a placarsi. A Bangui, dal mese di agosto, si trova don Natale Albino, dopo essere stato nominato da Papa Francesco Addetto della Nunziatura Apostolica in Centrafrica. Don Natale porta avanti la missione diplomatica della Santa Sede per promuovere la pace, il progresso e la cooperazione tra popoli in vista del bene della comunità. «Felice di lavorare per la costruzione di un mondo più bello», riporta don Natale sulla sua pagina social mentre segue i lavori di costruzione del" Centro per bambini malnutriti" di Bangui, finanziato dalla Santa Sede e direttamente voluto da Papa Francesco.
La Repubblica Centrafricana è uno dei paesi più poveri del mondo, definito anche il "Paese dei paradossi": è molto grande, la sua superficie è due volte l'Italia ma la popolazione è pochissima, solo 5 milioni di abitanti per la speranza di vita che rimane molto bassa; è ricca di risorse come diamanti, petrolio, oro ma non ha ancora incontrato la via dello sviluppo, rispetto ad altre zone circostanti.
Nel 2012, nella Repubblica Centrafricana, sono iniziati i conflitti con la rivolta di una coalizione di gruppi ribelli, a maggioranza musulmana chiamati Séléka, che dopo tre mesi hanno preso il potere con un colpo di Stato. Successivamente sono entrate in gioco le milizie anti-balaka, composte da uomini armati e miliziani che si definivano cristiani e che si sono schierati contro la popolazione di religione musulmana. Il conflitto però non ha connotazioni religiose: i Seleka e gli Anti-balaka sono miliziani, non si distinguono per la religione.
Dopo gli avvenimenti del maggio scorso, (quando nella chiesa di Notre Dame di Fatima, a Bangui, uomini della banda del generale Force che si annidano nell'enclave musulmana chiamata km 5, hanno sparato sui fedeli uccidendo padre Albert Toungoumalè-Baba e altre 16 persone), la situazione, riportano fonti ufficiali, sta migliorando ma rimane precaria. Ci sono zone che stanno pian piano recuperando la loro tranquillità; e zone che invece rimangono ancora fortemente insicure dove i giovani non possono andare a scuola, l'amministrazione non funziona, ci sono problemi sanitari perché l'ospedale non è operativo, dove si è creata una vera e propria emergenza umanitaria.
Mentre le forze militari locali e quelle dell'Onu continuano ad arrivare, l'attività pastorale continua a portare messaggi di fede, pace, speranza e amore perché è soprattutto nei momenti difficili che bisogna seguire la luce del Signore.
La Repubblica Centrafricana è uno dei paesi più poveri del mondo, definito anche il "Paese dei paradossi": è molto grande, la sua superficie è due volte l'Italia ma la popolazione è pochissima, solo 5 milioni di abitanti per la speranza di vita che rimane molto bassa; è ricca di risorse come diamanti, petrolio, oro ma non ha ancora incontrato la via dello sviluppo, rispetto ad altre zone circostanti.
Nel 2012, nella Repubblica Centrafricana, sono iniziati i conflitti con la rivolta di una coalizione di gruppi ribelli, a maggioranza musulmana chiamati Séléka, che dopo tre mesi hanno preso il potere con un colpo di Stato. Successivamente sono entrate in gioco le milizie anti-balaka, composte da uomini armati e miliziani che si definivano cristiani e che si sono schierati contro la popolazione di religione musulmana. Il conflitto però non ha connotazioni religiose: i Seleka e gli Anti-balaka sono miliziani, non si distinguono per la religione.
Dopo gli avvenimenti del maggio scorso, (quando nella chiesa di Notre Dame di Fatima, a Bangui, uomini della banda del generale Force che si annidano nell'enclave musulmana chiamata km 5, hanno sparato sui fedeli uccidendo padre Albert Toungoumalè-Baba e altre 16 persone), la situazione, riportano fonti ufficiali, sta migliorando ma rimane precaria. Ci sono zone che stanno pian piano recuperando la loro tranquillità; e zone che invece rimangono ancora fortemente insicure dove i giovani non possono andare a scuola, l'amministrazione non funziona, ci sono problemi sanitari perché l'ospedale non è operativo, dove si è creata una vera e propria emergenza umanitaria.
Mentre le forze militari locali e quelle dell'Onu continuano ad arrivare, l'attività pastorale continua a portare messaggi di fede, pace, speranza e amore perché è soprattutto nei momenti difficili che bisogna seguire la luce del Signore.