Ignoranza, superstizione, cattiveria: il litorale tra Bari e Trani cimitero di tartarughe
Tre Caretta caretta ritrovate decapitate negli ultimi due giorni. Sulla vicenda alta l'allerta del WWF
martedì 19 febbraio 2019
Tartarughe d'acqua dolce abbandonate in mare, esemplari di Caretta caretta ritrovati decapitati sulle spiagge. Il litorale fra Bari e Trani sta diventando un vero e proprio cimitero dove si raccolgono le testimonianze di odiosi episodi di maltrattamento ai danni di questi animali innocui, fino a procurarne una morte macabra e atroce.
L'ultimo fatto pochi giorni fa a Bari, più precisamente dalle parti del lido San Francesco, dove una cittadina si è avveduta delle difficoltà di una tartaruga sulla battigia, mettendo immediatamente in allerta capitaneria e volontari WWF. Da un primo esame dell'esemplare è emerso trattarsi di una comune tartaruga d'acqua dolce, di quelle che si vendono nelle fiere. Pasquale Salvemini, responsabile del centro di recupero tartarughe marine WWF di Molfetta, ipotizza che si sia trattato di un caso di abbandono da parte di qualcuno che aveva la tartaruga in casa e che se n'è voluto disfare liberandola in mare. Per ignoranza l'animale è stato immesso in un ambiente nocivo, tant'è che il sale marino ne ha compromesso la vista. Ora la malcapitata tartaruga è stata affidata alle cure del centro molfettese.
Caso più grave quello della strage di Caretta caretta, le tartarughe marine. Sono tre quelle ritrovate decapitate negli ultimi due giorni, una delle quali a San Giorgio, costa sud di Bari (le altre due a Trani e Bisceglie). «Il nostro centro lavora moltissimo con i pescatori, soprattutto con le marinerie di Trani, Bisceglie e Molfetta - dice Salvemini. In passato qualche pescatore aveva riferito di aver sentito via radio dei colleghi ammettere la pratica della decapitazione delle tartarughe».
Sembravano solo voci senza riscontro, e invece negli ultimi tempi le indiscrezioni hanno trovato triste fondamento sulle spiagge. «A fine dicembre a Giovinazzo è arrivata la prima tartaruga con la testa mozzata e un pezzo di plastica infilato nella trachea - prosegue Salvemini. Negli ultimi giorni ne sono arrivate tre, morte tutte nello stesso periodo, circa 30/40 giorni». Il ritrovamento barese, però, non per forza comporta un allargamento del raggio d'indagine (la costa a nord di Bari), dal momento che negli ultimi giorni l'instabilità metereologica e le correnti marine hanno esercitato una forte azione.
Difficile, tuttavia, pensare che le tre tartarughe senza testa siano frutto di una mera coincidenza. Difficile anche credere che i cadaveri siano opera involontaria delle eliche dei pescherecci: troppo netto il taglio per essere accidentale. Gli ordini d'ipotesi sono due: la vendetta e la superstizione, tutte accomunate da cattiveria e ignoranza. «Pare che una volta impigliata - spiega Salvemini - la tartaruga per divincolarsi faccia dei danni alla rete. Potrebbe essere una specie di vendetta da parte di gente ignorante. Chi usa le reti da posta, d'altra parte, sono sia i pescatori professionisti sia i pescatori di frodo. Un altro gruppo di pescatori riferisce che in passato si credeva che la tartaruga nella rete fosse presagio di un pescato magro».
Gli episodi degli ultimi giorni sono, però, solo la punta di un iceberg che potrebbe essere anche molto più grande. «Noi - conclude Salvemini - non sempre andiamo a verificare le carcasse; molte vengono recuperate da ditte specializzate, ma gli operatori non sempre sanno distinguere le cause della morte. I casi di tartarughe decapitate possono essere di più di quelli riscontrati fino a oggi». Lanciato l'allarme, l'invito ai veterinari è a «Porre più attenzione nei controlli. La speranza è che i pescatori di buon senso collaborino con noi in virtù della loro sensibilità».
Sulla questione ha preso posizione anche la Regione Puglia. L'assessore all'ambiente Gianni Stea scrive: «Confido nell'operato delle forze dell'ordine e della magistratura affinché si possa fare luce sugli autori di questi barbari reati appellandoni anche alla stragrande maggioranza dei pescatori che affrontano il proprio mestiere con enorme spirito di sacrificio e con grande rispetto per l'ambiente marino, affinché collaborino con le autorità preposte. E annuncio che se il reato sarà accertato e i colpevoli individuati chiederò che la Regione possa costituirsi parte lesa».
L'ultimo fatto pochi giorni fa a Bari, più precisamente dalle parti del lido San Francesco, dove una cittadina si è avveduta delle difficoltà di una tartaruga sulla battigia, mettendo immediatamente in allerta capitaneria e volontari WWF. Da un primo esame dell'esemplare è emerso trattarsi di una comune tartaruga d'acqua dolce, di quelle che si vendono nelle fiere. Pasquale Salvemini, responsabile del centro di recupero tartarughe marine WWF di Molfetta, ipotizza che si sia trattato di un caso di abbandono da parte di qualcuno che aveva la tartaruga in casa e che se n'è voluto disfare liberandola in mare. Per ignoranza l'animale è stato immesso in un ambiente nocivo, tant'è che il sale marino ne ha compromesso la vista. Ora la malcapitata tartaruga è stata affidata alle cure del centro molfettese.
Caso più grave quello della strage di Caretta caretta, le tartarughe marine. Sono tre quelle ritrovate decapitate negli ultimi due giorni, una delle quali a San Giorgio, costa sud di Bari (le altre due a Trani e Bisceglie). «Il nostro centro lavora moltissimo con i pescatori, soprattutto con le marinerie di Trani, Bisceglie e Molfetta - dice Salvemini. In passato qualche pescatore aveva riferito di aver sentito via radio dei colleghi ammettere la pratica della decapitazione delle tartarughe».
Sembravano solo voci senza riscontro, e invece negli ultimi tempi le indiscrezioni hanno trovato triste fondamento sulle spiagge. «A fine dicembre a Giovinazzo è arrivata la prima tartaruga con la testa mozzata e un pezzo di plastica infilato nella trachea - prosegue Salvemini. Negli ultimi giorni ne sono arrivate tre, morte tutte nello stesso periodo, circa 30/40 giorni». Il ritrovamento barese, però, non per forza comporta un allargamento del raggio d'indagine (la costa a nord di Bari), dal momento che negli ultimi giorni l'instabilità metereologica e le correnti marine hanno esercitato una forte azione.
Difficile, tuttavia, pensare che le tre tartarughe senza testa siano frutto di una mera coincidenza. Difficile anche credere che i cadaveri siano opera involontaria delle eliche dei pescherecci: troppo netto il taglio per essere accidentale. Gli ordini d'ipotesi sono due: la vendetta e la superstizione, tutte accomunate da cattiveria e ignoranza. «Pare che una volta impigliata - spiega Salvemini - la tartaruga per divincolarsi faccia dei danni alla rete. Potrebbe essere una specie di vendetta da parte di gente ignorante. Chi usa le reti da posta, d'altra parte, sono sia i pescatori professionisti sia i pescatori di frodo. Un altro gruppo di pescatori riferisce che in passato si credeva che la tartaruga nella rete fosse presagio di un pescato magro».
Gli episodi degli ultimi giorni sono, però, solo la punta di un iceberg che potrebbe essere anche molto più grande. «Noi - conclude Salvemini - non sempre andiamo a verificare le carcasse; molte vengono recuperate da ditte specializzate, ma gli operatori non sempre sanno distinguere le cause della morte. I casi di tartarughe decapitate possono essere di più di quelli riscontrati fino a oggi». Lanciato l'allarme, l'invito ai veterinari è a «Porre più attenzione nei controlli. La speranza è che i pescatori di buon senso collaborino con noi in virtù della loro sensibilità».
Sulla questione ha preso posizione anche la Regione Puglia. L'assessore all'ambiente Gianni Stea scrive: «Confido nell'operato delle forze dell'ordine e della magistratura affinché si possa fare luce sugli autori di questi barbari reati appellandoni anche alla stragrande maggioranza dei pescatori che affrontano il proprio mestiere con enorme spirito di sacrificio e con grande rispetto per l'ambiente marino, affinché collaborino con le autorità preposte. E annuncio che se il reato sarà accertato e i colpevoli individuati chiederò che la Regione possa costituirsi parte lesa».