"Il sogno di cancellare Israele e la shoah nella cultura islamica"

Intervento di Francesco Lotoro, portavoce degli ebrei di Trani

venerdì 11 novembre 2005
«Il Presidente della Repubblica islamica dell'Iran Mahmud Ahmadinejad, durante il congresso organizzato a Teheran sul Sionismo, ha dichiarato che Israele deve essere cancellato dalle carte geografiche. Venerdì scorso, ultimo venerdì del Ramadan musulmano, cortei per le strade della capitale e delle principali città dello Stato iraniano scandivano incessantemente "Morte a Israele". Nulla di nuovo, se si eccettua una inaudita ferocia dialettica nei confronti dello Stato ebraico che si credeva ormai superata. Quel che però mi ha colpito non è stata la frase in sé ma il silenzio glaciale di tutti i Paesi arabi. Non uno che abbia tentato di smorzare od opporsi a queste aberrazioni (salvo qualche breve e blanda dichiarazione del Ministro degli esteri egiziano, della Turchia e dell'ANP). Atteso ma non certo consolante lo sdegno di tutte le Istituzioni internazionali, dei Paesi UE e della Russia.

L'incitamento all'odio antisraeliano è colonna portante della politica estera dei Paesi islamici più radicali (Siria e Iran) mentre altri Paesi moderati come l'Egitto fanno fatica a contenere la spinta antisraeliana proveniente dalle frange più irriducibili di studenti e partiti religiosi. Ma la domanda è un'altra e coinvolge l'intera comunità internazionale: a chi si rivolge chi invoca la morte di Israele? Allo stato ebraico, ai 6 milioni di Ebrei israeliani o anche ai restanti 6 milioni di Ebrei della Diaspora? Per un Ebreo ciò non fa alcuna differenza. L'odio contro Israele equivale all'odio contro tutti gli Ebrei per più di un motivo. Perché Israele è il punto di riferimento di tutti gli Ebrei, è la garanzia a vita per ogni Ebreo che, in qualsiasi momento, potrà recarsi in Israele e lì trovare protezione e difesa; perché lo Stato nato sulle ceneri della Shoah è quanto di più caro possa essere per un Ebreo.

Si può non condividere la politica di questo o quel governo israeliano, si può discutere sui confini tra Stato ebraico e Territori dell'Autorità Nazionale Palestinese. Ma non sull'esistenza di Israele nonché sul suo pieno e imprescindibile diritto ad esistere. Per la maggior parte dei Paesi musulmani (Arabi e non), Israele è invece l'entità sionista da distruggere, in Iran è persino vietato ai giornalisti usare il nome di Israele (il nome ufficiale dello Stato ebraico in Iran è "regime di occupazione sionista della città santa di Al Quds" ossia Gerusalemme). I Protocolli dei Savi di Sion, uno dei più assurdi falsi storici dell'800, costituiscono il vademecum della gran parte della popolazione islamica, televisioni arabe trasmettono serial sui Protocolli, essi si trovano in quasi tutti i siti web islamici; per non parlare della fumettistica antiebraica ad essi correlata e che scava nei più odiosi stereotipi dell'Ebreo assetato di sangue e cospiratore di un nuovo ordine mondiale.

Sulla falsa riga del revisionismo e negazionismo europeo della Shoah è nato il negazionismo islamico. Ahmed Rami, fondatore di Radio Islam, è amico personale del celebre negazionista Robert Faurisson nonché di Johannes von Leers, già braccio destro di Joseph Goebbels. Dopo la Guerra, Von Leers divenne consulente del governo egiziano di Nasser. Il negazionista francese Roger Garaudy, autore del pamphlet Les mythes fondateurs de la politique israéliènne, già processato e condannato per contestazione dei crimini contro l'umanità, durante il processo ricevette l'appoggio di intellettuali dei Paesi arabi e musulmani. Il quotidiano egiziano Al Akhbar scrive che "Gli Ebrei hanno inventato il mito dello sterminio di massa e che 6 milioni di Ebrei siano stati uccisi nei forni nazisti. Ciò con l'intento di motivarli ad emigrare in Israele, ricattare i tedeschi per denaro e ricevere l'aiuto degli Ebrei del mondo. Io continuo a credere che l'Olocausto sia un mito israeliano inventato per ricattare il mondo". Questo altresì è in sintesi quanto si studia sui banchi di scuola nei Paesi arabi.

Il Mein Kampf, l'equivalente falso storico del ‘900 e ossatura ideologica del nazismo, vende milioni di copie all'anno in tutti i Paesi arabi, nella Turchia che chiede di entrare in Europa è stato tradotto e pubblicato 50 volte tra il 1940 e il 2005. Non si contano poi i sermoni della televisione dell'Autorità Palestinese nei quali Ebrei e Israele sono accomunati e paragonati alle peggiori definizioni. In quasi tutti gli organi mediatici e nella stampa islamica più popolare si sprecano gli elogi sul Fuehrer, accostato nell'iconografia all'altro grande "eroe", Osama bin Laden. La Siria ha offerto asilo politico ad alcuni dei più ricercati ufficiali SS nazisti. Ex scienziati del Terzo Reich rifugiatisi in Egitto progettavano negli anni '70 di costruire missili per colpire Israele. L'ex dittatore iracheno Saddam Hussein chiese al governo dell'allora Germania Orientale di vendergli tutti i residui stock di Ziklon B usato nelle camere a gas per poterlo usare contro Israele. L'odio antiebraico e antisraeliano monta sino al ridicolo; il film di Steven Spielberg Schindler's List mai trasmesso nei Paesi arabi o il Libano che nel 1988, 40esimo anniversario della fondazione di Israele, respinse tutta la corrispondenza postale proveniente dalla Francia recante un francobollo commemorativo dell'anniversario o la famosa partita di calcio Italia-Brasile dei Mondiali di Spagna (1982) non trasmessa nella maggior parte dei Paesi islamici perchè l'arbitro era l'israeliano Klein.

Il conflitto israelo-palestinese è assolutamente insufficiente a giustificare questo atteggiamento, anche perché i dati cronologici non coincidono. Durante la Seconda Guerra Mondiale il Gran Muftì di Gerusalemme Husseini, dopo aver incontrato Hitler e i suoi ufficiali inviò la divisione islamica Hanzar a combattere a fianco dei famigerati Einsatzguppen tedeschi, gli Stati arabi plaudirono apertamente alla politica antisemita di Hitler ma lo Stato di Israele ancora non esisteva.

Nel 1948 i Paesi arabi sognarono di cancellare Israele dalla faccia della terra. Non ci riuscirono, anzi i loro eserciti subirono l'umiliazione di ben 4 guerre dichiarate a Israele e puntualmente perse. Cosicchè, le classi dirigenti arabe hanno sovente utilizzato l'odio contro Israele per mascherare fallimenti politici e militari nonchè l'incapacità di istituire governi di democrazia partecipata e rappresentata. Fu usata la carta del nazionalismo palestinese, ma anche qui gli avvenimenti non coincidono: quando nel maggio 1964 venne fondata l'OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme Est erano ancora sotto il controllo di Transgiordania ed Egitto eppure la Carta dell'OLP proclamava di distruggere Israele con la lotta armata come obiettivo strategico della nazione araba nel suo complesso. Nulla, nemmeno il ritiro da Gaza o dal Libano o da circa il 90% della Cisgiordania sembra poter cambiare in questi Paesi un radicato sentimento di odio nei confronti di Israele. Mentre lo Stato ebraico ammainava la bandiera a Gaza, durante la notte i palestinesi incendiavano le sinagoghe. Sarà solo una associazione di idee ma non ho potuto far a meno di pensare che accadde lo stesso nel Terzo Reich. Gaza, come Berlino il 19 maggio 1943, è diventata Judenfrei (libera da Ebrei) eppure la mattina dopo i razzi palestinesi sono caduti sui villaggi israeliani a ridosso del confine e questo, come allora, è stato solo l'inizio. Esiste un famigerato ponte ideologico tra l'ideologia nazista del Terzo Reich e l'ideologia antisionista islamica. Un feeling perfetto, una identità di vedute che travalica il trascorso storico e la distanza cronologica. Con un "alibi" storico e politico in più che il Terzo Reich non aveva: la presenza di uno Stato ebraico. In altre parole, il crimine nazista era scoperto, infierì sulla inerme popolazione ebraica d'Europa; l'odio antisionista vorrebbe far credere che non gli Ebrei ma lo stato d'Israele sia il loro nemico da distruggere.

Un alibi di ferro, soprattutto se simile ragionamento trova ottimi appoggi in una diffusa dialettica europea (una cosa è l'antisemitismo, altra cosa è l'opposizione a Israele). L'Antisionismo è diventato una nuova forma di antisemitismo con l'alibi politico del conflitto israelo-palestinese. Questo neo-antisemitismo sta crescendo in fretta. Lo scorso gennaio il Consiglio dei musulmani inglesi scrisse che ricordare la Shoah è offensivo e che bisogna cancellare la Giornata che ricorda il genocidio degli Ebrei. Non posso credere che l'intero Islam pensi questo di Ebrei e Shoah. Anche perché, nella medesima occasione, un figlio del premier libico Gheddafi dichiarò che occorre mostrare rispetto verso il genocidio degli Ebrei a prescindere da ogni posizione politica nei riguardi di Israele, mentre uno studioso arabo israeliano ha recentemente aperto un sito sulla documentazione storica della Shoah.

Né gli Ebrei né Israele hanno mai odiato gli Arabi; diversamente, Israele dovrebbe discriminare 1 milione di cittadini arabi israeliani. Tutt'altro: Ebrei e Arabi sono uniti dal medesimo orgoglio della comune discendenza abramitica. Il giorno dopo la stretta di mano tra Rabin e Arafat, l'intero Medio Oriente si spalancò allo Stato ebraico, il quale aprì ambasciate e delegazioni commerciali in Oman, Emirati Arabi, Bahrein, riaprì l'ambasciata di Tunisi mentre la Giordania sedette subito al tavolo della pace. Tempi andati? Non è detta l'ultima parola. Prima del ritiro da Gaza era valido il principio unanimemente accettato "Territori in cambio di pace". Con il disimpegno da Gaza, Israele ha dimostrato che può ritirarsi dai Territori anche in cambio di nulla. I Paesi arabi sanno che Israele vuole vivere in pace con loro e che esso sta dando ai Palestinesi un'opportunità di pace e sovranità nazionale che né Egitto nè Transgiordania riuscirono a dare loro fino al 1967. Memoria è civiltà e cultura; nel suo uso più spicciolo, serve quanto meno a dare corretta informazione. Come la storia e l'attualità dimostrano, l'assenza di cultura della Memoria viene sistematicamente supplita dalla cultura della morte e del terrore. Quanto meno dall'ignoranza, il peggiore di tutti i mali.

La Memoria storica della Shoah si può rivelare più importante di quel che si pensi. Comprensione, studio e assimilazione nella cultura islamica della Shoah nonchè delle problematiche connesse all'antisemitismo può servire a guardare gli Ebrei come un popolo da rispettare e Israele come l'unica garanzia per gli Ebrei che ciò non accada mai più. Nella prospettiva che oggi il nemico di tutti è un terrorismo che non ha patria e sta compiendo i più feroci attentati proprio nei Paesi più storicamente islamici, da Indonesia e Pakistan sino ad Arabia Saudita e Iraq. Nel 1945 l'Europa si scoprì un continente pa­cifico e d'ispirazione sovranazionale do­po un pauroso tributo di sangue e dopo che la popolazione ebraica d'Europa fu quasi sterminata. Sulle rovine di Londra bombardata dai tedeschi, di Dresda rasa al suolo dagli Alleati e con la tragedia di Auschwitz a far da sfondo; su queste ceneri ancora fumanti qualcuno immaginò una nuova Europa. Una volta Auschwitz, Treblinka, Terezìn sembravano luoghi di un immaginario collettivo geograficamente e ideologicamente lontani dall'Europa occidentale, oltre la storica cortina di ferro. Oggi quei luoghi sono nell'Europa unita, si va a Varsavia e Praga come a Parigi e Londra. Abbiamo "importato" nell'Europa comunitaria i luoghi della Memoria, abbiamo una ragione in più per confrontarci con la loro Storia.

Il mondo islamico che guarda all'Europa non può prescindere da ciò. Israele è un pezzo d'Europa e di Medio Oriente ed è il pezzo pagato più caro. Come dice il Prof. David Meghnagi, "Israele non è indietro rispetto al­l'Europa, ma avanti; l'incontro con il mondo arabo e islamico che l'Europa sperimenta oggi con inquietudine attraverso l'immigrazione, Israele lo vive sin dalla nascita nel modo più estremo". Europa e Medio Oriente senza Ebrei ed Ebraismo sono assolutamente inconcepibili e non saranno mai abbastanza gli sforzi per fare di questo principio una dottrina di vita e pensiero. Senza Israele, sarebbe come se nazismo e antisemitismo di ieri e di oggi avessero vinto.» Francesco Lotoro
pianista, portavoce degli Ebrei di Trani