Italia 150, a Bari si celebra Valdemaro Vecchi
Una sezione di una mostra dedicata al pioniere dell'editoria in Puglia. Nell'ambito della mostra «1861-2011. L'Italia dei libri»
lunedì 5 settembre 2011
Nell'ambito della mostra «1861-2011. L'Italia dei libri», allestita a Bari nella biblioteca nazionale, lunedì 5 settembre alle 17 è in programma una conferenza che ricorderà l'alto profilo di tre uomini che sono stati delle figure chiave dell'editoria in Puglia: Valdemaro Vecchi, Benedetto Croce e Giovanni Laterza.
Vecchi, emiliano ma tranese d'adozione, fu pioniere dell'editoria e della cultura in Puglia e fu definito «il principe degli editori italiani». E' un personaggio che nella sua stessa parabola biografica sintetizza l'avventura dell'unificazione culturale di un paese appena unificato dalle armi. Significativi e preziosi volumi pubblicati da Vecchi, provenienti dalle collezioni della biblioteca nazionale, verranno esposti al pubblico in occasione della mostra, insieme con altri documenti rappresentativi dell'attività dell'editore.
Perché inserire una sezione dedicata a Valdemaro Vecchi nella mostra di Bari? Gli organizzatori spiegano: «Proporre un momento di riflessione su questo personaggio di alto profilo nella storia della cultura e dell'imprenditoria culturale pugliese è un atto dovuto e una sollecitazione di forte contenuto civile, etico e morale proposta a tutti i visitatori della mostra. Anche per questo motivo il titolo della sezione si richiama all'operosità ed all'intelligenza del tipografo-editore, emiliano di nascita, lombardo per formazione professionale, piemontese negli esordi imprenditoriali e pugliese di adozione».
Qual è, dunque, l'importanza di Vecchi nella storia della tipografia e dell'editoria pugliese? «Fondamentale e imprescindibile. Si può affermare che non ci sarebbe Laterza, se prima non ci fosse stato Vecchi. Che Laterza non avrebbe raggiunto i traguardi conquistati senza l'influsso dell'esempio trainante della tipografia tranese di Vecchi, anche attraverso gli stimoli di Benedetto Croce, che di entrambi, di Valdemaro Vecchi e di Giovanni Laterza, è stato per lunghi anni sodale e collaboratore. Croce era un devoto ammiratore della professio-nalità nitida e dell'acribia operativa della tipografia Vecchi e a questi valori oggettivi e fondanti richiamava insistentemente il giovane Laterza».
Quale era la condizione della tipografia quando Valdemaro Vecchi giunse in Puglia negli ultimi mesi del 1868 (prima a Barletta e dopo una decina d'anni a Trani)? Ce lo dice lo stesso Vecchi nel già citato scritto del 1880, pubblicato nella miscellanea per nozze Beltrani-Jatta: «Le tipografie in Puglia erano pochissime, si stampava male, anzi pessimamente, ma allora non si guardava tanto pel sottile, ed i tipografi proprietari, più che il progresso dell'arte, curavano l'utile proprio».
Il tipografo, originario di Borgo San Donnino (oggi Fidenza) in provincia di Parma, aveva alle spalle una formazione professionale sicuramente influenzata dalla tradizione di Giambattista Bodoni, il più grande tipografo italiano, attivo a Parma tra la fine del Settecento e il primo Ottocento. Vecchi conosceva anche l'importanza dell'aggiornamento tecnologico dell'officina tipografica, sapeva dove e come dotarsi delle migliori macchine da stampa, aveva maturato la consapevolezza che l'arte tipografica non avrebbe dovuto adagiarsi sulle glorie del passato, che bisognava ammodernare continuamente gli impianti e formare pazientemente i propri collaboratori ad una operosità professional-mente qualificata.
Vecchi è inoltre uomo di cultura, nel senso più alto e nobile del termine, e i prodotti della sua attività nel campo della promozione di iniziative editoriali di ampio respiro nazionale ed europeo meritano di essere illustrati e descritti nel loro contesto storico e culturale. Le riviste («La rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti», «La rivista di giureprudenza», «Napoli nobilissima», «La critica» di Benedetto Croce), le grandi opere così come le numerose iniziative editoriali di interesse locale sono così cospicue, così fuori del comune, se confrontate con la scarsità e l'inconsistenza contenutistica delle imprese editoriali dei decenni precedenti, che si può affermare, senza tema di smentita, che Valdemaro Vecchi è stato un pioniere dell'editoria ed un grande animatore della cultura pugliese.
Il punto di vista di Vecchi non prescindeva da un obiettivo fisso e costante di inserimento della cultura del territorio in cui operava, la Terra di Bari e la Puglia, in un più ampio contesto nazionale ed europeo, mediante il coinvolgimento della classe dirigente e degli intellettuali della regione in un progetto di apertura alle istanze della modernità. Citando Eugenio Garin si concorda con l'affermazione che «uno storico accorto potrebbe scavare più a fondo in questo incontro fra un colto operaio del nord e le possibilità di un sud ricco non solo di tradizioni, ma anche di energie in cerca di mezzi atti ad esprimerle.
Nella esemplare vicenda di Valdemaro Vecchi sembra infatti riflettersi questa dialettica «fra la nazione e la regione, fra il generale e il particolare, fra la fertilità della terra e la luce del cielo», di cui ha parlato con tanta efficacia Carlo Dionisotti a proposito delle «differenziazioni spaziali» della cultura e della vita italiana, una tensione risolta a vari livelli dall'umanità, dall'intelligenza e dal lavoro di uomini degni del nostro ricordo.
La mostra (dal 5 al 20 settembre) è allestita nella biblioteca nazionale di Bari, in via Pietro Oreste 45.
Vecchi, emiliano ma tranese d'adozione, fu pioniere dell'editoria e della cultura in Puglia e fu definito «il principe degli editori italiani». E' un personaggio che nella sua stessa parabola biografica sintetizza l'avventura dell'unificazione culturale di un paese appena unificato dalle armi. Significativi e preziosi volumi pubblicati da Vecchi, provenienti dalle collezioni della biblioteca nazionale, verranno esposti al pubblico in occasione della mostra, insieme con altri documenti rappresentativi dell'attività dell'editore.
Perché inserire una sezione dedicata a Valdemaro Vecchi nella mostra di Bari? Gli organizzatori spiegano: «Proporre un momento di riflessione su questo personaggio di alto profilo nella storia della cultura e dell'imprenditoria culturale pugliese è un atto dovuto e una sollecitazione di forte contenuto civile, etico e morale proposta a tutti i visitatori della mostra. Anche per questo motivo il titolo della sezione si richiama all'operosità ed all'intelligenza del tipografo-editore, emiliano di nascita, lombardo per formazione professionale, piemontese negli esordi imprenditoriali e pugliese di adozione».
Qual è, dunque, l'importanza di Vecchi nella storia della tipografia e dell'editoria pugliese? «Fondamentale e imprescindibile. Si può affermare che non ci sarebbe Laterza, se prima non ci fosse stato Vecchi. Che Laterza non avrebbe raggiunto i traguardi conquistati senza l'influsso dell'esempio trainante della tipografia tranese di Vecchi, anche attraverso gli stimoli di Benedetto Croce, che di entrambi, di Valdemaro Vecchi e di Giovanni Laterza, è stato per lunghi anni sodale e collaboratore. Croce era un devoto ammiratore della professio-nalità nitida e dell'acribia operativa della tipografia Vecchi e a questi valori oggettivi e fondanti richiamava insistentemente il giovane Laterza».
Quale era la condizione della tipografia quando Valdemaro Vecchi giunse in Puglia negli ultimi mesi del 1868 (prima a Barletta e dopo una decina d'anni a Trani)? Ce lo dice lo stesso Vecchi nel già citato scritto del 1880, pubblicato nella miscellanea per nozze Beltrani-Jatta: «Le tipografie in Puglia erano pochissime, si stampava male, anzi pessimamente, ma allora non si guardava tanto pel sottile, ed i tipografi proprietari, più che il progresso dell'arte, curavano l'utile proprio».
Il tipografo, originario di Borgo San Donnino (oggi Fidenza) in provincia di Parma, aveva alle spalle una formazione professionale sicuramente influenzata dalla tradizione di Giambattista Bodoni, il più grande tipografo italiano, attivo a Parma tra la fine del Settecento e il primo Ottocento. Vecchi conosceva anche l'importanza dell'aggiornamento tecnologico dell'officina tipografica, sapeva dove e come dotarsi delle migliori macchine da stampa, aveva maturato la consapevolezza che l'arte tipografica non avrebbe dovuto adagiarsi sulle glorie del passato, che bisognava ammodernare continuamente gli impianti e formare pazientemente i propri collaboratori ad una operosità professional-mente qualificata.
Vecchi è inoltre uomo di cultura, nel senso più alto e nobile del termine, e i prodotti della sua attività nel campo della promozione di iniziative editoriali di ampio respiro nazionale ed europeo meritano di essere illustrati e descritti nel loro contesto storico e culturale. Le riviste («La rassegna pugliese di scienze, lettere ed arti», «La rivista di giureprudenza», «Napoli nobilissima», «La critica» di Benedetto Croce), le grandi opere così come le numerose iniziative editoriali di interesse locale sono così cospicue, così fuori del comune, se confrontate con la scarsità e l'inconsistenza contenutistica delle imprese editoriali dei decenni precedenti, che si può affermare, senza tema di smentita, che Valdemaro Vecchi è stato un pioniere dell'editoria ed un grande animatore della cultura pugliese.
Il punto di vista di Vecchi non prescindeva da un obiettivo fisso e costante di inserimento della cultura del territorio in cui operava, la Terra di Bari e la Puglia, in un più ampio contesto nazionale ed europeo, mediante il coinvolgimento della classe dirigente e degli intellettuali della regione in un progetto di apertura alle istanze della modernità. Citando Eugenio Garin si concorda con l'affermazione che «uno storico accorto potrebbe scavare più a fondo in questo incontro fra un colto operaio del nord e le possibilità di un sud ricco non solo di tradizioni, ma anche di energie in cerca di mezzi atti ad esprimerle.
Nella esemplare vicenda di Valdemaro Vecchi sembra infatti riflettersi questa dialettica «fra la nazione e la regione, fra il generale e il particolare, fra la fertilità della terra e la luce del cielo», di cui ha parlato con tanta efficacia Carlo Dionisotti a proposito delle «differenziazioni spaziali» della cultura e della vita italiana, una tensione risolta a vari livelli dall'umanità, dall'intelligenza e dal lavoro di uomini degni del nostro ricordo.
La mostra (dal 5 al 20 settembre) è allestita nella biblioteca nazionale di Bari, in via Pietro Oreste 45.