L’emergenza corre sulle statali, fra sesso e schiavitù

Rosa Barca e le nostre storie di città

giovedì 23 luglio 2009
L'emergenza ha tanti colori. E' una macchinina blu nascosta nella terra, è un vecchio casolare rosa dove si combatte per la corrente elettrica, è il volto stanco e bianco di una madre di otto figli, sono i piedi scalzi e neri di chi ha camminato per chilometri prima di avvistare una cisterna d'acqua, è il rossetto rosso con cui una donna nigeriana si colora le labbra, è un ombrellone giallo sul ciglio della strada. Sono i colori delle campagne del foggiano e delle statali del nord-barese con cui gli operatori dell'Oasi 2 si sporcano quotidianamente le mani. In punta di piedi, incontrano le facce di queste realtà: sembrano correre parallele ma, invece, si sbattono negli stessi ostacoli. I protagonisti sono uomini e donne dell'est, ma anche marocchini, nigeriani, senegalesi, vittime di sfruttamento sessuale e lavorativo.



La cooperativa sociale tranese è da tanti anni in prima linea nel campo delle migrazioni. Attraverso il progetto "le città invisibili" promosso dalla Regione, svolge un programma di assistenza, informazione ed integrazione, cercando di costruire un dialogo con prostitute e immigrati senza permesso di soggiorno."Instaurare un rapporto con alcuni di loro è stato un duro lavoro. In certi casi ci abbiamo messo più di un anno perché cominciassero a fidarsi di noi" spiega, durante il viaggio in macchina, una delle operatrici di una efficientissima e motivata unità di strada.



Drammatica la situazione in campagna dove si vive in condizioni disumane. Lavorare è una questione d'elite. In attesa del tempo della raccolta del pomodoro, aumentano per molti le difficoltà legate alla sola sopravvivenza. Straziante il panorama per chi non si limita a sbirciare soltanto dal finestrino della macchina, ma per chi apre lo sportello ed ascolta i loro problemi. E' difficile portarsi a casa immagini di scenari da brivido senza lasciar andare la testa contro il muro. Ti rendi conto di come, provare a porgere una mano, non sia mai abbastanza. Quella mano non può da sola, senza un palpabile soccorso, sedare le angosce di un uomo che cerca disperatamente lavoro, rischiando di tornarsene nella sua terra con le spalle strette.

Non meno critica, anzi altrettanto scottante, la situazione sulle statali. Donne stanche che si spalmano il cerone sul viso, forme in vendita in cambio di denaro, volti nascosti sotto grandi occhiali per nascondere i lividi lasciati addosso dai loro "fidanzati" (o presunti tali). Occhi verdi, malinconici, che esplodono sotto la pelle nera, giovani corpi in preda di clienti impazienti: questo è quello che vediamo appena scendiamo dalla macchina dell'unità di strada. Sono rumene, albanesi, nigeriane e senegalesi le vere cittadine delle statali. Molte di loro lavorano autonomamente,altre invece sono sulla strada al servizio di madame e caporali per finire di estinguere il loro debito. Tutte però sono mosse da un unico obiettivo e cioè lasciare prima possibile il lavoro di prostituta.



"Ciao, come stai?" ci chiedono curiose prima di entrare nell'ennesima macchina che rallenta senza pudore davanti a noi per chiedere "quanto?". L' emergenza da queste parti come in campagna ha davvero tanti colori. Molti fingono di non esserne a conoscenza. In pochi rispondono all'allarme. Gli altri vivono tranquilli.

Rosa Barca