La piramide della qualità dei vini
Approfondimento della beverage menager Ludovica Diafieria
domenica 13 dicembre 2020
Il vino ti sembra tutto uguale, lo so. Così se travaso un vino in cartone, pescato da un remoto scaffale del supermercato, in una caraffa di cristallo dal bordo dorato per poi posizionarla al centro del tavolo la sera di Natale ti sembrerà che io abbia fatto una scelta sofisticata.
Bene, è plausibile il tuo pensiero da inesperto. Ma se allo stesso tavolo, durante la cena di Natale, siedi con gente di cui non conosci nulla ti consiglio di non palesare questi tuoi commenti, potresti avere accanto a te alcuni tra i redattori della Piramide della qualità enologica e non sarebbe dunque il modo più simpatico di cominciare una conversazione.
Le differenti caratteristiche dei vini presenti sulle nostre tavole, infatti, si susseguono formando una vera e propria piramide. A partire dal 2008, si è verificata una scissione tra le classificazioni nazionali e quelle europee relative a merceologie diverse. Seguendo la legge 164/92 la piramide della qualità vedeva, a partire dalla base sino al vertice, le seguenti classificazioni:
- vino da tavola
- vino a Indicazione Geografica Tipica (I.G.T.)
- vino a Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.)
- vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.)
I Vini da Tavola
Alla base della piramide radicano i Vini da Tavola. Si tratta di vini generici che devono rispettare le regole generali come l'obbligatorietà di etichetta e lotto di produzione, il volume del recipiente, i dati dell'imbottigliatore, il luogo di imbottigliamento o vinificazione, la gradazione alcolica, la gassificazione e la percentuale di solfiti contenuti. Non sono dunque da indicare la provenienza, l'annata e il vitigno né il colore che resta una menzione facoltativa.
I Vini IGT
Con la sigla IGT, secondo la classificazione europea, si raggruppano i vini prodotti in aree ampie ma secondo requisiti precisi. I vini in questione devono essere composti almeno per l'85% da uve o vitigni della varietà specificata sull'etichetta.
La zona di produzione, i vitigni da utilizzare, la resa dell'uva per ciascun ettaro, la resa di trasformazione in vino, il grado alcolico minimo, sono previsti dai disciplinari di produzione. L'indicazione del vitigno, annata, zona ed eventuale sottozona sono facoltativi. La necessità che i vini si conformino a queste regole è prevista dal Regolamento Comunitario Nr.823 del 1987.
I Vini DOC
I Vini DOC seguono nei loro processi di produzione parametri ben più restrittivi di quelli riservati agli IGT, rientrano infatti in zone di produzione strettamente limitate e non possono essere prodotti con uve destinate a vini IGT. Necessario risulta garantire la certezza di origine e qualità chimica e organolettica mediante controlli stringenti. Oltre alle aree di produzione, definite con precisione, sono specificate dal disciplinare le tecniche agronomiche, di cantina, caratteristiche chimiche e le caratteristiche organolettiche. E' obbligatoria l'annata di produzione sull'etichetta.
I Vini DOCG
I disciplinari più rigorosi in assoluto sono però riservati ai Vini DOCG che devono provenire da una area vinicola ed enologica estremamente restrittiva. La denominazione DOCG è concessa anche a vini già esistenti che rientrano nella categoria DOC da almeno cinque anni. L'analisi chimico-fisica e organolettica è svolta due volte obbligatoriamente, allo stesso modo obbligatoria è la fascetta di controllo con il contrassegno dello Stato disposta in modo tale da rompersi in fase di apertura della bottiglia. Tutte le specifiche previste dal disciplinare riservate al DOC valgono anche per i DOCG.
In Italia nel 2020 sono previste:
76 D.O.C.G.
333 D.O.C.
118 I.G.T.
Bene, è plausibile il tuo pensiero da inesperto. Ma se allo stesso tavolo, durante la cena di Natale, siedi con gente di cui non conosci nulla ti consiglio di non palesare questi tuoi commenti, potresti avere accanto a te alcuni tra i redattori della Piramide della qualità enologica e non sarebbe dunque il modo più simpatico di cominciare una conversazione.
Le differenti caratteristiche dei vini presenti sulle nostre tavole, infatti, si susseguono formando una vera e propria piramide. A partire dal 2008, si è verificata una scissione tra le classificazioni nazionali e quelle europee relative a merceologie diverse. Seguendo la legge 164/92 la piramide della qualità vedeva, a partire dalla base sino al vertice, le seguenti classificazioni:
- vino da tavola
- vino a Indicazione Geografica Tipica (I.G.T.)
- vino a Denominazione di Origine Controllata (D.O.C.)
- vino a Denominazione di Origine Controllata e Garantita (D.O.C.G.)
I Vini da Tavola
Alla base della piramide radicano i Vini da Tavola. Si tratta di vini generici che devono rispettare le regole generali come l'obbligatorietà di etichetta e lotto di produzione, il volume del recipiente, i dati dell'imbottigliatore, il luogo di imbottigliamento o vinificazione, la gradazione alcolica, la gassificazione e la percentuale di solfiti contenuti. Non sono dunque da indicare la provenienza, l'annata e il vitigno né il colore che resta una menzione facoltativa.
I Vini IGT
Con la sigla IGT, secondo la classificazione europea, si raggruppano i vini prodotti in aree ampie ma secondo requisiti precisi. I vini in questione devono essere composti almeno per l'85% da uve o vitigni della varietà specificata sull'etichetta.
La zona di produzione, i vitigni da utilizzare, la resa dell'uva per ciascun ettaro, la resa di trasformazione in vino, il grado alcolico minimo, sono previsti dai disciplinari di produzione. L'indicazione del vitigno, annata, zona ed eventuale sottozona sono facoltativi. La necessità che i vini si conformino a queste regole è prevista dal Regolamento Comunitario Nr.823 del 1987.
I Vini DOC
I Vini DOC seguono nei loro processi di produzione parametri ben più restrittivi di quelli riservati agli IGT, rientrano infatti in zone di produzione strettamente limitate e non possono essere prodotti con uve destinate a vini IGT. Necessario risulta garantire la certezza di origine e qualità chimica e organolettica mediante controlli stringenti. Oltre alle aree di produzione, definite con precisione, sono specificate dal disciplinare le tecniche agronomiche, di cantina, caratteristiche chimiche e le caratteristiche organolettiche. E' obbligatoria l'annata di produzione sull'etichetta.
I Vini DOCG
I disciplinari più rigorosi in assoluto sono però riservati ai Vini DOCG che devono provenire da una area vinicola ed enologica estremamente restrittiva. La denominazione DOCG è concessa anche a vini già esistenti che rientrano nella categoria DOC da almeno cinque anni. L'analisi chimico-fisica e organolettica è svolta due volte obbligatoriamente, allo stesso modo obbligatoria è la fascetta di controllo con il contrassegno dello Stato disposta in modo tale da rompersi in fase di apertura della bottiglia. Tutte le specifiche previste dal disciplinare riservate al DOC valgono anche per i DOCG.
In Italia nel 2020 sono previste:
76 D.O.C.G.
333 D.O.C.
118 I.G.T.