Lasciateci lavorare, lasciateci informare
Un nostro collaboratore vittima di un episodio increscioso
sabato 7 settembre 2019
9.34
Ritrovarsi dinanzi al foglio bianco per raccontare episodi che ti toccano da vicino non è mai semplice. Si corre il rischio che le emozioni prendano il sopravvento, che la delusione possa passare per vittimismo, che la stanchezza possa essere interpretata come una resa. Eppure quest'oggi riteniamo di dover raccontare alla città un episodio increscioso che colpisce il nostro diritto di informare e il diritto dei cittadini ad essere informati. Un episodio che evidenzia quanto difficile oggi sia diventato esercitare una professione nobile, quella di informare, senza dover temere aggressioni o ritorsioni.
Purtroppo è accaduto e non possiamo tacerlo. Nella giornata di ieri un nostro collaboratore ha subito una grave aggressione verbale sfociata in pesanti minacce che preferiamo non riferire e nel contatto fisico. Il motivo? Essere una firma di TerlizziViva, giornale che ha raccontato un episodio di cronaca avvenuto in città. Una notizia, tra l'altro, battuta anche da altri giornali, divenuta di dominio pubblico per la sua singolarità oltre che gravità. E poco è importato, a chi si è reso protagonista dell'increscioso episodio, se il destinatario delle sue angherie fosse o meno l'estensore "giusto" dell'articolo, quasi che essere firma del nostro giornale meritasse una punizione.
A chiunque creda che le minacce e la violenza possano metterci a tacere vogliamo dire con somma franchezza di demordere e cambiare pensiero. Non ci faremo intimidire. Sappiamo di poter contare sulla vicinanza delle forze dell'ordine, a cui va il nostro più sincero ringraziamento, e della stragrande maggioranza dei cittadini che rappresentano la parte sana della comunità, pronti a schierarsi con noi a difesa del diritto all'informazione, al nostro diritto di lavorare con serenità e ad offrire un servizio per la crescita collettiva.
Siamo però stanchi. Stanchi di sperare che ad ogni nostro articolo non segua una reazione incivile. Siamo stanchi di subire pressioni, tentativi di delegittimazione e spesso insulti. Siamo stanchi di essere destinatari di minacce, di lettere di avvocati che, sotto le sembianze di azioni "a tutela dei propri assistiti", tentano di ostacolare il nostro lavoro di informazione.
Abbiamo il diritto di lavorare serenamente, di svolgere il nostro mestiere con tranquillità, così come qualunque onesto lavoratore. E a poco servono le attestazioni di solidarietà, di vicinanza, gli inviti a non mollare se non si traducono nel rispetto quotidiano del nostro lavoro, nella rinuncia ad assecondare chi vuole metterci a tacere. E non ci si meravigli se l'Italia è tra i fanalini di coda nella classifica della libertà di stampa, classifica stilata - è bene ricordarlo - tenendo conto dei tanti episodi di violenza nei confronti dei giornalisti.
Al nostro collaboratore ed innanzitutto amico va la nostra più grande attestazione di solidarietà, così come a tutti i colleghi vittime di intimidazioni, con l'augurio che possa presto lasciarsi alle spalle questo spiacevole episodio e tornare a raccontare la vita cittadina con l'entusiasmo e la gioia che lo caratterizzano.
A noi, operatori dell'informazione, l'augurio di poter esercitare con serenità la nostra professione: quella professione che permette al cittadino di far giungere la sua voce lì dove avrebbe difficoltà ad arrivare, di essere megafono di chi fa fatica a farsi ascoltare, di essere stimolo continuo e disinteressato al miglioramento collettivo.
Purtroppo è accaduto e non possiamo tacerlo. Nella giornata di ieri un nostro collaboratore ha subito una grave aggressione verbale sfociata in pesanti minacce che preferiamo non riferire e nel contatto fisico. Il motivo? Essere una firma di TerlizziViva, giornale che ha raccontato un episodio di cronaca avvenuto in città. Una notizia, tra l'altro, battuta anche da altri giornali, divenuta di dominio pubblico per la sua singolarità oltre che gravità. E poco è importato, a chi si è reso protagonista dell'increscioso episodio, se il destinatario delle sue angherie fosse o meno l'estensore "giusto" dell'articolo, quasi che essere firma del nostro giornale meritasse una punizione.
A chiunque creda che le minacce e la violenza possano metterci a tacere vogliamo dire con somma franchezza di demordere e cambiare pensiero. Non ci faremo intimidire. Sappiamo di poter contare sulla vicinanza delle forze dell'ordine, a cui va il nostro più sincero ringraziamento, e della stragrande maggioranza dei cittadini che rappresentano la parte sana della comunità, pronti a schierarsi con noi a difesa del diritto all'informazione, al nostro diritto di lavorare con serenità e ad offrire un servizio per la crescita collettiva.
Siamo però stanchi. Stanchi di sperare che ad ogni nostro articolo non segua una reazione incivile. Siamo stanchi di subire pressioni, tentativi di delegittimazione e spesso insulti. Siamo stanchi di essere destinatari di minacce, di lettere di avvocati che, sotto le sembianze di azioni "a tutela dei propri assistiti", tentano di ostacolare il nostro lavoro di informazione.
Abbiamo il diritto di lavorare serenamente, di svolgere il nostro mestiere con tranquillità, così come qualunque onesto lavoratore. E a poco servono le attestazioni di solidarietà, di vicinanza, gli inviti a non mollare se non si traducono nel rispetto quotidiano del nostro lavoro, nella rinuncia ad assecondare chi vuole metterci a tacere. E non ci si meravigli se l'Italia è tra i fanalini di coda nella classifica della libertà di stampa, classifica stilata - è bene ricordarlo - tenendo conto dei tanti episodi di violenza nei confronti dei giornalisti.
Al nostro collaboratore ed innanzitutto amico va la nostra più grande attestazione di solidarietà, così come a tutti i colleghi vittime di intimidazioni, con l'augurio che possa presto lasciarsi alle spalle questo spiacevole episodio e tornare a raccontare la vita cittadina con l'entusiasmo e la gioia che lo caratterizzano.
A noi, operatori dell'informazione, l'augurio di poter esercitare con serenità la nostra professione: quella professione che permette al cittadino di far giungere la sua voce lì dove avrebbe difficoltà ad arrivare, di essere megafono di chi fa fatica a farsi ascoltare, di essere stimolo continuo e disinteressato al miglioramento collettivo.