«Lascio Amet in utile. Vessato da alcuni quadri aziendali»
Intervista a Ninni De Toma, ex presidente e amministratore delegato. «All'azienda serve un manager. Politica? Per me basta, sono stanco»
domenica 3 marzo 2013
13.10
«Lascio Amet con un utile importante. Quando mi sono autosospeso l'utile provvisorio oscillava tra i 100 e i 200mila euro. In un anno e mezzo di lavoro ho fatto risparmiare all'azienda qualcosa come 750mila euro. Come ho fatto? Semplice, applicando la legge sui contratti e appalti. Abbiamo acquistato gli stessi beni e servizi che prima venivano gestiti con trattative private. Questa cosa mi ha creato enormi problemi, ho trovato l'opposizione di alcuni quadri aziendali, evidentemente abituati a certi privilegi. E quando si vanno a toccare certi privilegi, ecco che nasce l'odio viscerale nei confronti di una persona che ha avuto il coraggio di tener fuori da Amet la politica». Ninni De Toma racconta al nostro portale la sua esperienza alla guida di Amet adesso che l'ultimo CdA è stato spazzato via, tra dimissioni e revoche.
«Credo di aver operato bene – dice De Toma – e i numeri mi confortano. Al mio insediamento ho trovato una situazione disastrosa. L'Amet era in default. Adesso ha una prospettiva anche se le ultime norme hanno tarpato le ali di sviluppo di queste società. Non è stato facile gestire l'emergenza iniziale. Ho dovuto assumermi la responsabilità di revocare tutta una serie di provvedimenti che stavano compromettendo la vita dell'azienda».
Il cruccio più grande di De Toma è stato quello di non essere riuscito a riorganizzare l'azienda come avrebbe voluto. «I sindacati non mi hanno fatto sconti ma non mi sono dato per vinto. Ci sono ancora molte cose che non vanno, vanno rivisti i premi di produttività e urge una riorganizzazione dell'ufficio tecnico. La cosa più importante è però quella di aver ristabilito un principio di legalità del quale beneficerà anche il mio successore». Per De Toma «all'Amet serve una guida manageriale». «Fino a quando la politica farà capolino nelle stanze di piazza Plebiscito non si andrà da nessuna parte. Io ho chiuso le porte in faccia alla politica ed alle clientele politiche. Il mio successore dovrà fare lo stesso e dovrà guardarsi le spalle da quei quadri aziendali che faranno di tutto per riacquisire posizioni e privilegi che io ho soffocato. Per quanto mi riguarda torno al mio lavoro. La politica? La mia esperienza è finita, sono stanco».
«Credo di aver operato bene – dice De Toma – e i numeri mi confortano. Al mio insediamento ho trovato una situazione disastrosa. L'Amet era in default. Adesso ha una prospettiva anche se le ultime norme hanno tarpato le ali di sviluppo di queste società. Non è stato facile gestire l'emergenza iniziale. Ho dovuto assumermi la responsabilità di revocare tutta una serie di provvedimenti che stavano compromettendo la vita dell'azienda».
Il cruccio più grande di De Toma è stato quello di non essere riuscito a riorganizzare l'azienda come avrebbe voluto. «I sindacati non mi hanno fatto sconti ma non mi sono dato per vinto. Ci sono ancora molte cose che non vanno, vanno rivisti i premi di produttività e urge una riorganizzazione dell'ufficio tecnico. La cosa più importante è però quella di aver ristabilito un principio di legalità del quale beneficerà anche il mio successore». Per De Toma «all'Amet serve una guida manageriale». «Fino a quando la politica farà capolino nelle stanze di piazza Plebiscito non si andrà da nessuna parte. Io ho chiuso le porte in faccia alla politica ed alle clientele politiche. Il mio successore dovrà fare lo stesso e dovrà guardarsi le spalle da quei quadri aziendali che faranno di tutto per riacquisire posizioni e privilegi che io ho soffocato. Per quanto mi riguarda torno al mio lavoro. La politica? La mia esperienza è finita, sono stanco».