Lavoratori ex Franzoni esodati, Camero è tiepido
«Percorso ancora irto di ostacoli, la questione va trattata con maggiore prudenza». Per l'assessore provinciale il quadro occupazionale non è ancora delineato
mercoledì 30 gennaio 2013
11.35
«Pur condividendo la soddisfazione di Luigi Mesaroli, responsabile provinciale della Uilta Uil, per i 21 lavoratori ex dipendenti della Franzoni Filati di Trani assunti a tempo determinato dalla società Esi Puglia di Corato, ritengo che il tema in questione vada trattato con maggiore prudenza in quanto il percorso occupazionale prefigurato è ancora irto di ostacoli, sia per il programma di costituzione della cooperativa sociale per il deassemblaggio di elettrodomestici usati che tarda a decollare, sia per la necessità di intercettare comunque altre opportunità lavorative legate al varo di progetti di valorizzazione del territorio». E' questo il pensiero di Pompeo Camero, assessore provinciale alle politiche del lavoro.
Camero riconosce alla Esi Puglia il grande merito di essersi distinta per intraprendenza evidenziata in un momento difficile come quello attuale e per aver fornito ai primi 21 esodati un'altra opportunità, invano attesa per anni dall'azienda madre Franzoni Filati che, invece, preferì, come noto, delocalizzare opifici e produzioni all'estero, abbandonando maestranze ed operai al proprio destino: «L'iniziativa della Esi Puglia – dice Camero - controbilancia l'amarezza provata a suo tempo, quando Loredana Capone, vicepresidente ed assessore allo sviluppo economico della Regione Puglia, chiese che la vertenza Adelchi (azienda dello stesso settore della Franzoni) divenisse un caso nazionale, con tanto di richiesta di convocazione di un tavolo interministeriale, attraverso la task force regionale per l'occupazione, ignorando che nelle stesse condizioni, già da molto tempo prima, erano i nostri lavoratori tranesi. Come pure, ci sarebbe da polemizzare sull'accordo di programma siglato dalla Regione Puglia col Ministero per lo sviluppo economico, che nell'aprile 2008 rese possibile alla Filanto la revoca delle procedure di mobilità e la proroga della cassa integrazione in deroga (seppure subordinata all'impegno a reindustrializzare il territorio), per favorire la rioccupazione di quei lavoratori, in quanto lo stesso espediente venne inspiegabilmente negato agli ex lavoratori Franzoni».
Una disparità di trattamento «inammissibile» per Camero «se si pensa – aggiunge l'assessore - che nel 2008, quando Filanto ed il proprio cluster fruivano delle misure di salvaguardia attraverso il Pit 9 per 40 milioni di euro, l'azienda leccese registrava un esubero di appena 340 unità lavorative mentre, in quegli anni nello stesso comparto, nelle città della sesta Provincia, entravano in crisi aziende del tac nelle quali si perdevano circa 2.000 posti di lavoro».
Camero riconosce alla Esi Puglia il grande merito di essersi distinta per intraprendenza evidenziata in un momento difficile come quello attuale e per aver fornito ai primi 21 esodati un'altra opportunità, invano attesa per anni dall'azienda madre Franzoni Filati che, invece, preferì, come noto, delocalizzare opifici e produzioni all'estero, abbandonando maestranze ed operai al proprio destino: «L'iniziativa della Esi Puglia – dice Camero - controbilancia l'amarezza provata a suo tempo, quando Loredana Capone, vicepresidente ed assessore allo sviluppo economico della Regione Puglia, chiese che la vertenza Adelchi (azienda dello stesso settore della Franzoni) divenisse un caso nazionale, con tanto di richiesta di convocazione di un tavolo interministeriale, attraverso la task force regionale per l'occupazione, ignorando che nelle stesse condizioni, già da molto tempo prima, erano i nostri lavoratori tranesi. Come pure, ci sarebbe da polemizzare sull'accordo di programma siglato dalla Regione Puglia col Ministero per lo sviluppo economico, che nell'aprile 2008 rese possibile alla Filanto la revoca delle procedure di mobilità e la proroga della cassa integrazione in deroga (seppure subordinata all'impegno a reindustrializzare il territorio), per favorire la rioccupazione di quei lavoratori, in quanto lo stesso espediente venne inspiegabilmente negato agli ex lavoratori Franzoni».
Una disparità di trattamento «inammissibile» per Camero «se si pensa – aggiunge l'assessore - che nel 2008, quando Filanto ed il proprio cluster fruivano delle misure di salvaguardia attraverso il Pit 9 per 40 milioni di euro, l'azienda leccese registrava un esubero di appena 340 unità lavorative mentre, in quegli anni nello stesso comparto, nelle città della sesta Provincia, entravano in crisi aziende del tac nelle quali si perdevano circa 2.000 posti di lavoro».