Le forme del sogno: tu chiamale, se vuoi, emozioni

Consuntivo della mostra al Monastero di Colonna

domenica 22 agosto 2010
Si chiama Le forme del sogno ed è una mostra che ha affascinato i tanti visitatori che sono accorsi al Monastero di Colonna per apprezzare la qualità delle esposizioni.

Il progetto presentato a Trani proponeva di sviluppare un itinerario espressivo che avesse come tematica comune le forme del sogno. Itinerario perché si estrinsecava e si dipanava attraverso tre diversi linguaggi artistici: le opere coroplastiche di Mariangela Ruccia, le suggestioni cromatiche dei quadri di Maria Giulia Tannoja e il linguaggio poetico di Elvira Manco che tesseva il filo conduttore fra espressioni creative apparentemente diverse ma profondamente simili, poiché il sogno, la ricerca interiore, il bisogno di dare voce e corpo alla propria identità che non sia solo quella socialmente riconosciuta, accomuna i diversi percorsi delle tre artiste.

L'intento non era certo quello di una semplice mescolanza di generi per rendere più vario e appetibile l'evento, piuttosto, era quello di creare suggestioni a più livelli sensoriali per indurre nello spettatore quel trasalimento dell'anima, quella sosta della mente, quell'attimo di riflessione o di semplice accoglimento che potesse avvicinare il visitatore al cuore dell'artista.

Sogno, visione, desiderio, aspirazione, tumulto e pacificazione (impeti interiori che urgono e chiedono spazio) si mescolano agli elementi primordiali: terra, fuoco, aria, acqua e trovano corpo nelle ceramiche arcaiche e fiabesche di Mariangela Ruccia, nelle esplosioni cromatiche di Maria Giulia Tannoja, nella cura della parola che indaga il mondo sotterraneo delle emozioni di Elvira Manco.

Le ceramiche di Mariangela Ruccia attingono a una realtà più vasta e più profonda di quella logica ed esteriore, il cromatismo vivo e lucente, la fabulazione visiva, il piano contiguo tra esperienza sensoria e linguaggio della psiche, spalancano le porte della percezione di chi guarda le opere, e le riconosce, e le fa proprie, quasi familiari.

In Maria Giulia Tannoja la trascrizione delle sensazioni oniriche avviene con un automatismo spontaneo, fisico ed istintuale. Quel che ne nasce è un labirinto di sogni e colore all'interno del quale è lecito che ciascuno immagini ciò che più desidera o, al contrario, che più teme.

Per Elvira Manco la poesia, gravida di verità analogiche, fluttuanti fra realtà oniriche e sogni concreti, apre un portale su dimensioni altre, dove il passato e il presente si fanno storia e l'uomo non è altro che emozioni.