Mario Schiralli, attacco al Pd: «Colpa loro»

Post voto, scrive il presidente della Federazione della Sinistra. «Ora consiglierei a Ferrante di svoltare da altra parte»

giovedì 10 maggio 2012 10.33
«Che succederà ora nel gioco delle possibili future alleanze? Difficile prevederlo. Se non fosse per la sigla che mi contraddistingue consiglierei a Ferrante di svoltare da una certa parte per sottoporre al giogo i suoi detrattori». Mario Schiralli, presidente della Federazione della Sinistra rompe il silenzio post voto e punta l'indice sul Partito Democratico, ritenuto responsabile del risultato determinato dalle urne.

«Chi è causa del suo mal – scrive Schiralli - pianga se stesso. L'antico adagio calza a pennello. Tutto ciò che è successo a Trani, prima, durante e dopo le ultime operazioni di voto, non solo secondo l'opinione di chi scrive, che le vicende le ha vissute in prima persona, già prima che iniziassero, ma di tantissima gente merita un colpevole. E non ho remore a indicarlo. Soprattutto perché le notizie mi sono sempre arrivate di prima mano. Da quelle stanze non tanto segrete nelle quali ho avuto libero accesso. E da quelle persone che usano confidarsi con i giornalisti, quasi fossero dei confessori. Chi è stato dunque causa del male? Certamente il Pd con quella assurda presa di posizione nei confronti dell'originario candidato Pd a sindaco di Trani, al secolo Fabrizio Ferrante».

Schiralli contesta la decisione del Partito Democratico di scaricare troppo a cuor leggero Ferrante per rifugiarsi sotto il vessillo di Operamolla: «Lo Stato, nei concorsi, a parità di punteggio, preferisce il candidato più giovane. Lo stesso nel lavoro privato. Il giovane, a parità di punteggio, cede il passo solo al concorrente di sesso femminile.In politica questo non avviene. Si preferisce l'anziano. E a Trani (con tutto il deferente rispetto per l'uomo, il professionista, il padre di famiglia che ho l'onore di conoscere da quasi mezzo secolo) che non è rappresentante di nessun partito, si è materializzata l'antipolitica. A danno di un giovane rampante di partito che miete consensi a destra (soprattutto) e a manca. I vertici regionali e provinciali non hanno tenuto conto della base, ma si sono inchinati al cospetto di un paio di fuoriusciti o di recente assunzione, che allettati da chissà quale miraggio, hanno sostenuto di essere non solo l'anima cittadina del partito, ma di avere dalla loro parte quasi tutti gli iscritti. E la genuflessione si è materializzata del tutto quando è arrivato il diktat dall'alto. Non importa se non ha tenuto conto della realtà locale. Ma, come sembra, sarebbe stato il leader massimo a imporlo. Uno che, al pari di altri esponenti di vecchio stampo dei partiti, si starebbe sottoponendo a operazione di imenoplastica per rifarsi quella verginità (politica) ormai perduta. Il giovin signore, forte di 2.400 consensi iniziali, non piegandosi supinamente nemmeno dinanzi alle profferte di facili poltrone, è stato allora sottoposto alla pubblica degradazione delle insegna del partito».

Schiralli chiude il suo intervento con una citazione latina: Stultum est dicere putabam. «Le urne – scrive - hanno confermato l'antica locuzione: gli stolti sono stati proprio quelli del Pd, partito finito per le terre, surclassato dalla lista civica del giovinetto, finanche confortato nel suo iter dal rottamatore Renzi».