Omicidio del 28enne Di Vito: Troia racconta di non averlo colpito, tuttavia resta in carcere
In queste ore la polizia sta cercando di recuperare l'arma: un cavatappi a spirale
domenica 15 settembre 2019
18.51
Sarebbe stato ucciso da un cavatappi a spirale e relativa lama il 28enne di origini tranesi Di Vito Giovanni, deceduto ad Andria giovedì sera al culmine di un violento litigio per una precedenza stradale con il 50enne andriese Celestino Troia. In queste ore la polizia sta cercando di recuperare la cosiddetta arma bianca nei terreni adiacenti un ristorante dove Troia ha dichiarato di averlo buttato dopo aver appreso la notizia della morte di Di Vito.
Troia resta in carcere per effetto della convalida del suo fermo e della contestuale emissione dell'ordinanza di custodia cautelare. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia reso dinnanzi al gip del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante, il 50enne falegname andriese, assistito dall'avvocato Vincenzo Scianandrone, ha raccontato la sua versione dei fatti, escludendo di aver inferto il fendente mortale al 28enne tranese. Ha infatti raccontato che mentre era in macchina è stato ripetutamente inseguito a piedi da Di Vito che lo avrebbe più volte raggiunto scalciando la sua Mercedes e battendo i pugni contro la carrozzeria.
Impaurito dell'aggressione, Troia prese dalla sua auto il cavatappi affilato temendo di essere colpito fisicamente. Cosa che, sempre secondo il suo racconto, avvenne non appena scese dall'auto a seguito delle ennesime invettive di Di Vito. Questi lo avrebbe picchiato ed avventandosi contro di lui si sarebbe ferito con l'apribottiglie che il 50enne aveva tra le mani. Per tanto, dal suo interrogatorio emergono una serie di elementi da riscontrare; tra questi sarà importante attendere l'esito dell'esame autoptico che sarà eseguito la prossima settimana dall'Istituto di medicina legale di Bari.
Troia resta in carcere per effetto della convalida del suo fermo e della contestuale emissione dell'ordinanza di custodia cautelare. Nel corso dell'interrogatorio di garanzia reso dinnanzi al gip del Tribunale di Trani, Ivan Barlafante, il 50enne falegname andriese, assistito dall'avvocato Vincenzo Scianandrone, ha raccontato la sua versione dei fatti, escludendo di aver inferto il fendente mortale al 28enne tranese. Ha infatti raccontato che mentre era in macchina è stato ripetutamente inseguito a piedi da Di Vito che lo avrebbe più volte raggiunto scalciando la sua Mercedes e battendo i pugni contro la carrozzeria.
Impaurito dell'aggressione, Troia prese dalla sua auto il cavatappi affilato temendo di essere colpito fisicamente. Cosa che, sempre secondo il suo racconto, avvenne non appena scese dall'auto a seguito delle ennesime invettive di Di Vito. Questi lo avrebbe picchiato ed avventandosi contro di lui si sarebbe ferito con l'apribottiglie che il 50enne aveva tra le mani. Per tanto, dal suo interrogatorio emergono una serie di elementi da riscontrare; tra questi sarà importante attendere l'esito dell'esame autoptico che sarà eseguito la prossima settimana dall'Istituto di medicina legale di Bari.