Palazzo Beltrani si prepara ad ospitare la mostra di Dario Agrimi, Scatola Nera
L'esposizione raccoglie i lavori dell'artista realizzati tra il 2008 e il 2018
martedì 3 luglio 2018
Sabato 7 luglio 2018 alle 19.00 il Palazzo Beltrani ospita la mostra personale di Dario Agrimi (Atri, 1980) dal titolo Scatola nera. L'esposizione, la prima antologica dedicata all'artista che vive ed opera a Trani, raccoglie una ampia selezione dei lavori realizzati tra il 2008 e il 2018. Installazioni ambientali, dipinti, sculture, video e fotografie raccontano la ricerca polimorfica di Agrimi, caratterizzata dal ricorso a un linguaggio irriverente, iconoclasta, cinico e grottesco, specie nell'indagine sul ruolo e sulla funzione dell'artista nel più ampio sistema dell'arte, della cultura e della società.
La mostra occupa interamente il piano nobile di Palazzo Beltrani (oltre agli ambienti esterni) e si articola attraverso le varie stanze, compresi i servizi, in un percorso che documenta un'evoluzione non solo biografica ma soprattutto stilistica, dove i temi dell'identità, della memoria e dell'ipertrofia individuale propria dell'artista contemporaneo, si intersecano con le costrizioni morali, le riflessioni etiche e la speculazione filosofico-religiosa. Ne risulta un programma espositivo complesso che continuamente rilancia l'attenzione, la curiosità e la reazione dei visitatori, chiamati a mettere in questione le proprie indiscusse certezze.
Pensata come un inquietante dispositivo memoriale, Scatola nera è l'archivio della produzione artistica di un decennio, quasi il tentativo di facilitare l'indagine critica dopo un grave incidente (uno scontro con l'arte stessa). Molti tuttavia sono i lavori inediti, quasi desecretati per l'occasione, opere con cui Agrimi riflette sulla relazione tra sacralità religiosa e laica, specie attraverso interventi che indugiano su un ironico culto della personalità, a partire dall'immagine stessa della mostra – esplicito omaggio a Gino De Dominicis – con cui l'artista annuncia la propria mostra attraverso il proprio manifesto funebre: relazione incestuosa tra arte e vita che sembra produrre ad un tempo feticismi e necrofile.