Paura di crescere e incapacità di amare: la sindrome di Peter Pan
Un nuovo appuntamento della rubrica Cinema e Scienza
lunedì 8 giugno 2020
6.38
Oggi parleremo della Sindrome di Peter Pan, una sindrome che descrive l'atteggiamento di un adulto che vive un'eterna fanciullezza. Il nome deriva proprio dal cartone animato "Peter Pan", come ben ricorderete infatti, Peter Pan era un bambino che non voleva crescere, viveva nell'isola che non c'è, ovvero un luogo senza spazio né tempo. I soggetti affetti da questa sindrome si rifiutano di crescere, di assumersi responsabilità, di fare delle scelte: spesso quando colpisce gli uomini si parla di uomini bambini che hanno paura di crescere e spesso caratterizzati dall'incapacità di amare. Una persona immatura in fuga dalla realtà o da se stesso che mantiene anche in età adulta tratti infantili.
L'eterno Peter Pan è un adulto che si comporta come un bambino, che vive in un eterno presente, senza regole, quasi sempre perché le regole non gli sono mai state imposte o insegnate. Un po' a causa della famiglia, un po' a causa della società che ha spalancato i confini delle scelte di tutti noi, senza darci una bussola per orientarci né la possibilità effettiva di compiere quelle scelte. Questa paura di crescere si spiega con l'affievolirsi della funzione normativa esercitata dai genitori, che ha a che fare con molti fattori, non ultimo, il cambio dei ruoli tra madre e padre. Ricordiamoci che è l'incontro con le regole che ci fa crescere, ci fa maturare. Certo, non è piacevole, ci fa sentire il peso dei nostri limiti, ma non può essere altrimenti.
Se non abbiamo limiti come possiamo pensare di superare i nostri limiti? Quello che viene definito complesso di Peter Pan è proprio la difficoltà di alcuni individui, cresciuti sotto una campana di vetro, mai messi di fronte ai problemi, al dolore, di assumersi responsabilità, di rischiare, di programmare o anche di fare delle scelte, perché ciascuna scelta implica una rinuncia e loro non ne sarebbero capaci. Solo chi impara ad accettare il dolore e le difficoltà come parte necessaria del proprio percorso di crescita individuale progressivamente perde i tratti infantili. Svicolare da questo percorso non è possibile: dobbiamo ascoltare le nostre emozioni, saperle gestire, saper rimanere con esse.
Se le sopprimiamo, le emozioni trovano altri canali per esprimersi, ed ecco che possono comparire ansia e depressione, frequenti nelle persone che sfuggono a se stesse. Ricordate la fine della storia di Peter Pan? Wendy e i fratellini tornano a casa perché sentono la mancanza dei genitori, ovvero perché vogliono crescere, invece Peter Pan rimane sull'isola che non c'è, un luogo che non esiste, perché non è possibile sfuggire a se stessi.
A cura di Teresa Moccia
L'eterno Peter Pan è un adulto che si comporta come un bambino, che vive in un eterno presente, senza regole, quasi sempre perché le regole non gli sono mai state imposte o insegnate. Un po' a causa della famiglia, un po' a causa della società che ha spalancato i confini delle scelte di tutti noi, senza darci una bussola per orientarci né la possibilità effettiva di compiere quelle scelte. Questa paura di crescere si spiega con l'affievolirsi della funzione normativa esercitata dai genitori, che ha a che fare con molti fattori, non ultimo, il cambio dei ruoli tra madre e padre. Ricordiamoci che è l'incontro con le regole che ci fa crescere, ci fa maturare. Certo, non è piacevole, ci fa sentire il peso dei nostri limiti, ma non può essere altrimenti.
Se non abbiamo limiti come possiamo pensare di superare i nostri limiti? Quello che viene definito complesso di Peter Pan è proprio la difficoltà di alcuni individui, cresciuti sotto una campana di vetro, mai messi di fronte ai problemi, al dolore, di assumersi responsabilità, di rischiare, di programmare o anche di fare delle scelte, perché ciascuna scelta implica una rinuncia e loro non ne sarebbero capaci. Solo chi impara ad accettare il dolore e le difficoltà come parte necessaria del proprio percorso di crescita individuale progressivamente perde i tratti infantili. Svicolare da questo percorso non è possibile: dobbiamo ascoltare le nostre emozioni, saperle gestire, saper rimanere con esse.
Se le sopprimiamo, le emozioni trovano altri canali per esprimersi, ed ecco che possono comparire ansia e depressione, frequenti nelle persone che sfuggono a se stesse. Ricordate la fine della storia di Peter Pan? Wendy e i fratellini tornano a casa perché sentono la mancanza dei genitori, ovvero perché vogliono crescere, invece Peter Pan rimane sull'isola che non c'è, un luogo che non esiste, perché non è possibile sfuggire a se stessi.
A cura di Teresa Moccia