Pesach dell'anno ebraico 5765.
Preparativi per la celebrazione della Pasqua ebraica
domenica 3 aprile 2005
Gli Ebrei di Trani si preparano a celebrare la Pesach dell'anno ebraico 5765, la Pasqua ebraica.
Il calendario di Pesach è il seguente:
21 aprile (12 Nissan): digiuno dei Primogeniti. Bedikath Chametz a sera.
22 aprile (13 Nissan): 11,40 bruciatura del Chametz. Neadliakh alle 19,20.
23 aprile (14 Nissan): vigilia di Pesach (motzae Shabbat alle 20,24 e Seder lePesach)
24 e 25 aprile (15-16 Nissan): Pesach (moed)
30 aprile 1 maggio (21-22 Nissan) ultimi due giorni di Pesach (moed). PESACH, QUANDO LA SUPERBIA DEL FARAONE E IL PANE DEGLI EBREI NON LIEVITARONO PIU'.
3000 anni fa l'Egitto di Faraone ebbe come vicerè nientemeno che l'ebreo Giuseppe figlio di Giacobbe. Allorchè una terribile carestia si abbattè sulla terra di Canaan, Giuseppe chiamò in Egitto suo padre e i suoi fratelli. Un giorno salì al trono un Faraone che non aveva conosciuto Giuseppe e che, temendo il numerosissimo popolo israelita come una minaccia nel proprio Paese, li ridusse in schiavitù. Gli Ebrei furono costretti a impastare e cuocere mattoni per costruire superbi obelischi e palazzi. Venne un uomo giusto, educato presso la casa reale chiamato Mosè, il quale scoprì di essere Ebreo e fu scelto per liberare il suo popolo. Mosè era un uomo restio alla sua missione, per di più era balbuziente; ma accettò il suo destino ed ebbe il coraggio di sfidare il potere di Faraone. Numerose sciagure si abbatterono sul popolo egiziano perché Faraone si convincesse a liberare dalla schiavitù gli Israeliti; ma Faraone, arrogante e duro di cuore, resisteva. Finchè la sera di luna piena del primo plenilunio di primavera accadde qualcosa di sconvolgente. L'angelo della morte attraversò l'Egitto e uccise tutti i primogeniti egiziani. L'angelo risparmiò i primogeniti degli Ebrei poiché Mosè diede loro ordine di intingere gli stipiti delle loro case con sangue di agnello; alla vista di ciò, l'angelo sarebbe andato oltre, in ebraico pésach (da cui Pasqua). Faraone capitolò; Mosè e il suo popolo poterono tornare nella Terra Promessa, la terra d'Israele. Quella notte era diversa da tutte le altre, tanto diversa che il pane dovette essere fatto in fretta da non aver il tempo che lievitasse. La libertà non poteva aspettare. L'uccisione dei primogeniti egiziani fu il segnale della svolta epocale del popolo ebraico, del loro riscatto. Quella sera Israele insegnò al mondo cosa significhi essere un popolo libero, aver diritto alla propria terra e riconoscere unicamente la Torah, la Legge e l'insegnamento dell'unico Dio. Tuttavia l'uccisione di uomini e fanciulli egiziani colpevoli soltanto di essere primogeniti non fu qualcosa di cui poter andar fieri; ecco perchè ancora oggi, alla vigilia di Pèsach (la Pasqua ebraica), i primogeniti ebrei digiunano perchè ricordino che uomini innocenti morirono per la loro salvezza, che il Dio d'Israele fece una dolorosa scelta e che la morte è un fatto tragico per l'uomo, chiunque esso sia. Un gesto di umiltà dunque, che contraddistingue gli 8 giorni della festa di Pèsach. A cominciare dalla matzàh, il pane non lievitato di cui gli Ebrei debbono cibarsi per tutti i giorni di Pèsach. Pane senza chamètz ovvero cotto senza che faccia in tempo a fermentare. Senza chamètz deve essere tutta l'alimentazione ebraica durante Pèsach; perciò al bando grano, orzo, farro, avena, segale e loro derivati, se non sono stati cotti sotto stretta sorveglianza rabbinica. L'ordine è tassativo: "chiunque mangerà del chamètz sarà escluso dalla comunità di Israele" (Es. 12,15). Il chamètz va cercato, trovato e bruciato. I cibi contenenti chamètz possono essere distrutti o venduti. Privarsi del chamètz significa anche purificarsi di tutto quanto possa lievitare nell'uomo; orgoglio, egoismo, sentimenti che tendono inevitabilmente a far gonfiare l'uomo, che deve estirpare dal suo animo e dalla sua vita materiale il chamètz, inteso simbolicamente come fermento del male. Quest'anno Pèsach cade la sera del 23 aprile in quanto l'anno ebraico in corso, il 5765, è un anno embolismico ossia ha un mese in più, necessario a sincronizzare l'anno lunare di 354 giorni con le stagioni dell'anno solare di 365. Pertanto ogni due-tre anni viene aggiunto un tredicesimo mese che precede il mese di Nisan in cui cade Pèsach. Il Sèder (lett. ordine) di Pèsach, la cena delle prime due sere di Pasqua, è costellata da cibi e atti simbolici che scorrono sulla tavola imbandita delle case ebraiche. Ci sono 3 matzòth (una delle quali, chiamata afikòmen, è oggetto di un sapiente gioco tra il capotavola e i bambini seduti a tavola), il maròr (le erbe amare, ricordo della schiavitù egiziana), il charòset (impasto di frutti, mandorle e vino rosso che ricorda la malta dei mattoni con i quali gli Ebrei costruivano piramidi e statue in Egitto), il carpàs (una foglia di lattuga con accanto una ciotola di acqua salata o aceto), il vino da consumarsi in abbondanza (sino a 4 calici ripieni per ognuno dei commensali), l'uovo sodo (simbolo di lutto per la distruzione del Tempio di Gerusalemme), il tutto scandito dalla lettura della Aggadàh (il racconto della Pasqua, ricco di citazioni bibliche e della tradizione rabbinica). Infine, il zerò'a, una zampa arrostita di agnello, il simbolo più triste. Perché l'ebreo non consuma più l'agnello pasquale dal giorno in cui il Santuario di Gerusalemme fu distrutto dai Romani nell'anno 70 dell'era volgare, distruzione che diede termine al corbàn (il sacrificio quotidiano che si consumava nel Santuario). Unica eccezione, Roma; lì l'agnello viene tuttora mangiato a Pèsach in seguito a una eccezionale deroga che sin dai tempi più antichi fu concessa alla più importante comunità ebraica dell'Impero romano. Il Sèder di Pesach ha qualcosa di magico; è una festa ebraica ma è rivolta anche ai non ebrei, perché possano comtemplare il miracolo della libertà riservato al popolo di Israele. Perciò le porte di casa degli Ebrei rimangono aperte alla sera di Pèsach. Eppure a tavola c'è un posto imbandito al quale non siede nessuno; quella sedia è per Elia, il profeta che secondo il racconto biblico fu rapito da un carro celeste e che la sera di Pèsach, all'insaputa dei padroni di casa, potrebbe entrare nella casa di ogni Ebreo, magari sotto le spoglie di un povero passante. Sarebbe un segno atteso della venuta del Messia. Quest'anno il Pèsach degli Ebrei di Trani sarà invece offuscato da un velo di tristezza. Nonostante le buone intenzioni e le numerose promesse, la Sinagoga Scolanova non è ancora riaperta al culto. Qualcosa si sta muovendo in questi giorni a livello istituzionale, l'Assemblea Rabbinica Italiana sta seguendo da vicino i lavori di Trani; speriamo che possa realizzarsi il diritto degli Ebrei di Trani di tornare a riunirsi e a pregare nella Sinagoga dalla quale furono cacciati nel 1541. In questo momento nel quale tanti Ebrei pugliesi hanno ritrovato l'entusiasmo della loro fede, è importante che essi possano tornare a pregare nella città del Mabit, il Maestro Mosè da Trani. A sancire questo momento particolare, il prossimo 6 aprile verrà a Trani il Rabbino Shalom Bahbout, primo fautore della rinascita dell'ebraismo tranese e membro della Consulta Rabbinica dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane. Terrà una lezione su Pèsach e le relative norme rituali presso la Sinagoga Scolanova alle ore 18,00. Tutti gli Ebrei di Puglia sono invitati; i non ebrei sono i benvenuti.
Francesco Lotoro
Pianista, portavoce della Comunità ebraica di Trani
Il calendario di Pesach è il seguente:
21 aprile (12 Nissan): digiuno dei Primogeniti. Bedikath Chametz a sera.
22 aprile (13 Nissan): 11,40 bruciatura del Chametz. Neadliakh alle 19,20.
23 aprile (14 Nissan): vigilia di Pesach (motzae Shabbat alle 20,24 e Seder lePesach)
24 e 25 aprile (15-16 Nissan): Pesach (moed)
30 aprile 1 maggio (21-22 Nissan) ultimi due giorni di Pesach (moed). PESACH, QUANDO LA SUPERBIA DEL FARAONE E IL PANE DEGLI EBREI NON LIEVITARONO PIU'.
3000 anni fa l'Egitto di Faraone ebbe come vicerè nientemeno che l'ebreo Giuseppe figlio di Giacobbe. Allorchè una terribile carestia si abbattè sulla terra di Canaan, Giuseppe chiamò in Egitto suo padre e i suoi fratelli. Un giorno salì al trono un Faraone che non aveva conosciuto Giuseppe e che, temendo il numerosissimo popolo israelita come una minaccia nel proprio Paese, li ridusse in schiavitù. Gli Ebrei furono costretti a impastare e cuocere mattoni per costruire superbi obelischi e palazzi. Venne un uomo giusto, educato presso la casa reale chiamato Mosè, il quale scoprì di essere Ebreo e fu scelto per liberare il suo popolo. Mosè era un uomo restio alla sua missione, per di più era balbuziente; ma accettò il suo destino ed ebbe il coraggio di sfidare il potere di Faraone. Numerose sciagure si abbatterono sul popolo egiziano perché Faraone si convincesse a liberare dalla schiavitù gli Israeliti; ma Faraone, arrogante e duro di cuore, resisteva. Finchè la sera di luna piena del primo plenilunio di primavera accadde qualcosa di sconvolgente. L'angelo della morte attraversò l'Egitto e uccise tutti i primogeniti egiziani. L'angelo risparmiò i primogeniti degli Ebrei poiché Mosè diede loro ordine di intingere gli stipiti delle loro case con sangue di agnello; alla vista di ciò, l'angelo sarebbe andato oltre, in ebraico pésach (da cui Pasqua). Faraone capitolò; Mosè e il suo popolo poterono tornare nella Terra Promessa, la terra d'Israele. Quella notte era diversa da tutte le altre, tanto diversa che il pane dovette essere fatto in fretta da non aver il tempo che lievitasse. La libertà non poteva aspettare. L'uccisione dei primogeniti egiziani fu il segnale della svolta epocale del popolo ebraico, del loro riscatto. Quella sera Israele insegnò al mondo cosa significhi essere un popolo libero, aver diritto alla propria terra e riconoscere unicamente la Torah, la Legge e l'insegnamento dell'unico Dio. Tuttavia l'uccisione di uomini e fanciulli egiziani colpevoli soltanto di essere primogeniti non fu qualcosa di cui poter andar fieri; ecco perchè ancora oggi, alla vigilia di Pèsach (la Pasqua ebraica), i primogeniti ebrei digiunano perchè ricordino che uomini innocenti morirono per la loro salvezza, che il Dio d'Israele fece una dolorosa scelta e che la morte è un fatto tragico per l'uomo, chiunque esso sia. Un gesto di umiltà dunque, che contraddistingue gli 8 giorni della festa di Pèsach. A cominciare dalla matzàh, il pane non lievitato di cui gli Ebrei debbono cibarsi per tutti i giorni di Pèsach. Pane senza chamètz ovvero cotto senza che faccia in tempo a fermentare. Senza chamètz deve essere tutta l'alimentazione ebraica durante Pèsach; perciò al bando grano, orzo, farro, avena, segale e loro derivati, se non sono stati cotti sotto stretta sorveglianza rabbinica. L'ordine è tassativo: "chiunque mangerà del chamètz sarà escluso dalla comunità di Israele" (Es. 12,15). Il chamètz va cercato, trovato e bruciato. I cibi contenenti chamètz possono essere distrutti o venduti. Privarsi del chamètz significa anche purificarsi di tutto quanto possa lievitare nell'uomo; orgoglio, egoismo, sentimenti che tendono inevitabilmente a far gonfiare l'uomo, che deve estirpare dal suo animo e dalla sua vita materiale il chamètz, inteso simbolicamente come fermento del male. Quest'anno Pèsach cade la sera del 23 aprile in quanto l'anno ebraico in corso, il 5765, è un anno embolismico ossia ha un mese in più, necessario a sincronizzare l'anno lunare di 354 giorni con le stagioni dell'anno solare di 365. Pertanto ogni due-tre anni viene aggiunto un tredicesimo mese che precede il mese di Nisan in cui cade Pèsach. Il Sèder (lett. ordine) di Pèsach, la cena delle prime due sere di Pasqua, è costellata da cibi e atti simbolici che scorrono sulla tavola imbandita delle case ebraiche. Ci sono 3 matzòth (una delle quali, chiamata afikòmen, è oggetto di un sapiente gioco tra il capotavola e i bambini seduti a tavola), il maròr (le erbe amare, ricordo della schiavitù egiziana), il charòset (impasto di frutti, mandorle e vino rosso che ricorda la malta dei mattoni con i quali gli Ebrei costruivano piramidi e statue in Egitto), il carpàs (una foglia di lattuga con accanto una ciotola di acqua salata o aceto), il vino da consumarsi in abbondanza (sino a 4 calici ripieni per ognuno dei commensali), l'uovo sodo (simbolo di lutto per la distruzione del Tempio di Gerusalemme), il tutto scandito dalla lettura della Aggadàh (il racconto della Pasqua, ricco di citazioni bibliche e della tradizione rabbinica). Infine, il zerò'a, una zampa arrostita di agnello, il simbolo più triste. Perché l'ebreo non consuma più l'agnello pasquale dal giorno in cui il Santuario di Gerusalemme fu distrutto dai Romani nell'anno 70 dell'era volgare, distruzione che diede termine al corbàn (il sacrificio quotidiano che si consumava nel Santuario). Unica eccezione, Roma; lì l'agnello viene tuttora mangiato a Pèsach in seguito a una eccezionale deroga che sin dai tempi più antichi fu concessa alla più importante comunità ebraica dell'Impero romano. Il Sèder di Pesach ha qualcosa di magico; è una festa ebraica ma è rivolta anche ai non ebrei, perché possano comtemplare il miracolo della libertà riservato al popolo di Israele. Perciò le porte di casa degli Ebrei rimangono aperte alla sera di Pèsach. Eppure a tavola c'è un posto imbandito al quale non siede nessuno; quella sedia è per Elia, il profeta che secondo il racconto biblico fu rapito da un carro celeste e che la sera di Pèsach, all'insaputa dei padroni di casa, potrebbe entrare nella casa di ogni Ebreo, magari sotto le spoglie di un povero passante. Sarebbe un segno atteso della venuta del Messia. Quest'anno il Pèsach degli Ebrei di Trani sarà invece offuscato da un velo di tristezza. Nonostante le buone intenzioni e le numerose promesse, la Sinagoga Scolanova non è ancora riaperta al culto. Qualcosa si sta muovendo in questi giorni a livello istituzionale, l'Assemblea Rabbinica Italiana sta seguendo da vicino i lavori di Trani; speriamo che possa realizzarsi il diritto degli Ebrei di Trani di tornare a riunirsi e a pregare nella Sinagoga dalla quale furono cacciati nel 1541. In questo momento nel quale tanti Ebrei pugliesi hanno ritrovato l'entusiasmo della loro fede, è importante che essi possano tornare a pregare nella città del Mabit, il Maestro Mosè da Trani. A sancire questo momento particolare, il prossimo 6 aprile verrà a Trani il Rabbino Shalom Bahbout, primo fautore della rinascita dell'ebraismo tranese e membro della Consulta Rabbinica dell'Unione delle Comunità ebraiche italiane. Terrà una lezione su Pèsach e le relative norme rituali presso la Sinagoga Scolanova alle ore 18,00. Tutti gli Ebrei di Puglia sono invitati; i non ebrei sono i benvenuti.
Francesco Lotoro
Pianista, portavoce della Comunità ebraica di Trani