Porto: fra sequestri, frustrazioni e proteste

L'associazione ART: «Ci sono figli e figliastri»

giovedì 18 giugno 2009
Doveva essere più corposa l'operazione di polizia giudiziaria compiuta questa mattina da Polizia municipale e Capitaneria di Porto. Erano almeno sette i locali finiti nel mirino degli agenti, per violazione del testo unico dei Beni culturali. Il problema? L'utilizzo all'esterno delle pedane, assolutamente vietate dalla Soprintendenza, come ribadito anche in una recente Conferenza di servizi nella quale si dette l'ok all'utilizzo solo di sedie, tavoli e ombrelloni.



Il sentore dei sequestri era forte, non a caso, notte tempo, alcuni locali avevano provveduto alla rimozione delle piattaforme di legno. «E adesso torneremo a servire cocktail e pietanze fra basole sconnesse e gradoni» sbottano alcuni ristoratori. Dura lex, sed lex, dicevano i latini. «Ma la legge deve anche essere uguale per tutti» sottolinea Dino Carbutti, presidente dell'associazione dei ristoratori tranesi (ART): «Non ce l'ho con i miei colleghi ma con un sistema tutto sballato all'origine. Ci sono locali ed esercizi commerciali, sul porto ed in città, a cui tutto è concesso. I locali di una certa fetta di porto, invece, sono sempre sotto la lente di ingrandimento. Non credo di esagerare nel dire che riscontriamo un certo accanimento nei nostri confronti».



Carbutti difende il lavoro della categoria («Siamo fra i pochi a sopravvivere in tempo di crisi»), sottolinea le frustrazioni di alcuni esercenti («Molti, esasperati, stanno pensando di aprire attività altrove») e ripete in maniera quasi ossessiva un concetto arcinoto anche i muri: «Se ci fosse un regolamento definitivo e condiviso da tutti, non si verificherebbero più situazioni di abusivisimo ed illegalità. Da anni ci dicono che il problema è in via di risoluzione ed invece, puntualmente, ci troviamo a dover commentare sempre le stesse situazioni. E' davvero una cosa desolante».