Processo Abbatangelo, assolti dal reato di omicidio colposo i due medici imputati
La donna di 41 anni morì in piena pandemia dopo essersi recato al Pronto Soccorso di Trani
mercoledì 1 maggio 2024
10.29
Assoluzione con formula dubitativa per non aver commesso il fatto in relazione al reato di omicidio colposo mentre per ciò che concerne il rifiuto di atti di ufficio condanna ad un anno di reclusione, al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili. Lo ha stabilito la Corte di Assise di Trani al termine dell'udienza svoltasi ieri al Tribunale di Trani nell'ambito del processo per la morte di Antonia Abbatangelo che vede indagati due medici: una dottoressa di 54 anni, di Castro (Lecce), in servizio all'epoca al pronto soccorso di Trani, e del collega 60enne, di Trani, guardia medica.
In piena pandemia Antonia Abbatangelo, 41 anni, mamma di un bimbo di appena un anno, si era presentata al pronto soccorso di Trani in gravi condizioni. Dopo un rimpallo tra pronto soccorso e guardia medica, i medici avrebbero sottovalutato le sue condizioni che la portarono alla morte. Così i due camici bianchi furono accusati, in concorso, di omicidio colposo.
I FATTI. Il 12 novembre 2020, in piena pandemia, quando Antonia Abbatangelo, 41enne, di Trani, viene accompagnata in pronto soccorso le ambulanze del 118, a causa dell'emergenza sanitaria, non sono disponibili. La dottoressa del pronto soccorso, di fronte alle condizioni della paziente, che si presenta con una carenza di ossigeno del sangue, sospetta un'infezione da Covid e manda la signora, senza visitarla, in guardia medica. Qui il medico di turno, imputato, dice ai familiari, direttamente al citofono, anche in questo caso saltando la visita, di andare al pronto soccorso. Abbatangelo torna a casa. Qualche giorno dopo, il 19 novembre, perde la vita all'ospedale Dimiccoli di Barletta per sindrome da "distress respiratorio acuto causata da Covid-19 su paziente con obesità di terzo grado con conseguente scompenso cardiaco irreversibile".
Secondo il pm Giovanni Lucio Vaira, i medici avrebbero rifiutato un atto del proprio ufficio che si legge nelle carte "per ragioni di igiene e sanità, doveva essere compiuto senza ritardo". Rifiutando secondo il pm "qualsiasi cura o diagnosi e quindi rallentando l'iter diagnostico-terapeutico della donna", i medici difesi dagli avvocati Giangualano e Ronchi avrebbero cagionato la morte della signora Abbatangelo. I cinque parenti della vittima, parti lese, sono assistiti dall'avvocata Giorgia Di Savino che, in precedenza, si era opposta alla richiesta di archiviazione formulata dalla procura, portando la gip di Trani, Marina Chiddo, a predisporre l'imputazione coatta. La Asl, dopo il decesso, aveva avviato indagini interne mentre l'iniziale fascicolo degli indagati comprendeva 18 sanitari. A processo, ora, solo i due medici.
In piena pandemia Antonia Abbatangelo, 41 anni, mamma di un bimbo di appena un anno, si era presentata al pronto soccorso di Trani in gravi condizioni. Dopo un rimpallo tra pronto soccorso e guardia medica, i medici avrebbero sottovalutato le sue condizioni che la portarono alla morte. Così i due camici bianchi furono accusati, in concorso, di omicidio colposo.
I FATTI. Il 12 novembre 2020, in piena pandemia, quando Antonia Abbatangelo, 41enne, di Trani, viene accompagnata in pronto soccorso le ambulanze del 118, a causa dell'emergenza sanitaria, non sono disponibili. La dottoressa del pronto soccorso, di fronte alle condizioni della paziente, che si presenta con una carenza di ossigeno del sangue, sospetta un'infezione da Covid e manda la signora, senza visitarla, in guardia medica. Qui il medico di turno, imputato, dice ai familiari, direttamente al citofono, anche in questo caso saltando la visita, di andare al pronto soccorso. Abbatangelo torna a casa. Qualche giorno dopo, il 19 novembre, perde la vita all'ospedale Dimiccoli di Barletta per sindrome da "distress respiratorio acuto causata da Covid-19 su paziente con obesità di terzo grado con conseguente scompenso cardiaco irreversibile".
Secondo il pm Giovanni Lucio Vaira, i medici avrebbero rifiutato un atto del proprio ufficio che si legge nelle carte "per ragioni di igiene e sanità, doveva essere compiuto senza ritardo". Rifiutando secondo il pm "qualsiasi cura o diagnosi e quindi rallentando l'iter diagnostico-terapeutico della donna", i medici difesi dagli avvocati Giangualano e Ronchi avrebbero cagionato la morte della signora Abbatangelo. I cinque parenti della vittima, parti lese, sono assistiti dall'avvocata Giorgia Di Savino che, in precedenza, si era opposta alla richiesta di archiviazione formulata dalla procura, portando la gip di Trani, Marina Chiddo, a predisporre l'imputazione coatta. La Asl, dopo il decesso, aveva avviato indagini interne mentre l'iniziale fascicolo degli indagati comprendeva 18 sanitari. A processo, ora, solo i due medici.