Pronto Soccorso affollato? Parte #AiutateciAcurarvi, la campagna di Opi Bat e NurseTimes sul corretto utilizzo del servizio
Papagni: "Gli accessi inappropriati hanno raggiunto dimensioni allarmanti"
venerdì 2 settembre 2022
13.33
Una delle problematiche "calde" che balza troppo spesso agli onori della cronaca e affligge le strutture di emergenza soprattutto in estate è il sovraffollamento in Pronto Soccorso.
Negli ultimi quarant'anni, infatti, la letteratura ha rilevato un progressivo aumento nell'utilizzo dei servizi sanitari d'emergenza come non mai dall'istituzione del Ssn.
Ancora oggi lo scopo e le funzioni del Pronto Soccorso non sono ben chiare alla popolazione; esso si può definire come una struttura ospedaliera che garantisce l'esecuzione dell'attività diagnostica e terapeutica ai pazienti che accedono in ospedale in situazione di emergenza o urgenza e che richiedono interventi immediati.
Questo concetto, però, sembra ancora poco noto, e la popolazione si rivolge ad esso in maniera costante determinando un vero e proprio sovraffollamento, sebbene ad oggi non esista una definizione univoca del termine; tuttavia, l'idea generale è quella di eccedenza della domanda di prestazioni richieste rispetto alle risorse disponibili.
Secondo il presidente dell' Ordine delle professioni infermieristiche Bat, dott. Giuseppe Papagni, "le cause del sovraffollamento sono molteplici, multifattoriali, estrinseche ed intrinseche all'organizzazione del sistema dell'emergenza, primi tra tutti l'impossibilità di ricovero di pazienti nelle Unità Operative per indisponibilità di posti letto dopo aver terminato la fase di cura nel Pronto Soccorso e gli accessi inappropriati".
In particolare, la letteratura si è focalizzata su quest'ultimo problema.
"Per 'non urgenze' – continua il Presidente Papagni – si intende una categoria di persone piuttosto eterogenea che si reca al Pronto Soccorso ma che sarebbe potenzialmente rinviabile al medico di base, dal momento che in sede di triage viene ad essa assegnata un codice di priorità basso (alfanumerico oppure codice-colore) e in cui sussiste un'assenza delle compromissioni delle funzioni vitali, del rischio evolutivo di compromissione e della sofferenza oggettiva psichica o fisica della persona o di un suo organo".
Gli accessi inappropriati al P.S. oggi hanno raggiunto, purtroppo, dimensioni allarmanti. Infatti, nonostante la variabilità del range a livello dei diversi Paesi europei e non, con sistemi sanitari ad accesso universale, si raggiungono punte massime del 54% degli accessi dei codici bianchi sul totale negli USA, del 40,9% in Europa e del 40% in Italia.
Tra le cause che spingono all'accesso indiscriminato al Pronto Soccorso figurano: la costante disponibilità di risorse in quanto rappresenta per la popolazione non urgente la porta di ingresso al SSN; l'accessibilità sulle 24 ore; la difficoltà ad usufruire di percorsi alternativi; la preoccupazione e l'ansia, la necessità percepita su un secondo parere.
Tuttavia le conseguenze che ne derivano non possono essere che gravi, tra cui: le inappropriate permanenze in barella dei pazienti anche diversi giorni e il relativo incremento degli eventi avversi con l'aumento della mortalità a 10 e a 30 giorni; l'allungamento dei tempi d'attesa; la riduzione della qualità dei servizi; la perdita di risorse economiche; la riduzione della soddisfazione complessiva del personale. Tutto ciò si traduce in un'inefficienza insostenibile.
Dagli studi emerge che esiste una componente di consapevolezza nell'accesso delle persone con codice di bassa priorità al Pronto Soccorso per condizioni di non urgenza.
Tale consapevolezza nell'inappropriatezza della propria scelta può essere coerentemente motivata con alcune riflessioni quali l'assenza di servizi o percorsi alternativi che forniscano una risposta di qualità ma in maniera facile e in tempi brevi, similmente a quello che fa il P.S., senza compromettere il sistema di urgenza – emergenza e fomentare il sovraffollamento.
La letteratura, ancora, fornisce i dati in merito all'accesso in Pronto Soccorso prevalentemente causato dal traumatismo minore e riconducibile alla disponibilità immediata del servizio di radiologia in regime di urgenza.
Infine, per quanto riguarda la gravità e la preoccupazione i valori che emergono in letteratura suggeriscono un'interpretazione strettamente personale dei concetti classici di urgenza ed emergenza così come della valutazione dei parametri vitali.
La crisi del sistema di emergenza – urgenza in particolare quella del pronto soccorso potrebbe essere affrontata potenziando l'assistenza territoriale.
Ecco che entra in gioco il ruolo importante rivestito dal medico di medicina generale e dall'infermiere di famiglia.
Il medico di medicina generale nonostante venga individuato dalla popolazione quale professionista a cui rivolgere prevalentemente la propria ricerca di cure, non si comprendono le ragioni per cui le persone si rivolgono al Pronto Soccorso.
Con l'istituzione dell'infermiere di famiglia prevista nella "Missione 6" del "Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza" l'assistenza territoriale interviene in maniera preponderante sull'assetto e sull'organizzazione del S.S.N. consentendo ai cittadini di ricevere una risposta celere e professionale ai loro bisogni di salute.
Il D.M.77 prevede Case di Comunità (Cdc) aperte 7 giorni su 7 per 24 ore con in servizio, a rotazione, medici di medicina generale e pediatri e infermieri e le Centrali Operative Territoriali (COT) che indirizza il cittadino verso il servizio utile alle proprie esigenze di salute.
Nel caso in cui la problematica sia troppo importante e all'interno delle Case di comunità non possa essere risolta, il cittadino viene messo nelle condizioni di andare all'ospedale della comunità, una struttura in grado di gestire patologie acute ma anche aggravamenti di malattie croniche.
"Il DM 77 prevede ogni tipo di intervento di assistenza sanitaria, in qualsiasi momento, senza che il cittadino debba per forza andare in un grande ospedale, e quindi in un pronto soccorso, e intasarlo con patologie risolvibili diversamente", continua Papagni.
"Una maggiore consapevolezza da parte dei nostri cittadini sul corretto utilizzo dei servizi ospedalieri e territoriali sono i motivi che hanno spinto il nostro Ordine professionale ad avviare questa campagna informativa", continua Papagni.
"Utilizzare i servizi di emergenza urgenza per le reali necessità, è garanzia per la salute di tutti i cittadini che vanno incontro alle patologie "tempo dipendente" che richiedono un intervento sanitario immediato. Siamo altresì consapevoli che fino a quando l'assistenza territoriale non entra nel pieno della sua operatività con l'istituzione delle Case e Ospedali di Comunità, della Centrale Operativa Territoriale, la nostra campagna informativa rimarrà fine a se stessa. Il nostro messaggio è quindi rivolto non solo alla popolazione ma anche ai nostri amministratori affinché avviino al più presto tutti i progetti previsti dal PNRR", conclude il dott. Giuseppe Papagni.
Negli ultimi quarant'anni, infatti, la letteratura ha rilevato un progressivo aumento nell'utilizzo dei servizi sanitari d'emergenza come non mai dall'istituzione del Ssn.
Ancora oggi lo scopo e le funzioni del Pronto Soccorso non sono ben chiare alla popolazione; esso si può definire come una struttura ospedaliera che garantisce l'esecuzione dell'attività diagnostica e terapeutica ai pazienti che accedono in ospedale in situazione di emergenza o urgenza e che richiedono interventi immediati.
Questo concetto, però, sembra ancora poco noto, e la popolazione si rivolge ad esso in maniera costante determinando un vero e proprio sovraffollamento, sebbene ad oggi non esista una definizione univoca del termine; tuttavia, l'idea generale è quella di eccedenza della domanda di prestazioni richieste rispetto alle risorse disponibili.
Secondo il presidente dell' Ordine delle professioni infermieristiche Bat, dott. Giuseppe Papagni, "le cause del sovraffollamento sono molteplici, multifattoriali, estrinseche ed intrinseche all'organizzazione del sistema dell'emergenza, primi tra tutti l'impossibilità di ricovero di pazienti nelle Unità Operative per indisponibilità di posti letto dopo aver terminato la fase di cura nel Pronto Soccorso e gli accessi inappropriati".
In particolare, la letteratura si è focalizzata su quest'ultimo problema.
"Per 'non urgenze' – continua il Presidente Papagni – si intende una categoria di persone piuttosto eterogenea che si reca al Pronto Soccorso ma che sarebbe potenzialmente rinviabile al medico di base, dal momento che in sede di triage viene ad essa assegnata un codice di priorità basso (alfanumerico oppure codice-colore) e in cui sussiste un'assenza delle compromissioni delle funzioni vitali, del rischio evolutivo di compromissione e della sofferenza oggettiva psichica o fisica della persona o di un suo organo".
Gli accessi inappropriati al P.S. oggi hanno raggiunto, purtroppo, dimensioni allarmanti. Infatti, nonostante la variabilità del range a livello dei diversi Paesi europei e non, con sistemi sanitari ad accesso universale, si raggiungono punte massime del 54% degli accessi dei codici bianchi sul totale negli USA, del 40,9% in Europa e del 40% in Italia.
Tra le cause che spingono all'accesso indiscriminato al Pronto Soccorso figurano: la costante disponibilità di risorse in quanto rappresenta per la popolazione non urgente la porta di ingresso al SSN; l'accessibilità sulle 24 ore; la difficoltà ad usufruire di percorsi alternativi; la preoccupazione e l'ansia, la necessità percepita su un secondo parere.
Tuttavia le conseguenze che ne derivano non possono essere che gravi, tra cui: le inappropriate permanenze in barella dei pazienti anche diversi giorni e il relativo incremento degli eventi avversi con l'aumento della mortalità a 10 e a 30 giorni; l'allungamento dei tempi d'attesa; la riduzione della qualità dei servizi; la perdita di risorse economiche; la riduzione della soddisfazione complessiva del personale. Tutto ciò si traduce in un'inefficienza insostenibile.
Dagli studi emerge che esiste una componente di consapevolezza nell'accesso delle persone con codice di bassa priorità al Pronto Soccorso per condizioni di non urgenza.
Tale consapevolezza nell'inappropriatezza della propria scelta può essere coerentemente motivata con alcune riflessioni quali l'assenza di servizi o percorsi alternativi che forniscano una risposta di qualità ma in maniera facile e in tempi brevi, similmente a quello che fa il P.S., senza compromettere il sistema di urgenza – emergenza e fomentare il sovraffollamento.
La letteratura, ancora, fornisce i dati in merito all'accesso in Pronto Soccorso prevalentemente causato dal traumatismo minore e riconducibile alla disponibilità immediata del servizio di radiologia in regime di urgenza.
Infine, per quanto riguarda la gravità e la preoccupazione i valori che emergono in letteratura suggeriscono un'interpretazione strettamente personale dei concetti classici di urgenza ed emergenza così come della valutazione dei parametri vitali.
La crisi del sistema di emergenza – urgenza in particolare quella del pronto soccorso potrebbe essere affrontata potenziando l'assistenza territoriale.
Ecco che entra in gioco il ruolo importante rivestito dal medico di medicina generale e dall'infermiere di famiglia.
Il medico di medicina generale nonostante venga individuato dalla popolazione quale professionista a cui rivolgere prevalentemente la propria ricerca di cure, non si comprendono le ragioni per cui le persone si rivolgono al Pronto Soccorso.
Con l'istituzione dell'infermiere di famiglia prevista nella "Missione 6" del "Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza" l'assistenza territoriale interviene in maniera preponderante sull'assetto e sull'organizzazione del S.S.N. consentendo ai cittadini di ricevere una risposta celere e professionale ai loro bisogni di salute.
Il D.M.77 prevede Case di Comunità (Cdc) aperte 7 giorni su 7 per 24 ore con in servizio, a rotazione, medici di medicina generale e pediatri e infermieri e le Centrali Operative Territoriali (COT) che indirizza il cittadino verso il servizio utile alle proprie esigenze di salute.
Nel caso in cui la problematica sia troppo importante e all'interno delle Case di comunità non possa essere risolta, il cittadino viene messo nelle condizioni di andare all'ospedale della comunità, una struttura in grado di gestire patologie acute ma anche aggravamenti di malattie croniche.
"Il DM 77 prevede ogni tipo di intervento di assistenza sanitaria, in qualsiasi momento, senza che il cittadino debba per forza andare in un grande ospedale, e quindi in un pronto soccorso, e intasarlo con patologie risolvibili diversamente", continua Papagni.
"Una maggiore consapevolezza da parte dei nostri cittadini sul corretto utilizzo dei servizi ospedalieri e territoriali sono i motivi che hanno spinto il nostro Ordine professionale ad avviare questa campagna informativa", continua Papagni.
"Utilizzare i servizi di emergenza urgenza per le reali necessità, è garanzia per la salute di tutti i cittadini che vanno incontro alle patologie "tempo dipendente" che richiedono un intervento sanitario immediato. Siamo altresì consapevoli che fino a quando l'assistenza territoriale non entra nel pieno della sua operatività con l'istituzione delle Case e Ospedali di Comunità, della Centrale Operativa Territoriale, la nostra campagna informativa rimarrà fine a se stessa. Il nostro messaggio è quindi rivolto non solo alla popolazione ma anche ai nostri amministratori affinché avviino al più presto tutti i progetti previsti dal PNRR", conclude il dott. Giuseppe Papagni.