Restituito a Trani il palazzo simbolo della mafia
Gli interventi di Napoletano, Schifani, Tarantini e Capristo. Le foto
martedì 3 novembre 2009
Il Ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha tagliato il nastro che sancisce il riscatto dello Stato sulla malavita locale. Si è conclusa la cerimonia di consegna all'autorità giudiziaria dell'immobile in piazza Mazzini che fu di proprietà del boss tranese Salvatore Annacondia. Il valore simbolico dell'evento giustificava la presenza delle massima autorità della nazione, assiepate sulla tribunetta prefabbricata posta di fronte l'ingresso del locale, prossimo a divenire sede di polizia giudiziaria nella disponibilità della Procura della Repubblica di Trani, della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della polizia municipale di Trani.
Rigoroso il protocollo: si da subito lettura dei messaggi del presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano («L'evento di Trani è rilevante e simbolico, segno tangibile dell'incisività dello Stato nel contrastare ogni forma di illegalità») e del presidente del Senato, Renato Schifani («La consegna dell'edificio all'autorità giudiziaria rappresenta una vittoria della fermezza contro i ricatti e le prevalicazioni»).
Il primo a prendere la parola, sul palco, è il sindaco di Trani, Giuseppe Tarantini, che ha ricordato, en passant, la grandeur di Trani («Prima città al mondo ad aver promulgato un codice della navigazione marinara, prima città al mondo ad aver avuto un avvocato donna, Giustina Rocca»). Tarantini, nel suo intervento, ha spiegato la trasformazione sociale del centro storico: «In questi luoghi, negli anni '80, Trani ha subito l'onta della presenza di un'organizzazione mafiosa che ha cosparso di sangue le nostre strade. Il centro storico è stato teatro di omicidi, di sparizioni di persone, di traffici di droga. Oggi, invece, è meta ininterrotta di visitatori, luogo dove convivono armoniosamente una comunità ortodossa, una comunità ebraica e tutta la comunità cristiana. Ciò è stato possibile grazie al lavoro ed alla collaborazione tra le Forze dell'Ordine. Episodi criminali, a Trani, sono diventati una rarità. L'evento di oggi ha una valenza particolare: oggi non si restituisce alla funzione pubblica solo un immobile che fu della mafia, oggi si chiude un cerchio».
Tarantini ha poi proposto di intitolare l'immobile al giudice Paolo Borsellino, «un eroe nella lotta alla mafia». Chissà se saranno d'accordo i parenti di Alfredo Albanese, vicequestore tranese ucciso a Mestre nel 1980.
Dopo il sindaco è intervenuto il procuratore capo presso il Tribunale di Trani, Carlo Maria Capristo che ha ricordato le tappe fondamentali del maxiprocesso Dolmen (170 imputati) che ha inferto il colpo mortale alle organizzazioni mafiose del nord barese: 1200 testimoni per mettere in ginocchio 3 associazioni di stampo mafioso (clan Annacondia, Spera-Lattanzio e Cannito) e 5 associazioni dedite al traffico di stupefacenti, responsabili di 32 omicidi e 5 tentati omicidi. Dopo nove anni di udienze (ben 303) la Corte di Assise di Trani, il 28 gennaio del 2006. emise 31 ergastoli (comminati a venti persone) e 1037 anni di reclusione complessivi ai vertici e ai fiancheggiatori delle organizzazioni criminali. «Oggi Trani scrive una pagina d'onore nel libro della sua storia - ha detto Capristo - con un segnale forte e concreto di un'antimafia sociale e dei diritti. Il passato può sempre tornare ed ecco perché da parte nostra c'è sempre un'elevata attenzione verso i fenomeni di criminalità», Capristo ha poi ricordato un passaggio di un'intervista rilasciata dal prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa al giornalista Giorgio Bocca pochi giorni prima della sua morte, nel 1982: «Per poter compiere un'incisiva lotta alla mafia bisogna colpire gli interessi economici dei boss. La confisca dei beni è lo strumento più importante per aggredire il patrimonio dei mafiosi».
Rigoroso il protocollo: si da subito lettura dei messaggi del presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano («L'evento di Trani è rilevante e simbolico, segno tangibile dell'incisività dello Stato nel contrastare ogni forma di illegalità») e del presidente del Senato, Renato Schifani («La consegna dell'edificio all'autorità giudiziaria rappresenta una vittoria della fermezza contro i ricatti e le prevalicazioni»).
Il primo a prendere la parola, sul palco, è il sindaco di Trani, Giuseppe Tarantini, che ha ricordato, en passant, la grandeur di Trani («Prima città al mondo ad aver promulgato un codice della navigazione marinara, prima città al mondo ad aver avuto un avvocato donna, Giustina Rocca»). Tarantini, nel suo intervento, ha spiegato la trasformazione sociale del centro storico: «In questi luoghi, negli anni '80, Trani ha subito l'onta della presenza di un'organizzazione mafiosa che ha cosparso di sangue le nostre strade. Il centro storico è stato teatro di omicidi, di sparizioni di persone, di traffici di droga. Oggi, invece, è meta ininterrotta di visitatori, luogo dove convivono armoniosamente una comunità ortodossa, una comunità ebraica e tutta la comunità cristiana. Ciò è stato possibile grazie al lavoro ed alla collaborazione tra le Forze dell'Ordine. Episodi criminali, a Trani, sono diventati una rarità. L'evento di oggi ha una valenza particolare: oggi non si restituisce alla funzione pubblica solo un immobile che fu della mafia, oggi si chiude un cerchio».
Tarantini ha poi proposto di intitolare l'immobile al giudice Paolo Borsellino, «un eroe nella lotta alla mafia». Chissà se saranno d'accordo i parenti di Alfredo Albanese, vicequestore tranese ucciso a Mestre nel 1980.
Dopo il sindaco è intervenuto il procuratore capo presso il Tribunale di Trani, Carlo Maria Capristo che ha ricordato le tappe fondamentali del maxiprocesso Dolmen (170 imputati) che ha inferto il colpo mortale alle organizzazioni mafiose del nord barese: 1200 testimoni per mettere in ginocchio 3 associazioni di stampo mafioso (clan Annacondia, Spera-Lattanzio e Cannito) e 5 associazioni dedite al traffico di stupefacenti, responsabili di 32 omicidi e 5 tentati omicidi. Dopo nove anni di udienze (ben 303) la Corte di Assise di Trani, il 28 gennaio del 2006. emise 31 ergastoli (comminati a venti persone) e 1037 anni di reclusione complessivi ai vertici e ai fiancheggiatori delle organizzazioni criminali. «Oggi Trani scrive una pagina d'onore nel libro della sua storia - ha detto Capristo - con un segnale forte e concreto di un'antimafia sociale e dei diritti. Il passato può sempre tornare ed ecco perché da parte nostra c'è sempre un'elevata attenzione verso i fenomeni di criminalità», Capristo ha poi ricordato un passaggio di un'intervista rilasciata dal prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa al giornalista Giorgio Bocca pochi giorni prima della sua morte, nel 1982: «Per poter compiere un'incisiva lotta alla mafia bisogna colpire gli interessi economici dei boss. La confisca dei beni è lo strumento più importante per aggredire il patrimonio dei mafiosi».