Salvatore Annacondia, il ritratto di Manomozza
Sulla rete è presente un'audizione in cui si racconta l’escalation criminale
martedì 3 novembre 2009
Salvatore Annacondia è nato a Trani il 31 ottobre 1957 ed è stato a capo della più sanguinosa organizzazione criminale del nord barese che ha seminato paura e morte negli anni '80 e inizi del '90. Dal crollo della prima Repubblica, Manomozza (così era chiamato) cominciò a pentirsi ed a svelare i segreti della malavita barese e nazionale.
E' possibile tracciare un ritratto di Salvatore Annacondia grazie ad alcune sue confessioni (rintracciate sulla rete) e rilasciate al cospetto della Commissione parlamentare antimafia presieduta, in quegli anni (dal settembre 1992 al marzo 1994), da Luciano Violante e da altri parlamentari, in cui il boss racconta ciò che aveva già iniziato a confessare alla magistratura.
Traniweb vi offre uno stralcio significativo – tratto dalla rete - del verbale dell'audizione di Annacondia davanti alla Commissione parlamentare Antimafia.
PRESIDENTE: Le chiediamo di dire come si chiama, quando è nato, che scuole ha frequentato e che lavoro ha svolto. Mi riferisco al lavoro lecito, se ne ha svolto uno.
ANNACONDIA: Mi chiamo Annacondia Salvatore, sono nato a Trani il 31 ottobre 1957. Titolo di studio è la terza media.
PRESIDENTE. Ha svolto qualche attività lavorativa?
ANNACONDIA. Sì, commerciante.
PRESIDENTE. In che cosa?
ANNACONDIA. Di abbigliamento, di accessori vari, sanitari, ceramiche.
PRESIDENTE. Quando è entrato a far parte della criminalità organizzata pugliese?
ANNACONDIA. Sono entrato a far parte della vita tra il 1974 e il 1975.
PRESIDENTE. Quindi, a 17-18 anni?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. In Puglia oppure in altri posti?
ANNACONDIA. Emigrai dalla Puglia a Milano.
PRESIDENTE. Andò dalla Puglia a Milano?
ANNACONDIA. Sì. Nel 1976 ero già a Milano.
PRESIDENTE. E come entrò? Aveva già contatti con la criminalità quando andò a Milano?
ANNACONDIA. I contatti con la criminalità erano amici locali che si erano già trasferiti anni prima a Milano.
PRESIDENTE. Quindi, lei prese contatto con questi suoi amici a Milano?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Può spiegare come avvenne poi la sua salita nel mondo criminale?
ANNACONDIA. I primi anni di vita nel mondo, nell'ambiente, si svolsero intorno al 1976 quando andai a Milano e conoscevo degli amici miei di Trani, che da molti anni erano già emigrati a Milano. I primi anni della mia vita si sono svolti su a Milano quando andavamo a rubare sui treni davanti ai semafori, nelle ferrovie.
PRESIDENTE. Può spiegare cosa vuol dire che rubavate sui treni?
ANNACONDIA. Aspettavamo davanti ai semafori. Quando passavano i treni merci e si fermavano al semaforo rosso noi tagliavamo il blindo, aprivamo e scaricavamo la merce che stava. Questo fatto durò per un annetto, alcuni anni. E la testa iniziava a capire di più, perché vivendo al nord non è come vivere al sud, si imparano tante cose. Questo per dirle che la vita che si può svolgere su al nord, a Milano, non si poteva svolgere al sud. Si inizia a conoscere il fior della vita, conoscendo locali notturni, iniziando a frequentare altri ambienti si insegnano tante cose. Perché quello che noi non avevamo al sud l'abbiamo capito su al nord, abbiamo intrapreso la loro mentalità, diciamo dell'ambiente vero della malavita. Questo abbiamo portato al sud poi.
PRESIDENTE. A Milano è entrato in contatto con qualche criminale o con qualche organizzazione criminale particolarmente importante?
ANNACONDIA. In quegli anni iniziammo a conoscere qualcuno, poi me ne tornai giù al paese dove, nel 1978, fui arrestato per la prima volta. Uscii dal carcere con gli obblighi della sorveglianza. La mia vita è iniziata nel 1981, 1980-1981, quando ci inserimmo proprio in un altro ambiente, facemmo il primo salto di qualità. Si fondò a Trani una cooperativa per ex detenuti ed iniziammo, tramite un'altra persona - di cui non posso fare il nome perché coperto da segreto istruttorio per le indagini in corso - ad avere prime esperienze, come appalti...
PRESIDENTE. Giù è stato arrestato. Per che cosa?
ANNACONDIA. La prima volta fui arrestato per furto.
PRESIDENTE. Poi uscì e si inserì in questa cooperativa di ex detenuti.
ANNACONDIA. La costituimmo proprio questa cooperativa per ex detenuti.
PRESIDENTE. Che attività lavorativa svolgeva questa cooperativa?
ANNACONDIA. Si occupava di parcheggi, pulizie in Pretura, una serie di tipi di appalti. Nel 1981 ci fu un'escalation particolare ed iniziammo a prendere il controllo del territorio.
PRESIDENTE. Quando parla di territorio, a quale zona si riferisce?
ANNACONDIA. Iniziammo con Trani. Poi, pian piano, cominciammo ad avere altre conoscenze, altre persone.
PRESIDENTE. Perché parla del 1981? Cosa segna questa data?
ANNACONDIA. Il 1981 è l'anno in cui per la prima volta facemmo un tentato omicidio. La situazione è andata avanti per tutto il 1981 ed il 1982 ed il nostro capo non dico che fu decimato, ma si allontanò per paura delle nostre menti: oramai, lo avevamo superato. Poi è accaduto che nel 1983 fui arrestato per omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi. Questo ha segnato la mia scalata ai vertici.
PRESIDENTE. Ciò perché si trattò di un delitto importante?
ANNACONDIA. Era un delitto importante, molto importante, perché questo ragazzo aveva una fama...
PRESIDENTE. Si riferisce alla persona che fu uccisa?
ANNACONDIA. Sì. Aveva una fama di grande picchiatore. Dopo questo omicidio, ampliai le mie amicizie nelle carceri, all'epoca in cui si è cominciata a costituire la vera malavita in Puglia, negli anni ottanta, nel 1983.
PRESIDENTE. Quindi, la vera malavita in Puglia si costituisce nei primi anni ottanta.
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Può spiegare le caratteristiche della criminalità pugliese?
ANNACONDIA. La malavita pugliese è abbastanza pericolosa ed è molto più avanzata delle altre perché ha assorbito tutte le mentalità, sia della mafia siciliana sia della 'ndrangheta calabrese sia, infine, della camorra campana. La Puglia era un campo aperto a tutti. In tutti gli anni di frequentazione con queste persone abbiamo assorbito la loro mentalità e si è iniziata a costituire la Sacra corona unita.
PRESIDENTE. Lei ne ha fatto parte?
ANNACONDIA. Non ho fatto parte della Sacra corona unita perché noi eravamo in un altro territorio e non abbiamo aderito.
PRESIDENTE. E' stato affiliato a Cosa nostra?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Quando?
ANNACONDIA. Nel 1989.
PRESIDENTE. Dove è stato affiliato? In quale città?
ANNACONDIA. La cerimonia è avvenuta a Trani.
PRESIDENTE. Come si è svolta la cerimonia?
ANNACONDIA. Si è svolta giù, al ristorante.
PRESIDENTE. Al suo ristorante?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Lei è stato arrestato l'ottobre 1991. Qual era allora il suo tenore di vita? Quanto guadagnava? Quanti soldi aveva?
ANNACONDIA. Non si può quantificare il guadagno.
PRESIDENTE. Aveva dei soldi in banca o da qualche altra parte? Aveva liquidi a disposizione?
ANNACONDIA. Soldi ce n'erano perché giravano nelle mie attività lecite. A Trani avevo un ristorante molto famoso.
PRESIDENTE. Come si chiamava?
ANNACONDIA. "Ai templari"; avevo una import-export di sanitari e ceramiche: Eurotop. Stavo per inaugurare un cantiere ed un rimessaggio nautico per la costruzione di barche, una grande azienda commerciale, industriale. Non è che si potevano tenere i miliardi in banca, signor presidente.
PRESIDENTE. La sua ricchezza a quanto ammontava?
ANNACONDIA. Ammontava a miliardi.
PRESIDENTE. Per capire due o dieci miliardi?
ANNACONDIA. Sei, sette, qualcosa in più pure.
PRESIDENTE. Come faceva per evitare di apparire titolare di tante ricchezze? Le intestava anche a persone diverse?
ANNACONDIA. A persone che non venivano trattate, frequentate.
PRESIDENTE. Non venivano frequentate da lei?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Ma erano di sua fiducia?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Parenti o conoscenti?
ANNACONDIA. Parenti, qualche conoscente pure.
PRESIDENTE. Il ristorante "Ai templari" e le aziende di ceramiche chi glieli gestiva?
ANNACONDIA. Nel ristorante c'era un gran bravo ragazzo, come direttore, una persona onesta, e me lo mandava avanti lui. Nell'azienda commerciale, l'Eurotop, avevo dei buoni procacciatori, dei ragionieri efficientissimi, ma la mandavo pure avanti io. Quell'esperienza... non chiamiamola esperienza, è stata più che altro un'impostazione di come doveva svolgere le proprie attività la nostra famiglia.
PRESIDENTE. Qual è stata l'impostazione: avere l'attività legale e quella illegale insieme?
ANNACONDIA. Le posso spiegare quello che voi chiamate riciclaggio. Tante persone parlano di riciclaggio di denaro, ma non ha senso parlare in quel modo e capire in quel modo. Una persona che possiede ad esempio un miliardo e lo vuole riciclare, ognuno pensa che apra una finanziaria, metta una testa di legno, ed investa il miliardo. Ma non fa altro, niente, perché aumenta il suo valore e non lo può dimostrare. Sotto l'esperienza del noto Michele Rizzi elaborammo una strategia da farmi rimanere a bocca aperta per come si doveva svolgere per come mi fu spiegato e per come iniziammo. Il business dell'imprenditoria lo stavamo prendendo in mano. Basti pensare, signor presidente, che per prima cosa bisogna mettere su una vera e propria finanziaria (lei dirà: questo lo so), bisogna mettere su un'immobiliare, bisogna mettere su un magazzino di import-export ed un altro magazzino per forniture edili: sanitari, ceramiche, cemento, ferro, porte, infissi, tutto, dalla A alla Z.
PRESIDENTE. Per l'edilizia.
ANNACONDIA. Per l'edilizia. Tutto il grande business poggia sull'edilizia.
PRESIDENTE. Questo comporta anche rapporti con i Comuni, con le amministrazioni comunali per licenze oppure no?
ANNACONDIA. Signor presidente, essere una persona in vista, un capo... il capo non è che fa il capo giusto perché lui è il capo. Deve fare il capo che deve avere la testa sul collo. Io, per dirle, avevo delle mie attività lecite, che avevo ben messo i piedi a terra ed avevo fondato un ristorante che frequentava solo l'élite. Se entrava qualche pregiudicato, mi entrava con una certa classe, un certo carisma. Là non poteva entrare un pregiudicato con i tatuaggi sul braccio o con le scarpe da ginnastica o con la tuta, non esisteva: quello là faceva l'entrata da una porta e poi usciva da un'altra porta, entrava con la testa ed usciva con i piedi.
PRESIDENTE. L'attività di ristorante rientrava in questo schema oppure è una cosa diversa?
ANNACONDIA. Il ristorante, signor presidente, era avere tutti i collegamenti e tutti gli agganci senza essere inquisito. Era il luogo ideale per potersi incontrare.
PRESIDENTE. In che anno ha messo su questo ristorante?
ANNACONDIA. Ho iniziato nel 1987. Era uno dei migliori, uno dei primi.
PRESIDENTE. Le vorrei chiedere di quali attività illecite lei si è occupato in particolare. Stupefacenti, armi...
ANNACONDIA. Stupefacenti ed armi.
PRESIDENTE. Si è mai occupato di esplosivi?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Si è occupato anche di appalti?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. E di estorsioni?
ANNACONDIA. Le estorsioni le facevamo nei confronti di chi non voleva o non poteva soggiacere a noi. Costoro dovevano capire che, anche se noi non facevamo quel tipo di estorsione, avrebbero comunque dovuto ricambiare in un certo modo.
PRESIDENTE. Lei ha affermato che la vostra attività in questo settore dipendeva dai diversi tipi di estorsione.
ANNACONDIA. A Trani estorsioni non se ne dovevano fare.
PRESIDENTE. Perché a Trani, a differenza di quanto accadeva nei paesi vicini, non venivano effettuate estorsioni?
ANNACONDIA. Perché Trani era il centro di tutte le operazioni.
PRESIDENTE. E quindi bisognava stare tranquilli.
ANNACONDIA. Sì, bisognava stare tranquilli.
PRESIDENTE. Non effettuavate nemmeno rapine?
ANNACONDIA. Qualcuna. Si faceva fare qualche rapina ad orefici da qualche amico di fuori che aveva bisogno. Ma più di questo, no.
PRESIDENTE. Che rapporto passa tra le estorsioni ed il controllo del territorio?
ANNACONDIA. Il controllo del territorio è la forza numero uno dell'eroina. Se uno non ha il controllo dell'eroina, non ha il controllo del territorio. Se qualcuno si illude di aver raggiunto l'apice e allora, per nascondersi alle forze dell'ordine e per sottrarsi alle indagini, decide di togliersi dal mercato dell'eroina, muore, proprio perché perde il controllo del territorio, che passa ad un'altra persona. Si tratta di una situazione obbligata perché i drogati che vivono nei paesi hanno bisogno della droga e quindi ci dev'essere qualcuno che la deve rifornire. Ripeto: quando una persona si illude di aver raggiunto l'apice, in quel momento si sta già condannando da sola... Ormai, avendo il controllo dell'eroina, hai il controllo di tutti i pregiudicati del posto, non hai più persone che ti possano ostacolare, puoi fare tutto quello che vuoi perché ormai non hai più avversari; tutti quelli che c'erano li hai comprati, senza che loro se ne sono accorti.
PRESIDENTE. Perché li hai fatti passare dalla tua parte.
ANNACONDIA. Esatto, perché sono cani sciolti. Una volta che sono passati dalla tua parte, li riconosci come tuoi ragazzi. Bisogna battezzarli poi e tu sei il loro padrino. Loro oramai conoscono il vero papà, perché gli dà da mangiare, li protegge. Loro si sentono forti; vengono arrestati e dicono: appartengo a Salvatore Annacondia. Adesso la gente che sente questo nome, Madonna quante parolacce mi dice! Allora si sentivano protetti e forti perché andavano nel carcere di Milano e venivano rispettati perché erano miei ragazzi. Ecco cos'è il controllo, presidente. Per prendere il controllo, bisogna far funzionare la testa, perché non si possono prendere subito le estorsioni, che sono già controllate da chi ha il controllo dell'eroina. Quando mi è venuta la proposta di lasciare l'eroina, perché potevamo guadagnare di più con la cocaina e con l'hascish, ho detto solo due parole: compari, questo non lo posso fare perché, il giorno che lascio l'eroina, sono una persona morta, perché devo affidare ad un'altra persona questo mercato; anche se questo è un grande amico mio, anche se è un mio figlioccio, una volta che io gli passo in mano il mercato dell'eroina, questo dice: chi mi dice che Salvatore domani non mi ammazza? Di conseguenza tutte queste persone che gravitavano nella mia organizzazione passano sotto il suo controllo ed io sono una persona morta, anche se ho il controllo dell'hascish e della cocaina, perché quello della cocaina è un mercato più classico, più riservato, più stretto.
PRESIDENTE. Perché lei ha deciso di collaborare?
ANNACONDIA. Perché ho deciso di collaborare è una bella domanda. Signor presidente, ho visto tante cose sporche nella vita.
PRESIDENTE. Ci siamo resi conto. Un pò le ha anche fatte.
ANNACONDIA. Ne ho fatte assai. Mi trovavo nel carcere di Foggia, durante un colloquio con mia moglie, uno degli ultimi in quel carcere, mia moglie alla fine disse: Salvatore, per colpa tua sta morendo tuo figlio. Signor presidente, ho un bambino di sette anni; non si capiva perché questo bambino dimagriva. Quando seppi questa cosa dissi: che cosa è successo? Tuo figlio ha preso un deperimento organico per mancanza di affetto paterno. Signor presidente, io dovevo uscire quanto prima, però c'era bisogno di mesi. Alla fine del colloquio - mia moglie stava andando via - chiamo uno dei miei fratelli e dico di mandarmi un certo carabiniere che io sapevo essere una persona corretta in tutto e per tutto, una persona che ha perso dieci anni di vita sua dietro a me. Meglio di lui non potevo, per mandare il messaggio, perché non potevo segnarmi a modello 13 e chiamare il magistrato, per l'importanza che avevo: era una brutta cosa. Torno in sezione, viene a colloquio l'avvocato. Dopo aver parlato con l'avvocato gli dico: avvocato, mi voglio pentire. L'avvocato rimase e disse soltanto: può essere un'ottima idea.
PRESIDENTE. Quando viene sua moglie?
ANNACONDIA. Nel luglio 1992, prima che erano successe le leggi in vigore. Io non ho collaborato per sconti di pena, perché c'erano queste agevolazioni sui pentiti. Io, signor presidente, ho lanciato il mio messaggio a luglio. Io volevo collaborare in modo tranquillo e sereno. Ho sempre detto di lasciarmi in tranquillità perché solo così si può andare avanti.
PRESIDENTE. In quali regioni d'Italia lei ha operato?
ANNACONDIA. Puglia, Campania, Lombardia, un pò di Piemonte, Genova, Roma, Calabria, Sicilia. Signor presidente, la mia presenza era...
PRESIDENTE. Abbastanza diffusa!
ANNACONDIA. Sì.
E' possibile tracciare un ritratto di Salvatore Annacondia grazie ad alcune sue confessioni (rintracciate sulla rete) e rilasciate al cospetto della Commissione parlamentare antimafia presieduta, in quegli anni (dal settembre 1992 al marzo 1994), da Luciano Violante e da altri parlamentari, in cui il boss racconta ciò che aveva già iniziato a confessare alla magistratura.
Traniweb vi offre uno stralcio significativo – tratto dalla rete - del verbale dell'audizione di Annacondia davanti alla Commissione parlamentare Antimafia.
PRESIDENTE: Le chiediamo di dire come si chiama, quando è nato, che scuole ha frequentato e che lavoro ha svolto. Mi riferisco al lavoro lecito, se ne ha svolto uno.
ANNACONDIA: Mi chiamo Annacondia Salvatore, sono nato a Trani il 31 ottobre 1957. Titolo di studio è la terza media.
PRESIDENTE. Ha svolto qualche attività lavorativa?
ANNACONDIA. Sì, commerciante.
PRESIDENTE. In che cosa?
ANNACONDIA. Di abbigliamento, di accessori vari, sanitari, ceramiche.
PRESIDENTE. Quando è entrato a far parte della criminalità organizzata pugliese?
ANNACONDIA. Sono entrato a far parte della vita tra il 1974 e il 1975.
PRESIDENTE. Quindi, a 17-18 anni?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. In Puglia oppure in altri posti?
ANNACONDIA. Emigrai dalla Puglia a Milano.
PRESIDENTE. Andò dalla Puglia a Milano?
ANNACONDIA. Sì. Nel 1976 ero già a Milano.
PRESIDENTE. E come entrò? Aveva già contatti con la criminalità quando andò a Milano?
ANNACONDIA. I contatti con la criminalità erano amici locali che si erano già trasferiti anni prima a Milano.
PRESIDENTE. Quindi, lei prese contatto con questi suoi amici a Milano?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Può spiegare come avvenne poi la sua salita nel mondo criminale?
ANNACONDIA. I primi anni di vita nel mondo, nell'ambiente, si svolsero intorno al 1976 quando andai a Milano e conoscevo degli amici miei di Trani, che da molti anni erano già emigrati a Milano. I primi anni della mia vita si sono svolti su a Milano quando andavamo a rubare sui treni davanti ai semafori, nelle ferrovie.
PRESIDENTE. Può spiegare cosa vuol dire che rubavate sui treni?
ANNACONDIA. Aspettavamo davanti ai semafori. Quando passavano i treni merci e si fermavano al semaforo rosso noi tagliavamo il blindo, aprivamo e scaricavamo la merce che stava. Questo fatto durò per un annetto, alcuni anni. E la testa iniziava a capire di più, perché vivendo al nord non è come vivere al sud, si imparano tante cose. Questo per dirle che la vita che si può svolgere su al nord, a Milano, non si poteva svolgere al sud. Si inizia a conoscere il fior della vita, conoscendo locali notturni, iniziando a frequentare altri ambienti si insegnano tante cose. Perché quello che noi non avevamo al sud l'abbiamo capito su al nord, abbiamo intrapreso la loro mentalità, diciamo dell'ambiente vero della malavita. Questo abbiamo portato al sud poi.
PRESIDENTE. A Milano è entrato in contatto con qualche criminale o con qualche organizzazione criminale particolarmente importante?
ANNACONDIA. In quegli anni iniziammo a conoscere qualcuno, poi me ne tornai giù al paese dove, nel 1978, fui arrestato per la prima volta. Uscii dal carcere con gli obblighi della sorveglianza. La mia vita è iniziata nel 1981, 1980-1981, quando ci inserimmo proprio in un altro ambiente, facemmo il primo salto di qualità. Si fondò a Trani una cooperativa per ex detenuti ed iniziammo, tramite un'altra persona - di cui non posso fare il nome perché coperto da segreto istruttorio per le indagini in corso - ad avere prime esperienze, come appalti...
PRESIDENTE. Giù è stato arrestato. Per che cosa?
ANNACONDIA. La prima volta fui arrestato per furto.
PRESIDENTE. Poi uscì e si inserì in questa cooperativa di ex detenuti.
ANNACONDIA. La costituimmo proprio questa cooperativa per ex detenuti.
PRESIDENTE. Che attività lavorativa svolgeva questa cooperativa?
ANNACONDIA. Si occupava di parcheggi, pulizie in Pretura, una serie di tipi di appalti. Nel 1981 ci fu un'escalation particolare ed iniziammo a prendere il controllo del territorio.
PRESIDENTE. Quando parla di territorio, a quale zona si riferisce?
ANNACONDIA. Iniziammo con Trani. Poi, pian piano, cominciammo ad avere altre conoscenze, altre persone.
PRESIDENTE. Perché parla del 1981? Cosa segna questa data?
ANNACONDIA. Il 1981 è l'anno in cui per la prima volta facemmo un tentato omicidio. La situazione è andata avanti per tutto il 1981 ed il 1982 ed il nostro capo non dico che fu decimato, ma si allontanò per paura delle nostre menti: oramai, lo avevamo superato. Poi è accaduto che nel 1983 fui arrestato per omicidio, tentato omicidio e porto abusivo di armi. Questo ha segnato la mia scalata ai vertici.
PRESIDENTE. Ciò perché si trattò di un delitto importante?
ANNACONDIA. Era un delitto importante, molto importante, perché questo ragazzo aveva una fama...
PRESIDENTE. Si riferisce alla persona che fu uccisa?
ANNACONDIA. Sì. Aveva una fama di grande picchiatore. Dopo questo omicidio, ampliai le mie amicizie nelle carceri, all'epoca in cui si è cominciata a costituire la vera malavita in Puglia, negli anni ottanta, nel 1983.
PRESIDENTE. Quindi, la vera malavita in Puglia si costituisce nei primi anni ottanta.
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Può spiegare le caratteristiche della criminalità pugliese?
ANNACONDIA. La malavita pugliese è abbastanza pericolosa ed è molto più avanzata delle altre perché ha assorbito tutte le mentalità, sia della mafia siciliana sia della 'ndrangheta calabrese sia, infine, della camorra campana. La Puglia era un campo aperto a tutti. In tutti gli anni di frequentazione con queste persone abbiamo assorbito la loro mentalità e si è iniziata a costituire la Sacra corona unita.
PRESIDENTE. Lei ne ha fatto parte?
ANNACONDIA. Non ho fatto parte della Sacra corona unita perché noi eravamo in un altro territorio e non abbiamo aderito.
PRESIDENTE. E' stato affiliato a Cosa nostra?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Quando?
ANNACONDIA. Nel 1989.
PRESIDENTE. Dove è stato affiliato? In quale città?
ANNACONDIA. La cerimonia è avvenuta a Trani.
PRESIDENTE. Come si è svolta la cerimonia?
ANNACONDIA. Si è svolta giù, al ristorante.
PRESIDENTE. Al suo ristorante?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Lei è stato arrestato l'ottobre 1991. Qual era allora il suo tenore di vita? Quanto guadagnava? Quanti soldi aveva?
ANNACONDIA. Non si può quantificare il guadagno.
PRESIDENTE. Aveva dei soldi in banca o da qualche altra parte? Aveva liquidi a disposizione?
ANNACONDIA. Soldi ce n'erano perché giravano nelle mie attività lecite. A Trani avevo un ristorante molto famoso.
PRESIDENTE. Come si chiamava?
ANNACONDIA. "Ai templari"; avevo una import-export di sanitari e ceramiche: Eurotop. Stavo per inaugurare un cantiere ed un rimessaggio nautico per la costruzione di barche, una grande azienda commerciale, industriale. Non è che si potevano tenere i miliardi in banca, signor presidente.
PRESIDENTE. La sua ricchezza a quanto ammontava?
ANNACONDIA. Ammontava a miliardi.
PRESIDENTE. Per capire due o dieci miliardi?
ANNACONDIA. Sei, sette, qualcosa in più pure.
PRESIDENTE. Come faceva per evitare di apparire titolare di tante ricchezze? Le intestava anche a persone diverse?
ANNACONDIA. A persone che non venivano trattate, frequentate.
PRESIDENTE. Non venivano frequentate da lei?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Ma erano di sua fiducia?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Parenti o conoscenti?
ANNACONDIA. Parenti, qualche conoscente pure.
PRESIDENTE. Il ristorante "Ai templari" e le aziende di ceramiche chi glieli gestiva?
ANNACONDIA. Nel ristorante c'era un gran bravo ragazzo, come direttore, una persona onesta, e me lo mandava avanti lui. Nell'azienda commerciale, l'Eurotop, avevo dei buoni procacciatori, dei ragionieri efficientissimi, ma la mandavo pure avanti io. Quell'esperienza... non chiamiamola esperienza, è stata più che altro un'impostazione di come doveva svolgere le proprie attività la nostra famiglia.
PRESIDENTE. Qual è stata l'impostazione: avere l'attività legale e quella illegale insieme?
ANNACONDIA. Le posso spiegare quello che voi chiamate riciclaggio. Tante persone parlano di riciclaggio di denaro, ma non ha senso parlare in quel modo e capire in quel modo. Una persona che possiede ad esempio un miliardo e lo vuole riciclare, ognuno pensa che apra una finanziaria, metta una testa di legno, ed investa il miliardo. Ma non fa altro, niente, perché aumenta il suo valore e non lo può dimostrare. Sotto l'esperienza del noto Michele Rizzi elaborammo una strategia da farmi rimanere a bocca aperta per come si doveva svolgere per come mi fu spiegato e per come iniziammo. Il business dell'imprenditoria lo stavamo prendendo in mano. Basti pensare, signor presidente, che per prima cosa bisogna mettere su una vera e propria finanziaria (lei dirà: questo lo so), bisogna mettere su un'immobiliare, bisogna mettere su un magazzino di import-export ed un altro magazzino per forniture edili: sanitari, ceramiche, cemento, ferro, porte, infissi, tutto, dalla A alla Z.
PRESIDENTE. Per l'edilizia.
ANNACONDIA. Per l'edilizia. Tutto il grande business poggia sull'edilizia.
PRESIDENTE. Questo comporta anche rapporti con i Comuni, con le amministrazioni comunali per licenze oppure no?
ANNACONDIA. Signor presidente, essere una persona in vista, un capo... il capo non è che fa il capo giusto perché lui è il capo. Deve fare il capo che deve avere la testa sul collo. Io, per dirle, avevo delle mie attività lecite, che avevo ben messo i piedi a terra ed avevo fondato un ristorante che frequentava solo l'élite. Se entrava qualche pregiudicato, mi entrava con una certa classe, un certo carisma. Là non poteva entrare un pregiudicato con i tatuaggi sul braccio o con le scarpe da ginnastica o con la tuta, non esisteva: quello là faceva l'entrata da una porta e poi usciva da un'altra porta, entrava con la testa ed usciva con i piedi.
PRESIDENTE. L'attività di ristorante rientrava in questo schema oppure è una cosa diversa?
ANNACONDIA. Il ristorante, signor presidente, era avere tutti i collegamenti e tutti gli agganci senza essere inquisito. Era il luogo ideale per potersi incontrare.
PRESIDENTE. In che anno ha messo su questo ristorante?
ANNACONDIA. Ho iniziato nel 1987. Era uno dei migliori, uno dei primi.
PRESIDENTE. Le vorrei chiedere di quali attività illecite lei si è occupato in particolare. Stupefacenti, armi...
ANNACONDIA. Stupefacenti ed armi.
PRESIDENTE. Si è mai occupato di esplosivi?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. Si è occupato anche di appalti?
ANNACONDIA. Sì.
PRESIDENTE. E di estorsioni?
ANNACONDIA. Le estorsioni le facevamo nei confronti di chi non voleva o non poteva soggiacere a noi. Costoro dovevano capire che, anche se noi non facevamo quel tipo di estorsione, avrebbero comunque dovuto ricambiare in un certo modo.
PRESIDENTE. Lei ha affermato che la vostra attività in questo settore dipendeva dai diversi tipi di estorsione.
ANNACONDIA. A Trani estorsioni non se ne dovevano fare.
PRESIDENTE. Perché a Trani, a differenza di quanto accadeva nei paesi vicini, non venivano effettuate estorsioni?
ANNACONDIA. Perché Trani era il centro di tutte le operazioni.
PRESIDENTE. E quindi bisognava stare tranquilli.
ANNACONDIA. Sì, bisognava stare tranquilli.
PRESIDENTE. Non effettuavate nemmeno rapine?
ANNACONDIA. Qualcuna. Si faceva fare qualche rapina ad orefici da qualche amico di fuori che aveva bisogno. Ma più di questo, no.
PRESIDENTE. Che rapporto passa tra le estorsioni ed il controllo del territorio?
ANNACONDIA. Il controllo del territorio è la forza numero uno dell'eroina. Se uno non ha il controllo dell'eroina, non ha il controllo del territorio. Se qualcuno si illude di aver raggiunto l'apice e allora, per nascondersi alle forze dell'ordine e per sottrarsi alle indagini, decide di togliersi dal mercato dell'eroina, muore, proprio perché perde il controllo del territorio, che passa ad un'altra persona. Si tratta di una situazione obbligata perché i drogati che vivono nei paesi hanno bisogno della droga e quindi ci dev'essere qualcuno che la deve rifornire. Ripeto: quando una persona si illude di aver raggiunto l'apice, in quel momento si sta già condannando da sola... Ormai, avendo il controllo dell'eroina, hai il controllo di tutti i pregiudicati del posto, non hai più persone che ti possano ostacolare, puoi fare tutto quello che vuoi perché ormai non hai più avversari; tutti quelli che c'erano li hai comprati, senza che loro se ne sono accorti.
PRESIDENTE. Perché li hai fatti passare dalla tua parte.
ANNACONDIA. Esatto, perché sono cani sciolti. Una volta che sono passati dalla tua parte, li riconosci come tuoi ragazzi. Bisogna battezzarli poi e tu sei il loro padrino. Loro oramai conoscono il vero papà, perché gli dà da mangiare, li protegge. Loro si sentono forti; vengono arrestati e dicono: appartengo a Salvatore Annacondia. Adesso la gente che sente questo nome, Madonna quante parolacce mi dice! Allora si sentivano protetti e forti perché andavano nel carcere di Milano e venivano rispettati perché erano miei ragazzi. Ecco cos'è il controllo, presidente. Per prendere il controllo, bisogna far funzionare la testa, perché non si possono prendere subito le estorsioni, che sono già controllate da chi ha il controllo dell'eroina. Quando mi è venuta la proposta di lasciare l'eroina, perché potevamo guadagnare di più con la cocaina e con l'hascish, ho detto solo due parole: compari, questo non lo posso fare perché, il giorno che lascio l'eroina, sono una persona morta, perché devo affidare ad un'altra persona questo mercato; anche se questo è un grande amico mio, anche se è un mio figlioccio, una volta che io gli passo in mano il mercato dell'eroina, questo dice: chi mi dice che Salvatore domani non mi ammazza? Di conseguenza tutte queste persone che gravitavano nella mia organizzazione passano sotto il suo controllo ed io sono una persona morta, anche se ho il controllo dell'hascish e della cocaina, perché quello della cocaina è un mercato più classico, più riservato, più stretto.
PRESIDENTE. Perché lei ha deciso di collaborare?
ANNACONDIA. Perché ho deciso di collaborare è una bella domanda. Signor presidente, ho visto tante cose sporche nella vita.
PRESIDENTE. Ci siamo resi conto. Un pò le ha anche fatte.
ANNACONDIA. Ne ho fatte assai. Mi trovavo nel carcere di Foggia, durante un colloquio con mia moglie, uno degli ultimi in quel carcere, mia moglie alla fine disse: Salvatore, per colpa tua sta morendo tuo figlio. Signor presidente, ho un bambino di sette anni; non si capiva perché questo bambino dimagriva. Quando seppi questa cosa dissi: che cosa è successo? Tuo figlio ha preso un deperimento organico per mancanza di affetto paterno. Signor presidente, io dovevo uscire quanto prima, però c'era bisogno di mesi. Alla fine del colloquio - mia moglie stava andando via - chiamo uno dei miei fratelli e dico di mandarmi un certo carabiniere che io sapevo essere una persona corretta in tutto e per tutto, una persona che ha perso dieci anni di vita sua dietro a me. Meglio di lui non potevo, per mandare il messaggio, perché non potevo segnarmi a modello 13 e chiamare il magistrato, per l'importanza che avevo: era una brutta cosa. Torno in sezione, viene a colloquio l'avvocato. Dopo aver parlato con l'avvocato gli dico: avvocato, mi voglio pentire. L'avvocato rimase e disse soltanto: può essere un'ottima idea.
PRESIDENTE. Quando viene sua moglie?
ANNACONDIA. Nel luglio 1992, prima che erano successe le leggi in vigore. Io non ho collaborato per sconti di pena, perché c'erano queste agevolazioni sui pentiti. Io, signor presidente, ho lanciato il mio messaggio a luglio. Io volevo collaborare in modo tranquillo e sereno. Ho sempre detto di lasciarmi in tranquillità perché solo così si può andare avanti.
PRESIDENTE. In quali regioni d'Italia lei ha operato?
ANNACONDIA. Puglia, Campania, Lombardia, un pò di Piemonte, Genova, Roma, Calabria, Sicilia. Signor presidente, la mia presenza era...
PRESIDENTE. Abbastanza diffusa!
ANNACONDIA. Sì.