Save Trani, madre deceduta senza rivedere il figlio: "Racconteremo di te come un supereroe"
La testimonianza dal centro antiviolenza della città a cui la giovane si era rivolta
sabato 11 marzo 2023
15.31
Un po' alla volta la notizia della morte della giovane mamma che non è riuscita più a incontrare suo figlio da più di un anno nonostante le disposizioni del giudice si sta spargendo ovunque, e le testimonianze si vanno aggiungendo le une alle altre piene di commozione e di dolore. Su tutte quelle del gruppo di volontarie del centro antiviolenza Save di Trani, al quale la signora si rivolse a seguito delle violenze subite dall'ex marito, un medico di Trani.
La testimonianza colpisce ovviamente non solo per l'epilogo terribile che la vicenda porta con sé, ma anche che cosa significa per una donna subire in silenzio, angherie, violenze nell'anima oltre che nel corpo, che creano ferite e lividi magari non visibili e per questo non considerati tali dalla giustizia. Una giustizia della quale ci stupiscono sempre più spesso troppe inadempienze, troppe inadeguatezze, troppa lentezza, nonostante riforme che vogliono presentarsi come innovative e parametro di garanzia di tutela per i cittadini. Quello che rimane oggi è semplicemente una mamma che per 14 mesi non ha visto il figlioletto per il quale diceva "ce la faccio, ce la devo fare perchè voglio rivedere mio figlio piccolo. Lui ha bisogno della sua mamma" e non ha potuto riabbracciarlo prima di morire. Ci sforziamo di trovare parole ma sono troppo piccole nonostante siano dense di dolore ed emozione come quelle che pubblichiamo integralmente nella pagina Facebook del centro Save, costantemente al fianco di tutte, tente donne che chiedono aiuto.
Cara L. Quando ti abbiamo vista arrivare eri così misurata nel tuo dolore, timorosa nel chiedere aiuto. Ci hai raccontato delle ingiustizie che subivi in casa, della tua sofferenza, di come la nascondevi per sembrare una mamma forte per i tuoi figli. Pian piano ti sei affidata, hai cominciato a lottare per uscirne, hai cominciato a credere che la vita ti avrebbe dovuto restituire qualcosa di bello. Una volta, cara L., hai portato delle piantine colorate, simbolo di lotta e rinascita, un quadretto dipinto a mano da tua figlia e tanti sorrisi che finalmente cominciavano a sbocciare. Sei dovuta andare lontano perché avevi scoperto un brutto male e nonostante tutto i tuoi messaggi erano di speranza. Dicevi "ce la faccio, ce la devo fare perchè voglio rivedere mio figlio piccolo. Lui ha bisogno della sua mamma". Il tuo ultimo messaggio è stato per tutte le donne che vivono ingabbiate nella violenza, affinché loro possano trovare il modo di sentirsi finalmente libere. Bella tu, la vita non ti ha restituito il tempo perduto, ma a noi hai lasciato un esempio di dignità, forza, dolcezza infinita. Conserveremo un posto speciale per te, ti racconteremo come si raccontano ai bambini e alle bambine le imprese dei supereroi."
La testimonianza colpisce ovviamente non solo per l'epilogo terribile che la vicenda porta con sé, ma anche che cosa significa per una donna subire in silenzio, angherie, violenze nell'anima oltre che nel corpo, che creano ferite e lividi magari non visibili e per questo non considerati tali dalla giustizia. Una giustizia della quale ci stupiscono sempre più spesso troppe inadempienze, troppe inadeguatezze, troppa lentezza, nonostante riforme che vogliono presentarsi come innovative e parametro di garanzia di tutela per i cittadini. Quello che rimane oggi è semplicemente una mamma che per 14 mesi non ha visto il figlioletto per il quale diceva "ce la faccio, ce la devo fare perchè voglio rivedere mio figlio piccolo. Lui ha bisogno della sua mamma" e non ha potuto riabbracciarlo prima di morire. Ci sforziamo di trovare parole ma sono troppo piccole nonostante siano dense di dolore ed emozione come quelle che pubblichiamo integralmente nella pagina Facebook del centro Save, costantemente al fianco di tutte, tente donne che chiedono aiuto.
Cara L. Quando ti abbiamo vista arrivare eri così misurata nel tuo dolore, timorosa nel chiedere aiuto. Ci hai raccontato delle ingiustizie che subivi in casa, della tua sofferenza, di come la nascondevi per sembrare una mamma forte per i tuoi figli. Pian piano ti sei affidata, hai cominciato a lottare per uscirne, hai cominciato a credere che la vita ti avrebbe dovuto restituire qualcosa di bello. Una volta, cara L., hai portato delle piantine colorate, simbolo di lotta e rinascita, un quadretto dipinto a mano da tua figlia e tanti sorrisi che finalmente cominciavano a sbocciare. Sei dovuta andare lontano perché avevi scoperto un brutto male e nonostante tutto i tuoi messaggi erano di speranza. Dicevi "ce la faccio, ce la devo fare perchè voglio rivedere mio figlio piccolo. Lui ha bisogno della sua mamma". Il tuo ultimo messaggio è stato per tutte le donne che vivono ingabbiate nella violenza, affinché loro possano trovare il modo di sentirsi finalmente libere. Bella tu, la vita non ti ha restituito il tempo perduto, ma a noi hai lasciato un esempio di dignità, forza, dolcezza infinita. Conserveremo un posto speciale per te, ti racconteremo come si raccontano ai bambini e alle bambine le imprese dei supereroi."