Sette ore per cambiare il suo modo di essere un'infermieriera: il racconto di Roberta
L'infermiera tranese per una volta nei panni della paziente lancia un messaggio di umanità
sabato 7 dicembre 2019
Capacità di porsi nella situazione di un'altra persona o, più esattamente, di comprendere immediatamente i processi psichici dell'altro. L'Enciclopedia Treccani definisce così la parola empatia ma forse a chiarire ancora meglio il suo significato è una giovane infermiera di Trani di nome Roberta. Con il suo racconto su Nurse24.it, è riuscita a lanciare un forte messaggio di solidarietà e umanità e a spiegare quanto sia difficile a volte, ma molto importante, provare a mettersi nei panni degli altri. Nel suo caso, nei panni dei pazienti. Il suo racconto parte da un incidente.
Lo scorso mese di maggio, la gomitata accidentale di una sua paziente le aveva provocato una lieve tumefazione dello zigomo facciale sinistro. La successiva TAC aveva svelato qualcosa in più: una massa di 9 centimetri fronto-parietale nell'emisfero cerebrale destro. È stato questo il punto di partenza del viaggio della giovane infermiera che l'ha condotta in un istituto milanese all'avanguardia. Mi dicono che la situazione è abbastanza complessa. Si passa subito all'anamnesi, ricovero, colloqui con anestesisti e neurochirurghi e infine sala operatoria. Come scrive lei stessa, quello che doveva essere un intervento di "sole" tre ore si è trasformato in un incubo di sette con emorragia cerebrale.
È salva per poco, racconta, ma in rianimazione per fortuna ad attenderla non sono stati solo i tubi ma anche il conforto degli infermieri. È stata la frase di un dottore poi, a farle capire quanto importante fosse l'empatia nel suo lavoro: "Ho visto che cercavi conforto negli occhi dei tuoi colleghi, ora quando tornerai al tuo lavoro, sii tu conforto per gli altri." Da quella notte Roberta non è stata più la stessa e ha cambiato il modo di vivere la sua professione.
Ha imparato a non riversare la sua frustrazione nei pazienti, a non trattarli tutti nello stesso modo e ad essere il conforto che silenziosamente ognuno di loro cerca negli infermieri o nei dottori. Chissà, se tutti la pensassero come Roberta forse le strutture sanitarie sarebbero posti migliori. Empatia è molto più di una parola.
Lo scorso mese di maggio, la gomitata accidentale di una sua paziente le aveva provocato una lieve tumefazione dello zigomo facciale sinistro. La successiva TAC aveva svelato qualcosa in più: una massa di 9 centimetri fronto-parietale nell'emisfero cerebrale destro. È stato questo il punto di partenza del viaggio della giovane infermiera che l'ha condotta in un istituto milanese all'avanguardia. Mi dicono che la situazione è abbastanza complessa. Si passa subito all'anamnesi, ricovero, colloqui con anestesisti e neurochirurghi e infine sala operatoria. Come scrive lei stessa, quello che doveva essere un intervento di "sole" tre ore si è trasformato in un incubo di sette con emorragia cerebrale.
È salva per poco, racconta, ma in rianimazione per fortuna ad attenderla non sono stati solo i tubi ma anche il conforto degli infermieri. È stata la frase di un dottore poi, a farle capire quanto importante fosse l'empatia nel suo lavoro: "Ho visto che cercavi conforto negli occhi dei tuoi colleghi, ora quando tornerai al tuo lavoro, sii tu conforto per gli altri." Da quella notte Roberta non è stata più la stessa e ha cambiato il modo di vivere la sua professione.
Ha imparato a non riversare la sua frustrazione nei pazienti, a non trattarli tutti nello stesso modo e ad essere il conforto che silenziosamente ognuno di loro cerca negli infermieri o nei dottori. Chissà, se tutti la pensassero come Roberta forse le strutture sanitarie sarebbero posti migliori. Empatia è molto più di una parola.