Stop alla pubblicità di giochi a denaro: cosa resta del decreto dignità?

Le decisioni potrebbero favorire involontariamente gli operatori illegali

lunedì 9 marzo 2020 15.11
È trascorso all'incirca un anno e mezzo dall'approvazione del Decreto dignità, da parte dell'ormai ex governo gialloverde. Qual è la situazione a questa distanza di tempo? Si può parlare di risultati positivi nel complesso anche se per una valutazione più corretta e completa bisognerebbe ancora attendere, in modo da avere in analisi un periodo più lungo e quindi significativo.

Il decreto legge fu il primo firmato da Di Maio, e venne approvato il 2 luglio del 2018 per poi trovare la propria impostazione definitiva poco più di un mese dopo, in data 11 agosto. L'elemento fondamentale sul quale era basato, e sul quale tutti si concentrarono, era il tentativo di combattere l'alto tasso di precarietà. Ma il decreto era composto in realtà di quattro punti ben differenti tra loro, ed è corretto quindi prendere in analisi anche gli altri tre.

DECRETO DIGNITÀ: CHE COSA PREVEDEVA

I quattro concetti fondanti del decreto ricoprivano tutti una grandissima importanza, e si possono riassumere in questo modo:
  1. Semplificazioni fiscali
  2. Disincentivazione alla delocalizzazione
  3. Lotta alla precarietà con la modifica del Jobs Act
  4. Stop alla pubblicità dei giochi che prevedono premi in denaro
È quindi chiaro come combattere il precariato fosse sì una priorità, ma circondata da altre tematiche di forte attualità ai tempi, per le quali erano parimenti necessarie alcune riforme. Per entrare nello specifico, un altro fenomeno negativo che si voleva estirpare o comunque ridurre sensibilmente era quello della ludopatia. E infatti, la premessa di apertura del punto 4 citava: "Ritenuta la straordinaria necessità ed urgenza di introdurre strumenti volti a consentire un efficace contrasto alla ludopatia".

Quali misure vennero prese nella pratica? In primo luogo era vietata qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi o scommesse con vincite di denaro, promulgate sotto qualsiasi forma e tramite ogni tipo di mezzo: non sarebbe stato possibile quindi trovare pubblicità online, o su altri canali di comunicazione, nemmeno per siti protetti come Casinoonlineprova.com, nonostante questi offrano sicurezza per quanto riguarda i dati personali.

Il decreto voleva dare un messaggio forte, e quindi prevedeva che ogni tipo di gioco a denaro non dovesse essere più pubblicizzato. Pena, una sanzione decisamente salata: una multa pari ad un importo minimo di 50.000€ per ogni singola violazione al nuovo regolamento. Tale multa sarebbe stata commutata dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, tramite la legge 24 novembre 1981, n. 689, ed i proventi devoluti al Ministero della Salute per essere destinati proprio ad un fondo per il contrasto al gioco d'azzardo patologico.

Le uniche eccezioni alle nuove restrizioni elencate, erano rappresentate dai contratti di pubblicità che erano già in corso di esecuzione quando il decreto legge venne approvato, e che dunque dovevano continuare a fare riferimento alla normativa precedente il 2 luglio 2018.

MA QUAL È LA SITUAZIONE ODIERNA?

Per descrivere la situazione utopistica a cui il decreto voleva tendere, abbiamo utilizzato il condizionale. Perché la realtà dei fatti non ha rispettato le aspettative. Anzi, è insorto più di un problema. Come sottolineato anche in due articoli stilati dall'AGCOM infatti, la nuova legge presentava parecchie lacune, in più punti era stata scritta male e, elemento più importante, andava in contrasto con altre leggi precedenti in più punti. Tutto questo rendeva, e rende, il decreto dignità inefficace.

In particolare, secondo l'AGCOM, negli anni precedenti la legislazione in materia di gioco d'azzardo era andata a contrastare in particolare le forme di gioco illegale, mentre il nuovo decreto colpiva tutto il gioco in maniera generica, e questo causava come anticipato il rischio di rendere più difficile per il consumatore la distinzione tra offerta di gioco legale e illegale.

Inoltre, il decreto colpirebbe con più forza alcuni mezzi rispetto ad altri, con il conseguente danneggiamento di concessionari italiani e favorendo involontariamente gli operatori illegali, in particolar modo online. In sostanza, si tratta di un decreto che non ha avuto l'efficacia sperata nel momento in cui era stato redatto, e che non è riuscito a contrastare realmente la pubblicità del gioco illecito.