Termovalorizzatori, interviene Amet Trani

Mangione: «Anche il centrosinistra ha capito l’errore di Vendola»

venerdì 21 settembre 2007
"Finalmente anche nel centrosinistra comincia a venire a galla la necessità di bruciare i rifiuti per chiudere il ciclo ed uscire dall'emergenza: noi lo diciamo da anni, ma pur di non ammettere l'errore di aver bloccato un progetto all'avanguardia come il nostro il governo regionale ha deciso di percorrere strade più tortuose e, forse, anche più rischiose. Ed oggi sono le stesse istituzioni governate dal centrosinistra ad ammetterlo". Il presidente dell'Amet di Trani Alfonso Mangione fa riferimento alla recente lettera aperta del presidente della Provincia di Lecce, il senatore Ds Giovanni Pellegrino, il quale ha chiesto la realizzazione di un termovalorizzatore per il Salento ed ha dichiarato testualmente che "il piano di Vendola ha lasciato irrisolto questo punto, che è fondamentale per il completamento del ciclo".
Amet, società pubblica del Comune di Trani, è socia di maggioranza della Rea Trani, aggiudicataria del bando per la realizzazione di un termovalorizzatore a Trani, aggiudicazione revocata dal commissario Vendola a "salvaguardia dell'interesse pubblico". Una decisione che alla Regione è costata un risarcimento danni di 300.000 euro alla Rea Trani (indennizzo stabilito dalla prima sezione del Tar del Lazio a copertura delle sole spese effettivamente sostenuto per la partecipazione alla gara), un risarcimento di 1.400.000 euro alla Noy Vallesina (per la progettazione dell'impianto), "e prossimamente un risarcimento anche all'Amet", sostiene Mangione, "non ancora quantificato". "Tutto questo a quale fine?", si chiede il presidente della Spa del Comune di Trani. "Tutti, dal capo della Protezione Civile Guido Bertolaso alla Legambiente del Lazio, passando – ora – dal presidente della Provincia di Lecce, confermano che l'unica strada per uscire dall'emergenza è la realizzazione di impianti di termovalorizzazione dei rifiuti, proprio come quello da noi progettato per Trani. Una strada che non preclude la raccolta differenziata, anzi la incentiva, e che va a chiudere il ciclo dei rifiuti, peraltro recuperando una grandissima quantità di energia da una fonte rinnovabile. La Regione, invece, che ha fatto? L'assessore di Rifondazione Comunista Michele Losappio annuncia che il Cdr sarà bruciato nelle cementerie e nelle centrali elettriche. L'assessore forse non sa che la Commissione Europea ha deferito l'Italia alla Corte di Giustizia Ue proprio perché grazie alla legge italiana i rifiuti urbani usati come combustibili nei forni per cemento o nelle centrali elettriche sfuggono alle disposizioni delle normative comunitarie che disciplinano i rifiuti e il loro incenerimento e, dunque, ne risulta un rischio potenziale per l'ambiente e per la salute umana". "Il piano dei rifiuti varato dal governo Vendola", aggiunge Mangione, "piuttosto di trovare soluzioni all'incenerimento in sicurezza del Cdr che già viene prodotto sul territorio regionale, prevede l'apertura di nuovi impianti di produzione di questo materiale, che, inevitabilmente, verrà poi bruciato in quegli impianti che secondo l'Ue sfuggono alle disposizioni delle normative comunitarie in materia di incenerimento. Il Cdr è anacronistico, ma ciononostante la Regione Puglia ha deciso di puntare tutto su questo materiale, di fatto generando un potenziale pericolo per i cittadini: è l'Unione Europea ad affermarlo. Ha deciso invece di rinunciare a un moderno e tecnologicamente avanzato impianto di termovalorizzazione, quello da noi progettato, dove peraltro, come da progetto approvato, si sarebbe potuto bruciare anche il Cdr già prodotto in Puglia, senza rischi per l'ambiente e per la salute pubblica e con la possibilità di produrre energia. Questo significa voler tutelare l'ambiente, non certo avallando operazioni a rischio, che hanno costretto l'Unione Europea persino a deferire l'Italia alla Corte di Giustizia Europea, e che peraltro non consentono alla Regione Puglia di uscire dall'emergenza in cui si trova ormai da oltre un decennio, proprio come affermato anche da Bertolaso".
A proposito, infine, di quanto affermato da Losappio sul termovalorizzatore progettato dalla Rea Trani ("li abbiamo bloccati perché erano enormi e, in quanto tali, destinati ad accogliere rifiuti da ogni parte d'Italia"), il presidente di Amet risponde che "l'assessore dimostra di non aver letto il progetto". "La verità", aggiunge, "è che abbiamo progettato un impianto col livello di emissioni più basso d'Europa e che avrebbe risolto in modo serio il problema rifiuti nel nostro bacino. Il termovalorizzatore avrebbe permesso ai cittadini di Trani di pagare meno lo smaltimento dei rifiuti e anche l'energia elettrica, per non parlare del riscaldamento. Revocare l'aggiudicazione alla Rea Trani significa infatti impedire ai tranesi di sfruttare l'occasione di distribuire anche acqua calda (circa 105°C) da utilizzare d'inverno per il riscaldamento, in sostituzione del metano o di vari oli di origine fossile (sarebbe stata l'occasione per sostituire centinaia di piccole caldaie funzionanti senza controlli sulle emissioni). Infatti con il teleriscaldamento si ottiene sia il caldo che il freddo (frigoriferi ad assorbimento), ulteriore notevole possibilità da sfruttare, ad esempio, negli ospedali o nell'agricoltura, per conservare meglio i prodotti da esportare sui mercati nazionali e internazionali, per non parlare dei condizionatori, il cui utilizzo, in estate, richiede notevoli quantità di corrente elettrica. La revoca dell'aggiudicazione equivale a un notevole danno per le tasche dei cittadini di Trani".

"La Regione ha commesso un grande errore", conclude Mangione, che si chiede inoltre che fine abbiano fatto i 5 milioni di euro dei Por a sostegno del finanziamento del progetto. "Forse si fa ancora in tempo a recuperare: noi siamo disposti a riprendere il dialogo, ma solo se dall'altra parte riscontreremo posizioni non preconcette".