Trani, cinque arresti per usura e riciclaggio. Sequestri per 3mln di euro.
Operazione "black tie" della Guardia di Finanza
martedì 30 giugno 2009
Militari del comando provinciale Guardia di Finanza di Bari, al termine di lunghi e complessi accertamenti, disposti dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani, hanno eseguito questa mattina 5 ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettanti soggetti, quattro dei quali componenti un unico nucleo familiare (Di Noia), e sequestrato beni per un valore complessivo di circa tre milioni di euro, emessi dal G.I.P. del Tribunale di Trani dott. Roberto Oliveri del Castillo, su richiesta del sostituto procuratore dott. Giuseppe Garalfa.
Gli accertamenti effettuati sono stati avviati nel corso del 2008 in seguito a dichiarazioni rese da alcuni imprenditori finiti sotto usura. Le indagini sono state subito indirizzate nei confronti di insospettabili imprenditori tranesi, quattro dei quali appartenenti allo stesso nucleo familiare ed il quinto, un cittadino di origini albanese già noto alle forze dell'ordine.
Gli investigatori, supportati anche da accurate indagini tecniche ed accertamenti bancari, hanno raccolto elementi che hanno permesso di evidenziare un nuovo meccanismo di occultamento del reato di usura. In particolare, attraverso le imprese operanti nel settore della produzione di materiale lapideo di proprietà del nucleo familiare, veniva prodotta documentazione atta a far figurare rapporti commerciali (fatture, cambiali e tagliandi di pesa), che in realtà tali non erano, tra le citate società "usuraie" e quelle riconducibili agli imprenditori usurati. Il tasso di interesse annuale raggiungeva, in alcuni casi, anche il 140%.
Quando gli imprenditori usurati non riuscivano ad onorare il debito, si vedevano costretti a fornire materiale lapideo e di rivestimento, per un importo superiore a quello ricevuto in prestito o ad emettere fatture per operazioni inesistenti che le società riconducibili agli usurai si portavano in contabilità al fine di abbattere il reddito imponibile. Per occultare il reato, le fatture erano saldate con assegni e/o bonifici bancari a favore delle società degli usurati che contestualmente prelevavano i medesimi importi che rientravano nella disponibilità degli usurai. Le dichiarazioni fornite dalle vittime usurate, concordanti sotto il profilo della rilevanza penale delle condotte dei soggetti chiamati in causa, ha consentito alla Guardia di Finanza, in virtù delle sue specifiche competenze investigative, di verificare la posizione economica dei vari soggetti coinvolti nell'attività usuraria e formulare precise ipotesi in relazione alle ingenti disponibilità finanziarie e acquisizioni immobiliari illecitamente accumulate dagli arrestati. Sin dalle prime fasi dell'indagine sono apparsi inadeguati i redditi dichiarati dagli indagati rispetto al patrimonio a loro riferibile e tali elementi, unitamente ad altri, sono stati utilizzati come elemento univoco per identificarli quali profitti dell'attività di usura e sottoporli a sequestro preventivo.
Il patrimonio in questione è composto da sette fondi rustici, quattro immobili adibiti ad autorimessa, un appartamento, una lussuosa villa, due libretti nominativi riportanti un saldo complessivo pari a 311mila euro, il contenuto di una cassetta di sicurezza costituito da banconote contanti di 95mila euro, un libretto di deposito a risparmio nominativo, un rapporto di conto corrente con saldo attivo di 74mila euro, quote societarie per 10mila euro, il tutto per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro. L'odierno risultato è da considerare di assoluto rilievo in quanto come già evidenziato sono state sequestrate anche disponibilità liquide, per un importo di circa 500 mila euro, che difficilmente riescono ad essere individuate e cautelate.
Gli accertamenti effettuati sono stati avviati nel corso del 2008 in seguito a dichiarazioni rese da alcuni imprenditori finiti sotto usura. Le indagini sono state subito indirizzate nei confronti di insospettabili imprenditori tranesi, quattro dei quali appartenenti allo stesso nucleo familiare ed il quinto, un cittadino di origini albanese già noto alle forze dell'ordine.
Gli investigatori, supportati anche da accurate indagini tecniche ed accertamenti bancari, hanno raccolto elementi che hanno permesso di evidenziare un nuovo meccanismo di occultamento del reato di usura. In particolare, attraverso le imprese operanti nel settore della produzione di materiale lapideo di proprietà del nucleo familiare, veniva prodotta documentazione atta a far figurare rapporti commerciali (fatture, cambiali e tagliandi di pesa), che in realtà tali non erano, tra le citate società "usuraie" e quelle riconducibili agli imprenditori usurati. Il tasso di interesse annuale raggiungeva, in alcuni casi, anche il 140%.
Quando gli imprenditori usurati non riuscivano ad onorare il debito, si vedevano costretti a fornire materiale lapideo e di rivestimento, per un importo superiore a quello ricevuto in prestito o ad emettere fatture per operazioni inesistenti che le società riconducibili agli usurai si portavano in contabilità al fine di abbattere il reddito imponibile. Per occultare il reato, le fatture erano saldate con assegni e/o bonifici bancari a favore delle società degli usurati che contestualmente prelevavano i medesimi importi che rientravano nella disponibilità degli usurai. Le dichiarazioni fornite dalle vittime usurate, concordanti sotto il profilo della rilevanza penale delle condotte dei soggetti chiamati in causa, ha consentito alla Guardia di Finanza, in virtù delle sue specifiche competenze investigative, di verificare la posizione economica dei vari soggetti coinvolti nell'attività usuraria e formulare precise ipotesi in relazione alle ingenti disponibilità finanziarie e acquisizioni immobiliari illecitamente accumulate dagli arrestati. Sin dalle prime fasi dell'indagine sono apparsi inadeguati i redditi dichiarati dagli indagati rispetto al patrimonio a loro riferibile e tali elementi, unitamente ad altri, sono stati utilizzati come elemento univoco per identificarli quali profitti dell'attività di usura e sottoporli a sequestro preventivo.
Il patrimonio in questione è composto da sette fondi rustici, quattro immobili adibiti ad autorimessa, un appartamento, una lussuosa villa, due libretti nominativi riportanti un saldo complessivo pari a 311mila euro, il contenuto di una cassetta di sicurezza costituito da banconote contanti di 95mila euro, un libretto di deposito a risparmio nominativo, un rapporto di conto corrente con saldo attivo di 74mila euro, quote societarie per 10mila euro, il tutto per un valore complessivo di circa 3 milioni di euro. L'odierno risultato è da considerare di assoluto rilievo in quanto come già evidenziato sono state sequestrate anche disponibilità liquide, per un importo di circa 500 mila euro, che difficilmente riescono ad essere individuate e cautelate.