Trani ricorda l'eccidio di Kos, scoperta stele commemorativa all'esterno della caserma Lolli Ghetti
La cerimonia questa mattina alla presenza delle istituzioni civili e militari
giovedì 4 maggio 2023
13.38
Questa mattina, all'esterno della caserma Lolli Ghetti di Trani, con lo scoprimento di una stele commemorativa sono stati ricordati coloro che persero la vita nell'eccidio di Kos. Alla cerimonia hanno preso parte istituzioni civili e militari e alcune scolaresche.
Il 3 - 4 ottobre 1943 l'isola di Coo, oggi Kos, fu conquistata in 36 ore dalle truppe tedesche nonostante la sostenuta resistenza contrapposta dalle unità in difesa. La superiorità nemica in armamento, equipaggiamento ed esperienza - maturata nei Balcani e sul fronte orientale - era sostenuta da supremazia aerea; le linee difensive furono sgominate dagli Stukas in picchiata.
I prigionieri, ammassati nel castello di Kos, non vennero considerati prigionieri di guerra, ma traditori e per questo subirono malversazioni di ogni sorta. Gli ufficiali vennero raccolti a Vittorio Egeo, distante dalla città una dozzina di chilometri, sottoposti a interrogatorio e divisi in tre gruppi: quelli che decisero di collaborare, quelli che non avevano preso parte ai combattimenti attivi e, infine, coloro che avevano reagito all'attacco tedesco. Questi ultimi, in 103, avviati a gruppi in un vicino porto di imbarco, lungo il percorso, furono mitragliati e i loro corpi sotterrati in fosse comuni. Dopo un anno si riesumarono 66 corpi che, oggi, sono nel Sacrario di Bari. 37 corpi non furono mai cercati fino al 2015, allorché un gruppo di volontari, recatosi nell'isola, ritrovò una nona fossa comune dalla quale emersero molti reperti materiali e poche ossa umane.
Queste, esaminate all'Università di Trieste, appartenevano a due giovani di 26 anni che ora giacciono in un'urna di marmo di Trani, costruita nei suoi elementi a Locorotondo e trasportati a Kos dove è stata montata nel cimitero cattolico della città.
Il 3 - 4 ottobre 1943 l'isola di Coo, oggi Kos, fu conquistata in 36 ore dalle truppe tedesche nonostante la sostenuta resistenza contrapposta dalle unità in difesa. La superiorità nemica in armamento, equipaggiamento ed esperienza - maturata nei Balcani e sul fronte orientale - era sostenuta da supremazia aerea; le linee difensive furono sgominate dagli Stukas in picchiata.
I prigionieri, ammassati nel castello di Kos, non vennero considerati prigionieri di guerra, ma traditori e per questo subirono malversazioni di ogni sorta. Gli ufficiali vennero raccolti a Vittorio Egeo, distante dalla città una dozzina di chilometri, sottoposti a interrogatorio e divisi in tre gruppi: quelli che decisero di collaborare, quelli che non avevano preso parte ai combattimenti attivi e, infine, coloro che avevano reagito all'attacco tedesco. Questi ultimi, in 103, avviati a gruppi in un vicino porto di imbarco, lungo il percorso, furono mitragliati e i loro corpi sotterrati in fosse comuni. Dopo un anno si riesumarono 66 corpi che, oggi, sono nel Sacrario di Bari. 37 corpi non furono mai cercati fino al 2015, allorché un gruppo di volontari, recatosi nell'isola, ritrovò una nona fossa comune dalla quale emersero molti reperti materiali e poche ossa umane.
Queste, esaminate all'Università di Trieste, appartenevano a due giovani di 26 anni che ora giacciono in un'urna di marmo di Trani, costruita nei suoi elementi a Locorotondo e trasportati a Kos dove è stata montata nel cimitero cattolico della città.