Trani, si ammaina la bandiera del rilancio del bar 3 palme
In una determina si certifica il fallimento della gara per la locazione. Il Comune intendeva affittare la struttura per dieci anni
giovedì 29 settembre 2011
Il rudere del bar tre palme, in piazza della Repubblica, resterà così com'è per chissà quanto altro tempo, probabilmente fino ad un ipotetico intervento di risistemazione delle piazze centrali della città. Con una determina dirigenziale è stata definitivamente ammainata la bandiera della locazione della struttura per la quale l'amministrazione aveva inteso indire una gara a procedura aperta con aggiudicazione mediante il criterio dell'offerta più vantaggiosa.
Disco rosso, poiché in seguito all'espletamento della gara d'appalto, l'unica proposta pervenuta non è risultata corrispondente al capitolato di gara. Il Comune aveva chiesto al privato di accettare le condizioni previste dal bando ottenendo però un secco rifiuto.
Il Comune intendeva locare la struttura (ormai a pezzi) per dieci anni, con possibile rinnovo per altre sei. Il canone mensile minimo di locazione posto a base d'appalto, da corrispondere all'Ente (con cadenza bimestrale anticipata), era stato determinato in 2.093,43 euro, pari ad un canone annuo di 24.473,16 euro, importi ottenuti in base alla valutazione dell'immobile fatta dall'ufficio tecnico comunale.
I partecipanti alla gara erano tenuti a formulare offerte in aumento rispetto al canone mensile posto a base d'appalto, pena l'esclusione dalla gara. La corresponsione del canone mensile, comprensivo dell'aumento offerto in sede di gara, sarebbe poi avvenuta a decorrere dal giorno dell'ultimazione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile stabilito nel bando in un arco di tempo massimo di dodici mesi, decorrenti dalla data di consegna della struttura, salvo il minor termine proposto dal locatario in sede di gara.
L'unica offerta pervenuta, come dicevamo, prevedeva la realizzazione di un'attività di ristorazione ma il progetto contemplava degli interventi non previsti nel capitolato. Preso atto dell'impossibilità di giungere ad un accordo, il dirigente della terza ripartizione ha formalizzato la deserzione della gara, demandando a successivo provvedimento ogni ulteriore decisione sull'immobile.
Disco rosso, poiché in seguito all'espletamento della gara d'appalto, l'unica proposta pervenuta non è risultata corrispondente al capitolato di gara. Il Comune aveva chiesto al privato di accettare le condizioni previste dal bando ottenendo però un secco rifiuto.
Il Comune intendeva locare la struttura (ormai a pezzi) per dieci anni, con possibile rinnovo per altre sei. Il canone mensile minimo di locazione posto a base d'appalto, da corrispondere all'Ente (con cadenza bimestrale anticipata), era stato determinato in 2.093,43 euro, pari ad un canone annuo di 24.473,16 euro, importi ottenuti in base alla valutazione dell'immobile fatta dall'ufficio tecnico comunale.
I partecipanti alla gara erano tenuti a formulare offerte in aumento rispetto al canone mensile posto a base d'appalto, pena l'esclusione dalla gara. La corresponsione del canone mensile, comprensivo dell'aumento offerto in sede di gara, sarebbe poi avvenuta a decorrere dal giorno dell'ultimazione dei lavori di ristrutturazione dell'immobile stabilito nel bando in un arco di tempo massimo di dodici mesi, decorrenti dalla data di consegna della struttura, salvo il minor termine proposto dal locatario in sede di gara.
L'unica offerta pervenuta, come dicevamo, prevedeva la realizzazione di un'attività di ristorazione ma il progetto contemplava degli interventi non previsti nel capitolato. Preso atto dell'impossibilità di giungere ad un accordo, il dirigente della terza ripartizione ha formalizzato la deserzione della gara, demandando a successivo provvedimento ogni ulteriore decisione sull'immobile.