Tributo al Giappone ed a Yukio Mishima
Risorgere da una disgrazia, iniziativa del circolo Pdl Nuova Italia. Mishima è uno dei pochi autori giapponesi che hanno riscosso immediato successo all'estero
mercoledì 23 marzo 2011
Il circolo Pdl Nuova Italia ricorda Yukio Mishima, un tributo al Giappone messo in ginocchio dal terremoto. L'iniziativa si svolge martedì 29 marzo presso la sede del circolo, in corso Imbriani 162 (inizio ore 21).
Mishima è uno dei pochi autori giapponesi che hanno riscosso immediato successo all'estero. Alberto Moravia lo definì «nazionalista nostalgico, un conservatore decadente». Uno dei suoi ideali più forti fu il patriottismo, che ha ispirato anche numerosi personaggi delle sue opere, oltre al culto per l'Imperatore, non come personaggio storico o figura autoritaria ma come ideale astratto dell'essenza del Giappone tradizionale.
Morì suicida nel 1970, durante una occupazione simbolica del Ministero della Difesa. Mishima fu anche fondatore di una organizzazione paramilitare, di cui egli era capo e finanziatore, chiamata Tate no kai (Associazione degli scudi) che rifiutava in maniera netta ciò che egli definiva una sottomissione del Giappone, ossia il trattato di San Francisco del 1951 col quale il suo paese aveva rinunciato per sempre a possedere un esercito affidando la propria difesa agli Stati Uniti. Mishima insistette spesso sulla funzione non reale ma simbolica del suo esercito, composto solo da 100 giovani selezionati dallo scrittore stesso, inteso come esercito a salvaguardia dello spirito tradizionale giapponese e difensore dell'Imperatore.
Raimondo Lima, presidente del circolo, motiva l'iniziativa: «Esistono vari modi di affrontare il dolore e le tragedie. Ma nessuno al mondo sa farlo con la compostezza, la dignità ed il silenzioso orgoglio del popolo giapponese. Le scene del terremoto ci restituiscono le immagini di gente che rimane immobile, si accuccia, aspetta che la scossa finisca. Il tutto senza panico e senza urla. Poi tutti escono all'aperto ed immediatamente si mettono al lavoro per fare qualcosa. Non occorrono ordini, istruzioni, solleciti. Ognuno fa quello che può e collabora con i soccorsi. La gente piange dignitosamente e lo fa allontanandosi dagli altri, quasi a nascondere quelle lacrime che racchiudono familiari morti o dispersi, case distrutte, vite spezzate. L'acqua viene razionata e la gente si mette ordinatamente in coda, senza protestare e con infinita pazienza. Travolti dal dolore i giapponesi sono già lì, pronti alla ricostruzione, indomiti nel loro spirito, forgiato da una storia millenaria. E ci si accorge che nonostante l'annacquamento a cui l'era moderna li ha sottoposti, quello che risvegliò nel grande Yukio Mishima lo spirito del samurai, i giapponesi conservano una dignità che non si riesce a trovare in nessun altro luogo al mondo. Ce la farà questa gente. Lo si capisce dalla forza che, con pacato vigore, si evince da ogni loro azione. Seppelliranno i loro morti, li piangeranno in riservato silenzio e ricostruiranno tutto, meglio di prima. Non staranno al palo con le braccia conserte, attendendo che altri si muovano per loro. Se aiuti arriveranno li accetteranno e ringrazieranno educatamente. Se non sarà così faranno tutto da soli. Come sempre. Di fronte a questo grande popolo c'è solo da inchinarsi e prendere esempio».
Mishima è uno dei pochi autori giapponesi che hanno riscosso immediato successo all'estero. Alberto Moravia lo definì «nazionalista nostalgico, un conservatore decadente». Uno dei suoi ideali più forti fu il patriottismo, che ha ispirato anche numerosi personaggi delle sue opere, oltre al culto per l'Imperatore, non come personaggio storico o figura autoritaria ma come ideale astratto dell'essenza del Giappone tradizionale.
Morì suicida nel 1970, durante una occupazione simbolica del Ministero della Difesa. Mishima fu anche fondatore di una organizzazione paramilitare, di cui egli era capo e finanziatore, chiamata Tate no kai (Associazione degli scudi) che rifiutava in maniera netta ciò che egli definiva una sottomissione del Giappone, ossia il trattato di San Francisco del 1951 col quale il suo paese aveva rinunciato per sempre a possedere un esercito affidando la propria difesa agli Stati Uniti. Mishima insistette spesso sulla funzione non reale ma simbolica del suo esercito, composto solo da 100 giovani selezionati dallo scrittore stesso, inteso come esercito a salvaguardia dello spirito tradizionale giapponese e difensore dell'Imperatore.
Raimondo Lima, presidente del circolo, motiva l'iniziativa: «Esistono vari modi di affrontare il dolore e le tragedie. Ma nessuno al mondo sa farlo con la compostezza, la dignità ed il silenzioso orgoglio del popolo giapponese. Le scene del terremoto ci restituiscono le immagini di gente che rimane immobile, si accuccia, aspetta che la scossa finisca. Il tutto senza panico e senza urla. Poi tutti escono all'aperto ed immediatamente si mettono al lavoro per fare qualcosa. Non occorrono ordini, istruzioni, solleciti. Ognuno fa quello che può e collabora con i soccorsi. La gente piange dignitosamente e lo fa allontanandosi dagli altri, quasi a nascondere quelle lacrime che racchiudono familiari morti o dispersi, case distrutte, vite spezzate. L'acqua viene razionata e la gente si mette ordinatamente in coda, senza protestare e con infinita pazienza. Travolti dal dolore i giapponesi sono già lì, pronti alla ricostruzione, indomiti nel loro spirito, forgiato da una storia millenaria. E ci si accorge che nonostante l'annacquamento a cui l'era moderna li ha sottoposti, quello che risvegliò nel grande Yukio Mishima lo spirito del samurai, i giapponesi conservano una dignità che non si riesce a trovare in nessun altro luogo al mondo. Ce la farà questa gente. Lo si capisce dalla forza che, con pacato vigore, si evince da ogni loro azione. Seppelliranno i loro morti, li piangeranno in riservato silenzio e ricostruiranno tutto, meglio di prima. Non staranno al palo con le braccia conserte, attendendo che altri si muovano per loro. Se aiuti arriveranno li accetteranno e ringrazieranno educatamente. Se non sarà così faranno tutto da soli. Come sempre. Di fronte a questo grande popolo c'è solo da inchinarsi e prendere esempio».