Un po' di chiarezza su Sant'Antuono
Mario Schiralli (Pdci) ripercorre le tappe del luogo
mercoledì 6 maggio 2009
«Al pari dei suoi collaboratori, gli assessori D'Ambrosio (l'uomo della beauty farm), Precchiazzi (quello della rastrelliera accanto alla Cattedrale) e De Toma che non vede cosa ci sia di male a coniugare antico e moderno (soltanto che l'idea del parcheggio ai piedi della cattedrale non coniuga, ma occulta parte delle mura federiciane), anche il Sindaco è incorso in un clamoroso autogol!: in un suo intervento su traniweb, al quale è seguito un altro su Bari Sera, prima ha apostrofato con parole dure un "incauto" cronista che, partecipando all'incontro dei giorni scorsi tra amministratori e Arcivescovo aveva chiesto se la Chiesa di Sant'Antuono (sec.XII), ora ristorante, fosse o meno ancora consacrata, (Mons. Pichierri "politicamente" si è limitato a dire di aver messo al corrente il sindaco di "una verità legislativa", facendo intendere chiaramente che se violazioni di legge c'è stata, non è certo addebitabile alla Curia) e poi, a sostegno della validità della scelta dell'Amministrazione, autoreferenziandosi conoscitore della bibliografia storico-artistica tranese, ha citato quanto scritto da Benedetto Ronchi, a proposito di Sant'Antuono, a pag.129 di "Invito a Trani", (3^ ed.1980 e non anni '70 come gli pare di ricordare) : "…La Chiesa di S. Antonio Abate, oggi sconsacrata ed usata per depositi vari…" (tralasciamo ogni commento sull'altra citazione di Tarantini al "lamento" contenuto nella Guida di Trani del 1915, poiché la storia, a volte si… evolve!).
E qui, come si dice, casca l'asino, o meglio si verifica un clamoroso autogol o si dà la randellata come Tafazzi (quando si ricorre alle citazioni per farsi scudo di quello che si è fatto, occorre essere cauti, oltre che preparati). E' pur vero che Benedetto Ronchi nel 1980 aveva scritto ciò che il Sindaco ha ricordato, ma è altrettanto vero che l'esimio studioso, nell'edizione successiva di "Invito a Trani", datata 1988, ben otto anni dopo il riferimento citato dal Sindaco, sempre a proposito di Sant'Antuono scriveva testualmente: "La chiesa di Sant'Antonio Abate della quale i lavori di restauro in corso assicureranno il pieno recupero…".
E così fu. La chiesa, sindaco l'avv. Baldassarre, fu restaurata (il progetto è del 1988), recuperata integralmente e restituita alla fruizione non solo dei fedeli e dei tranesi, ma soprattutto dei turisti. La statua del Santo, commissionata a proprie spese dal costruttore Nicola Innino e donata alla confraternita, fu portata in solenne processione, con corredo di fuochi d'artificio e luminarie e tantissimi falò (i famosi fuochi legati ad un miracolo del Santo), nella Chiesa dove fu benedetta da Mons. Carata durante una messa celebrata dallo stesso prelato che individuò anche in mons. Antonio Pasquadibisceglie il rettore della chiesa, lo stesso che ancora oggi esprime tutta la sua indignazione per "lo scempio compiuto dall'Amministrazione che dovrebbe chiedere scusa alla comunità dei fedeli e a tutta la città".
Ma c'è di più: in occasione della festività del Santo, 17 gennaio, tutta Piazza Quercia fu recintata e Mons. Carata, per la prima volta dopo tanti anni, ripristinò la benedizione degli animali perché Sant'Antonio Abate è anche loro protettore. E nel 1990, il nuovo Vescovo, Mons. Cassati, celebrando la messa nella chiesa di Sant'Antuono, durante l'omelia ebbe parole di stupore e di meraviglia per la bellezza architettonica di quel tempio. E ancora: i fedeli, qualche anno dopo, avevano indetto una sottoscrizione per dotare la chiesa di un altare su progetto dell'arch. Franca Onesti, datato 7 gennaio 1993, progetto che non andò a buon fine anche per le tristissime vicende del 1994 (scioglimento del consiglio comunale durato ben 18 mesi).
Negli anni successivi la chiesa è stata utilizzata come contenitore culturale per varie manifestazioni e mostre, tra cui quella sulle Icone russe di un famoso collezionista romano e il progetto finanziato dal Ministero (non certo roba di poco conto) a favore dei ragazzi disagiati. In pratica l'abbandono di Sant'Antuono (di chi le responsabilità?), a memoria d'uomo, dovrebbe essere durata meno di 5-6 anni, durante i quali le varie amministrazioni sono rimaste sorde alle richieste dei fedeli. Sta di fatto, anche, cosa che nessuno degli attuali politici dice, ma la Curia tranese sì, che gli Ortodossi avevano espresso il desiderio di avere proprio la Chiesa di Sant'Antonio Abate, ma la risposta dell'Amministrazione fu negativa tant'è che fu concessa loro la chiesa di San Martino, anche questa, come Sant'Antuono, restaurata con i soldi dei contribuenti tranesi. E così in un sol colpo sono stati tolti alla pubblica fruizione due monumenti, senza considerare l'ex sinagoga di Santa Maria di Scola Nova.
E dire che nell'aprile 2006, un consigliere comunale di opposizione, oggi assessore, (Roberto Visibelli, ndr), si era opposto strenuamente alla concessione in uso come ristorante (il suo intervento, per chi avesse la memoria corta,è ancora presente sul web).
A parte la presenza della chiesa, pare costruita prima del 1131, tutta la zona circostante è densa di storia: nelle vicinanze nel l 1259 sbarcò Elena Comneno, regina d'Epiro, per sposare nel castello Manfredi, figlio di Federico II; nel 1478 il ricco mercante Simone Caccetta, del quale si ammira il sontuoso palazzo dall'altra parte del porto, fece costruire un Galleone, come riferisce una cronaca del tempo, costato 12.000 ducati, una somma enorme per quei tempi, che contava un equipaggio di 160 uomini e conteneva 450 botti di olio e, il 20 febbraio 1530, Giovanni Vitturri, governatore veneto di Trani, consegnò a Ferdinando de Alarçon, emissario di Carlo V, la città e l'artiglieria, come documentato in un atto del notaio De Fabritiis, lo stesso che trascrisse tutti i documenti di cui si compone il Libro Rosso di Trani. In altre città, Amministrazioni serie avrebbero valorizzato tutta la zone, mentre a Trani si cancella la storia per aprire ristoranti, per beauty farm e parcheggi.»
Mario Schiralli
E qui, come si dice, casca l'asino, o meglio si verifica un clamoroso autogol o si dà la randellata come Tafazzi (quando si ricorre alle citazioni per farsi scudo di quello che si è fatto, occorre essere cauti, oltre che preparati). E' pur vero che Benedetto Ronchi nel 1980 aveva scritto ciò che il Sindaco ha ricordato, ma è altrettanto vero che l'esimio studioso, nell'edizione successiva di "Invito a Trani", datata 1988, ben otto anni dopo il riferimento citato dal Sindaco, sempre a proposito di Sant'Antuono scriveva testualmente: "La chiesa di Sant'Antonio Abate della quale i lavori di restauro in corso assicureranno il pieno recupero…".
E così fu. La chiesa, sindaco l'avv. Baldassarre, fu restaurata (il progetto è del 1988), recuperata integralmente e restituita alla fruizione non solo dei fedeli e dei tranesi, ma soprattutto dei turisti. La statua del Santo, commissionata a proprie spese dal costruttore Nicola Innino e donata alla confraternita, fu portata in solenne processione, con corredo di fuochi d'artificio e luminarie e tantissimi falò (i famosi fuochi legati ad un miracolo del Santo), nella Chiesa dove fu benedetta da Mons. Carata durante una messa celebrata dallo stesso prelato che individuò anche in mons. Antonio Pasquadibisceglie il rettore della chiesa, lo stesso che ancora oggi esprime tutta la sua indignazione per "lo scempio compiuto dall'Amministrazione che dovrebbe chiedere scusa alla comunità dei fedeli e a tutta la città".
Ma c'è di più: in occasione della festività del Santo, 17 gennaio, tutta Piazza Quercia fu recintata e Mons. Carata, per la prima volta dopo tanti anni, ripristinò la benedizione degli animali perché Sant'Antonio Abate è anche loro protettore. E nel 1990, il nuovo Vescovo, Mons. Cassati, celebrando la messa nella chiesa di Sant'Antuono, durante l'omelia ebbe parole di stupore e di meraviglia per la bellezza architettonica di quel tempio. E ancora: i fedeli, qualche anno dopo, avevano indetto una sottoscrizione per dotare la chiesa di un altare su progetto dell'arch. Franca Onesti, datato 7 gennaio 1993, progetto che non andò a buon fine anche per le tristissime vicende del 1994 (scioglimento del consiglio comunale durato ben 18 mesi).
Negli anni successivi la chiesa è stata utilizzata come contenitore culturale per varie manifestazioni e mostre, tra cui quella sulle Icone russe di un famoso collezionista romano e il progetto finanziato dal Ministero (non certo roba di poco conto) a favore dei ragazzi disagiati. In pratica l'abbandono di Sant'Antuono (di chi le responsabilità?), a memoria d'uomo, dovrebbe essere durata meno di 5-6 anni, durante i quali le varie amministrazioni sono rimaste sorde alle richieste dei fedeli. Sta di fatto, anche, cosa che nessuno degli attuali politici dice, ma la Curia tranese sì, che gli Ortodossi avevano espresso il desiderio di avere proprio la Chiesa di Sant'Antonio Abate, ma la risposta dell'Amministrazione fu negativa tant'è che fu concessa loro la chiesa di San Martino, anche questa, come Sant'Antuono, restaurata con i soldi dei contribuenti tranesi. E così in un sol colpo sono stati tolti alla pubblica fruizione due monumenti, senza considerare l'ex sinagoga di Santa Maria di Scola Nova.
E dire che nell'aprile 2006, un consigliere comunale di opposizione, oggi assessore, (Roberto Visibelli, ndr), si era opposto strenuamente alla concessione in uso come ristorante (il suo intervento, per chi avesse la memoria corta,è ancora presente sul web).
A parte la presenza della chiesa, pare costruita prima del 1131, tutta la zona circostante è densa di storia: nelle vicinanze nel l 1259 sbarcò Elena Comneno, regina d'Epiro, per sposare nel castello Manfredi, figlio di Federico II; nel 1478 il ricco mercante Simone Caccetta, del quale si ammira il sontuoso palazzo dall'altra parte del porto, fece costruire un Galleone, come riferisce una cronaca del tempo, costato 12.000 ducati, una somma enorme per quei tempi, che contava un equipaggio di 160 uomini e conteneva 450 botti di olio e, il 20 febbraio 1530, Giovanni Vitturri, governatore veneto di Trani, consegnò a Ferdinando de Alarçon, emissario di Carlo V, la città e l'artiglieria, come documentato in un atto del notaio De Fabritiis, lo stesso che trascrisse tutti i documenti di cui si compone il Libro Rosso di Trani. In altre città, Amministrazioni serie avrebbero valorizzato tutta la zone, mentre a Trani si cancella la storia per aprire ristoranti, per beauty farm e parcheggi.»
Mario Schiralli