Migliorarsi sempre, arrendersi mai: Davide piccolo eroe
Dal basket tranese una bellissima lezione di integrazione
venerdì 25 marzo 2011
19.00
La scorsa settimana ha debuttato con la prima squadra della Fortitudo Trani (serie C regionale, la ex C2) mettendo a segno 4 punti contro la capolista Taranto. Mercoledì a Mola ha alzato per il secondo anno di fila la coppa provinciale under 17. Davide Fattizzo è il nostro eroe della settimana. Nato l'1 marzo del 1995, affetto da sindrome di down, il ragazzo, attraverso la pallacanestro, è riuscito a lanciare un messaggio che valica i confini dello sport: una bellissima lezione di integrazione e di emancipazione, scritta a Trani e rivolta a chi convive quotidianamente con i disagi della disabilità e chi, invece, preferisce far finta di nulla.
Davide Fattizzo è un eroe perché, nella sua vita, ha sempre affrontato le sfide, senza mai tirarsi indietro. Studia (è iscritto al secondo anno della scuola superiore Ipsia Bovio), scrive, legge, pratica sport da sette anni e non smette mai di migliorarsi. Attraverso il basket (passione ereditata dal papà Felice, dirigente della Fortitudo) ed attraverso l'esempio dei suoi due fratelli (anche loro appassionati di pallacanestro) Davide si è messo in discussione, accettando l'idea di confrontarsi in una realtà composta quasi esclusivamente da persone che non hanno problemi di disabilità. Lo ha fatto con una naturalezza disarmante, dimostrando che, con forza di volontà e passione, si possono superare anche sfide apparentemente impossibili.
I genitori sono fieri di lui. La mamma, Bianca, racconta le paure dei primi anni. «Davide, per me, è nato due volte, quando l'ho messo al mondo e quando ha cominciato ad acquistare autonomia. Ha saputo bruciare tutte le tappe e sono convinta che potrà ancora migliorare. L'unico limite è nel linguaggio. Ha iniziato a parlare all'età di 4 anni grazie all'aiuto di una logopedista di Bisceglie, adesso ha ancora delle difficoltà ma sono sicura che col tempo riuscirà a compiere ulteriori progressi».
Il papà lo segue con attenzione durante gli allenamenti. «Quando mi prospettarono l'idea di farlo debuttare con la prima squadra sono stato un po' titubante. Davide invece ha sorpreso anche me. Ha vissuto l'esordio con la sua immancabile spontaneità. Vederlo esultare dopo un canestro, sentire gli applausi del pubblico del palazzetto mi hanno riempito il cuore di gioia. La Fortitudo ci ha regalato un sogno, per questo mi sento di dover dire grazie a tutto lo staff ed in particolare alla vice presidente, Anna Sotis Amoruso».
Un ragazzo disabile perfettamente inserito in una squadra composta da giocatori senza alcun tipo di handicap. Trani è un esempio raro, rarissimo. «Al nord – spiega il papà di Davide – ci sono dei progetti che facilitano questo tipo di integrazione, da noi no. E' un peccato perché questo tipo di relazioni sono educative e formative sia per il diversamente abile che per i suoi compagni. Davide si è sempre sentito a disagio quando era inserito in gruppi con ragazzi con i suoi stessi problemi. Giocare con persone senza disabilità è uno stimolo in più. Il ragazzo si sente gratificato, partecipa con maggiore entusiasmo. Speriamo che altre realtà seguano l'esempio della Fortitudo».
Per i compagni di squadra, Davide è più di una semplice mascotte. Mimmo Amourso, il suo coach, spiega: «E' un ragazzo positivo, mette tutti di buon umore. Sul campo e negli allenamenti si applica con grande costanza. All'inizio per lui era difficile accettare il contatto fisico con gli avversari, adesso li affronta con senza paura. Nei fondamentali è migliorato in maniera significativa e sono convinto che possa ancora compiere dei progressi». Giacomo Marinaro, dirigente della Fortitudo, sottolinea come Davide, nella pallacanestro, abbia trovato una seconda famiglia: «Gli vogliamo bene e cerchiamo di aiutarlo nel suo percorso di crescita. Lui ci da tanto: incita i compagni, quando perdiamo è il primo a consolarli. Il suo sorriso e la sua allegria sono la vittoria più bella».
Davide posa con la coppa appena conquistata. L'ha requisita e non la perde mai d'occhio durante gli allenamenti. Corre da una parte all'altra del campo, si propone e tira: canestro. Ci racconta che un giorno vorrebbe giocare con la Roma basket e noi annuiamo. La sua favola è solo all'inizio.
Davide Fattizzo è un eroe perché, nella sua vita, ha sempre affrontato le sfide, senza mai tirarsi indietro. Studia (è iscritto al secondo anno della scuola superiore Ipsia Bovio), scrive, legge, pratica sport da sette anni e non smette mai di migliorarsi. Attraverso il basket (passione ereditata dal papà Felice, dirigente della Fortitudo) ed attraverso l'esempio dei suoi due fratelli (anche loro appassionati di pallacanestro) Davide si è messo in discussione, accettando l'idea di confrontarsi in una realtà composta quasi esclusivamente da persone che non hanno problemi di disabilità. Lo ha fatto con una naturalezza disarmante, dimostrando che, con forza di volontà e passione, si possono superare anche sfide apparentemente impossibili.
I genitori sono fieri di lui. La mamma, Bianca, racconta le paure dei primi anni. «Davide, per me, è nato due volte, quando l'ho messo al mondo e quando ha cominciato ad acquistare autonomia. Ha saputo bruciare tutte le tappe e sono convinta che potrà ancora migliorare. L'unico limite è nel linguaggio. Ha iniziato a parlare all'età di 4 anni grazie all'aiuto di una logopedista di Bisceglie, adesso ha ancora delle difficoltà ma sono sicura che col tempo riuscirà a compiere ulteriori progressi».
Il papà lo segue con attenzione durante gli allenamenti. «Quando mi prospettarono l'idea di farlo debuttare con la prima squadra sono stato un po' titubante. Davide invece ha sorpreso anche me. Ha vissuto l'esordio con la sua immancabile spontaneità. Vederlo esultare dopo un canestro, sentire gli applausi del pubblico del palazzetto mi hanno riempito il cuore di gioia. La Fortitudo ci ha regalato un sogno, per questo mi sento di dover dire grazie a tutto lo staff ed in particolare alla vice presidente, Anna Sotis Amoruso».
Un ragazzo disabile perfettamente inserito in una squadra composta da giocatori senza alcun tipo di handicap. Trani è un esempio raro, rarissimo. «Al nord – spiega il papà di Davide – ci sono dei progetti che facilitano questo tipo di integrazione, da noi no. E' un peccato perché questo tipo di relazioni sono educative e formative sia per il diversamente abile che per i suoi compagni. Davide si è sempre sentito a disagio quando era inserito in gruppi con ragazzi con i suoi stessi problemi. Giocare con persone senza disabilità è uno stimolo in più. Il ragazzo si sente gratificato, partecipa con maggiore entusiasmo. Speriamo che altre realtà seguano l'esempio della Fortitudo».
Per i compagni di squadra, Davide è più di una semplice mascotte. Mimmo Amourso, il suo coach, spiega: «E' un ragazzo positivo, mette tutti di buon umore. Sul campo e negli allenamenti si applica con grande costanza. All'inizio per lui era difficile accettare il contatto fisico con gli avversari, adesso li affronta con senza paura. Nei fondamentali è migliorato in maniera significativa e sono convinto che possa ancora compiere dei progressi». Giacomo Marinaro, dirigente della Fortitudo, sottolinea come Davide, nella pallacanestro, abbia trovato una seconda famiglia: «Gli vogliamo bene e cerchiamo di aiutarlo nel suo percorso di crescita. Lui ci da tanto: incita i compagni, quando perdiamo è il primo a consolarli. Il suo sorriso e la sua allegria sono la vittoria più bella».
Davide posa con la coppa appena conquistata. L'ha requisita e non la perde mai d'occhio durante gli allenamenti. Corre da una parte all'altra del campo, si propone e tira: canestro. Ci racconta che un giorno vorrebbe giocare con la Roma basket e noi annuiamo. La sua favola è solo all'inizio.