Alberi tagliati
Alberi tagliati

Com'è dura la vita se sei un albero a Trani

Lettera sui generis inviata in redazione

Molti di noi hanno visto passare un secolo, cambiare la ragione sociale prima e la destinazione d'uso poi, dei terreni di cui erano via via tutori, silenziosi guardiani, maestri di cerimonia, fino a diventare censori di impudenti sfide paesaggistiche, anche se dettate dalla necessità, quando la campagna e la macchia ci sono scivolate via di sotto, lasciandoci soli, immersi nella città.

Alcuni di noi, sono stati fatti nascere appositamente per accompagnare le vicissitudini della città, abbellirla, allietare con l'ombra delle proprie chiome le estati torride, fornendo con il verde della propria vegetazione riparo ad anziani e campi da gioco improvvisati per i bambini, stemperando il grigio degli inverni freddi e piovosi. In mezzo a tutto questo, la storia e gli uomini si avvicendavano, il tempo di pochi anni per noi non era che uno sbadiglio, e tutti sapevamo comportarci, fiduciosi di un pacato rapporto contemplativo, tra le nostre stagioni e quelle dell'uomo, un rapporto fatto di pensieri e sguardi rilassati, alla ricerca di fresco, di odori, dell'ottimismo di una convivenza e di una evoluzione pacifica, reciproca e proficua.

Quando alcuni di noi, 20, 30 o 100 anni fa, già svettavano salutando le prime luci dell'alba, si ignorava che forse, quello stesso giorno, sarebbe stato piantato il seme di chi un giorno avrebbe decretato la nostra rovina. Molti di noi erano ghianda quando ancora non esisteva il concetto di cemento come nostro nemico. E neppure l'idea della nascita di umani che un giorno avrebbero edificato a stato dell'arte questo assurdo paradigma: albero = problema.

E' il cemento-nemico, o cosa? L'albero che fa ombra? L'albero che fa invidia alle opere di cemento perché è profumato, più alto, più maestoso, nella sua regale semplicità che non ha dovuto chiedere autorizzazioni o l'opera di chissà quale ingegnere? Chi ci ha calunniato tacciandoci di essere troppo soffocanti con le nostre chiome? Chi ha inventato che saremmo stati bene con poche fronde, minimaliste, a far fronte ai venti, alle intemperie, al sole estivo, ai freddi invernali e alle profonde ferite che ci lasciano dopo averci massacrato, ferite che quando rimarginano lasciano profonde cicatrici, che si infettano e possono ucciderci, non concedendoci neppure l'anestesia del torpore invernale per effettuarle, approfittando del fatto che i parassiti d'inverno dormono anche loro, permettendoci di guarire meglio senza essere aggrediti?

Voi reattivi e in movimento, con una vita sociale e stimoli di ogni tipo, con amici, affetti e migliaia di desideri, ma limitati dal tempo. Noi immobili a vivere e accompagnare i vostri avi, nonni, padri, e speravamo voi, indicandovi il sole, lo stesso che forse ci accusate di oscurare. Non abbiamo colpa della vostra sindrome di Nerone, né della vostra limitatezza temporale, se è quella che vi procura così tanta invidia da attentare alla nostra esistenza mascherando lo scempio come intervento di potatura o messa in sicurezza, o tecnica colturale e sentirvi meno mortali se la nostra dipartita precederà la vostra.

Ci domandiamo quanti di noi, a causa di questa sindrome, se è questa la ragione, sia già diventato scorta per il camino e per i forni,e quanti di noi nei mesi a venire, finiranno per diventarlo nella propria interezza, coadiuvati dalla vostra opera. Ma poi, l'opera di chi? Palesatevi voi dalla motosega facile, che non usate mai cesoie, forse per la praticità di taglio di pezzi unici con poco sforzo. Chi ci piantò e ci coltivava, ammira, rispetta, sa bene quanto siano importanti tagli puliti, quanto sia fondamentale non eccedere in potature (per usare un eufemismo) così imponenti, sopratutto di alberi non più giovanissimi o di pini. Anche chi si preoccupa della sicurezza dei cittadini, sa o dovrebbe sapere, che debilitare un albero privandolo quasi interamente della propria chioma, (che è fonte diretta del suo nutrimento al pari delle radici) non vuol dire metterlo in sicurezza, ma destabilizzarlo e, quando l'albero sopravvive, farlo nella maniera più occulta, quella cioè che si manifesta con un cedimento improvviso delle radici o del tronco danneggiatosi internamente, causando rovinose cadute che possono coinvolgere oggetti e persone. Un attentato all'incolumità pubblica, preparato non da terroristi, ma da ignoranti, e perpetrato nell'ignoranza.

Ci domandiamo inoltre, vista l'entità della persecuzione messa in atto nei nostri confronti nelle ultime settimane,che fine abbiano fatto le nostre spoglie? Chi se ne prende carico? Che sia questa l'era del precariato per tutti, anche per noi alberi tranesi che altro non facciamo che dare (regalarvi ossigeno, assorbire inquinanti e trattenere la vostra zattera di terra attraversata dal letto di antichi fiumi, di soli 6 metri sul livello del mare e che ultimamente smotta sempre più lasciando crateri nei vostri sovrastimati sempiterni asfalti) al solo semplice patto di essere rispettati e non, nella migliore delle ipotesi, mutilati gratuitamente.
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