Associazioni
«Centrali a biomasse, Legambiente dice cose inesatte»
Lettera dell’associazione dei produttori di energia da fonti rinnovabili
Trani - sabato 6 febbraio 2010
«Gentile direttore, l'associazione produttori energia da fonti rinnovabili è l'organismo associativo, operante senza fini di lucro che, su scala nazionale, è maggiormente rappresentativo (in termini di numero associati e potenza installata) degli interessi delle imprese operanti nel settore della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Abbiamo letto che il circolo di Legambiente di Trani ha presentato una serie di osservazioni, pubblicate sui quotidiani locali, atte a cassare il progetto presentato dall'azienda Green energy solution s.r.l per la realizzazione di un impianto di termovalorizzazione di biomasse con potenza complessiva di 37 Mw sul tratto di strada provinciale Trani – Andria. La scrivente associazione ritiene opportuno portare alla vostra cortese attenzione alcune considerazioni affinché si possa portare chiarezza in un settore complicato come quello energetico ed, in particolare, in una materia difficile e controversa come quella dei bio liquidi ed affinché non passino messaggi fuorvianti sulle fonti rinnovabili.
Tra i principi padri, ispiratori delle direttive comunitarie in materia, vi sono considerazioni riguardanti la consapevolezza che il controllo del consumo di energia europeo ed il maggiore ricorso all''energia da fonti rinnovabili, congiuntamente a risparmi energetici e ad un aumento dell'efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra per rispettare il protocollo dì Kyoto, come si recita nella direttiva 2009/28/CE. Consapevoli dell'ambizioso ma vincolante obiettivo del consumo finale lordo di energia derivante da rinnovabili, fissato al 17% per l'Italia, consapevoli di essere protagonisti di una stagione di grande sviluppo di rinnovabili a livello mondiale, siamo oggi di fronte ad un'importante sfida per il nostro Paese, un'occasione unica per sviluppare una seria e radicata cultura energetica, la cui mancanza per troppo tempo ha costituito un grave handicap per l'Italia. Abbiamo la possibilità di diffondere ed essere partecipi di un nuovo patrimonio di conoscenze, un nuovo rinascimento energetico, da condividere con amministratori, funzionari e privati cittadini.
Fatta questa premessa, passiamo ad alcune considerazioni analitiche. In primo luogo riteniamo che la sostenibilità di un impianto non debba essere basata sul concetto di filiera corta o di filiera lunga, poiché non è unicamente la lunghezza della filiera a determinare l'impatto ambientale di un impianto. Ben più rilevanti sono le caratteristiche delle biomasse utilizzate e dell'impianto stesso che le trasforma in energia. È altresì assolutamente scorretto affermare che le biomasse sono da considerarsi fonti rinnovabili nel solo territorio italiano, poiché nell'articolo 2 della direttiva 2009/28/CE, laddove vi è un'elencazione dì quelle che sono considerate fonti energetiche rinnovabili, figurano chiaramente tutte le biomasse. Anche il sistema di incentivazione a cui viene fatto riferimento è impreciso, dal momento che il vecchio sistema incentivante conosciuto come Cip6, è stato sostituito, sin dal 1999, dal meccanismo dei certificati verdi introdotto dal decreto Bersani (D.lgs.79/99).
A ciò vanno ad aggiungersi considerazioni fuorvianti circa il forte impatto ambientale di queste centrali e le difficoltà di controllo delle reali matrici in ingresso, imputabili alla gestione privata di questi impianti. Si sottolinea in proposito come la natura pubblica o privata di un impianto non possa essere assunta quale metro di giudizio della sua sostenibilità ambientale. La legislazione vigente in materia ambientale fornisce, inoltre, chiare indicazioni circa gli adempimenti in materia di valutazione d'impatto, di emissioni, di rifiuti e di scarichi a cui obbligatoriamente un impianto deve attenersi. La generazione di un impatto sull'ambiente può essere imputabile solo alla scorretta gestione di un impianto ed al mancato adempimento degli obblighi dì legge, e prescinde dalla tipologia di biomassa utilizzata o dal soggetto gestore della centrale.
Per finire, laddove si afferma che l'energia prodotta è quantitativamente limitata (37 t"1W) e che sarebbe possibile produrla attraverso metodi meno rischiosi e più ecologici quali il solare ed il fotovoltaico, si dimentica evidentemente che per ottenere la generazione di una quota equivalente di energia con il fotovoltaico, sarebbero necessari diversi km quadrati di superficie (corrispondenti all'incirca ad una enorme distesa di pannelli di oltre 100 ettari).
Per quel che concerne nello specifico gli oli vegetali, con profonda amarezza dobbiamo constatare che l'infelice conoscenza della materia a diversi livelli, può portare a trarre erronee conclusioni, contrarie agii indirizzi giuridici e morali, comunitari e nazionali, che emergono con forza e chiarezza nella direttiva 2009/28/CE (negli articoli17 e 55) laddove vengono elencati i criteri di sostenibilità per i biocarburanti ed i bioliquidi.
La nostra associazione condivide pienamente ed appoggia la promozione delle realtà virtuose e sostenibili di produzione di energia rinnovabile, e sostiene l'importanza della generazione distribuita e della valorizzazione in primis delle risorse locali, ma, al contempo, intende sottolineare con forza l'importanza della diffusione di tutte le fonti rinnovabili, evitando atteggiamenti di negazione aprioristici, non basati su considerazioni scientifiche analitiche, ma semplicemente su idee pregiudiziali di condanna, senza appello ed In maniera discriminatoria, di una fonte.
Restando a vostra disposizione per ogni eventuale chiarimento o approfondimento necessario, l'occasione ci è gradita per porgere cordiali saluti».
Marco Pigni
Direttore APER
Tra i principi padri, ispiratori delle direttive comunitarie in materia, vi sono considerazioni riguardanti la consapevolezza che il controllo del consumo di energia europeo ed il maggiore ricorso all''energia da fonti rinnovabili, congiuntamente a risparmi energetici e ad un aumento dell'efficienza energetica, costituiscono parti importanti del pacchetto di misure necessarie a ridurre le emissioni di gas ad effetto serra per rispettare il protocollo dì Kyoto, come si recita nella direttiva 2009/28/CE. Consapevoli dell'ambizioso ma vincolante obiettivo del consumo finale lordo di energia derivante da rinnovabili, fissato al 17% per l'Italia, consapevoli di essere protagonisti di una stagione di grande sviluppo di rinnovabili a livello mondiale, siamo oggi di fronte ad un'importante sfida per il nostro Paese, un'occasione unica per sviluppare una seria e radicata cultura energetica, la cui mancanza per troppo tempo ha costituito un grave handicap per l'Italia. Abbiamo la possibilità di diffondere ed essere partecipi di un nuovo patrimonio di conoscenze, un nuovo rinascimento energetico, da condividere con amministratori, funzionari e privati cittadini.
Fatta questa premessa, passiamo ad alcune considerazioni analitiche. In primo luogo riteniamo che la sostenibilità di un impianto non debba essere basata sul concetto di filiera corta o di filiera lunga, poiché non è unicamente la lunghezza della filiera a determinare l'impatto ambientale di un impianto. Ben più rilevanti sono le caratteristiche delle biomasse utilizzate e dell'impianto stesso che le trasforma in energia. È altresì assolutamente scorretto affermare che le biomasse sono da considerarsi fonti rinnovabili nel solo territorio italiano, poiché nell'articolo 2 della direttiva 2009/28/CE, laddove vi è un'elencazione dì quelle che sono considerate fonti energetiche rinnovabili, figurano chiaramente tutte le biomasse. Anche il sistema di incentivazione a cui viene fatto riferimento è impreciso, dal momento che il vecchio sistema incentivante conosciuto come Cip6, è stato sostituito, sin dal 1999, dal meccanismo dei certificati verdi introdotto dal decreto Bersani (D.lgs.79/99).
A ciò vanno ad aggiungersi considerazioni fuorvianti circa il forte impatto ambientale di queste centrali e le difficoltà di controllo delle reali matrici in ingresso, imputabili alla gestione privata di questi impianti. Si sottolinea in proposito come la natura pubblica o privata di un impianto non possa essere assunta quale metro di giudizio della sua sostenibilità ambientale. La legislazione vigente in materia ambientale fornisce, inoltre, chiare indicazioni circa gli adempimenti in materia di valutazione d'impatto, di emissioni, di rifiuti e di scarichi a cui obbligatoriamente un impianto deve attenersi. La generazione di un impatto sull'ambiente può essere imputabile solo alla scorretta gestione di un impianto ed al mancato adempimento degli obblighi dì legge, e prescinde dalla tipologia di biomassa utilizzata o dal soggetto gestore della centrale.
Per finire, laddove si afferma che l'energia prodotta è quantitativamente limitata (37 t"1W) e che sarebbe possibile produrla attraverso metodi meno rischiosi e più ecologici quali il solare ed il fotovoltaico, si dimentica evidentemente che per ottenere la generazione di una quota equivalente di energia con il fotovoltaico, sarebbero necessari diversi km quadrati di superficie (corrispondenti all'incirca ad una enorme distesa di pannelli di oltre 100 ettari).
Per quel che concerne nello specifico gli oli vegetali, con profonda amarezza dobbiamo constatare che l'infelice conoscenza della materia a diversi livelli, può portare a trarre erronee conclusioni, contrarie agii indirizzi giuridici e morali, comunitari e nazionali, che emergono con forza e chiarezza nella direttiva 2009/28/CE (negli articoli17 e 55) laddove vengono elencati i criteri di sostenibilità per i biocarburanti ed i bioliquidi.
La nostra associazione condivide pienamente ed appoggia la promozione delle realtà virtuose e sostenibili di produzione di energia rinnovabile, e sostiene l'importanza della generazione distribuita e della valorizzazione in primis delle risorse locali, ma, al contempo, intende sottolineare con forza l'importanza della diffusione di tutte le fonti rinnovabili, evitando atteggiamenti di negazione aprioristici, non basati su considerazioni scientifiche analitiche, ma semplicemente su idee pregiudiziali di condanna, senza appello ed In maniera discriminatoria, di una fonte.
Restando a vostra disposizione per ogni eventuale chiarimento o approfondimento necessario, l'occasione ci è gradita per porgere cordiali saluti».
Marco Pigni
Direttore APER