Vita di città
Damien Hirst: carcasse da tredici milioni di dollari
L'isola di Ogigia 2 - di Silvia Abbruzzese
Trani - mercoledì 7 ottobre 2009
Immaginate di prendere la carcassa di un animale morto, di immergerlo in una cassa piena di formaldeide (liquido che ne rallenta considerevolmente la putrefazione) e di esporre il tutto ad una mostra. Risultato? Tredici milioni di euro nelle vostre tasche.
E' ciò che è accaduto di recente (2004) all'artista vivente più pagato, più potente al mondo, Daniel Hirst. Quarantaquattro anni, inglese, Hirst è infatti il più famoso e remunerativo nome dell'Arte Contemporanea. La carcassa più nota ha dato origine al celebre "L'impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo", uno squalo gigantesco immerso, appunto, nella folmaldeide e battuto all'asta con cifre da capogiro. Per rassicurare gli animalisti, va detto che Hirst "lavora" su animali già morti e non uccisi su commissione.
Accanto a queste opere famosissime e note in tutto il mondo, Hirst ha realizzato un teschio completamente ricoperto di diamanti puri, con al centro un grande diamante rosa, la qualità più rara. Un'opera costata al suo autore 20 milioni di dollari e rivenduta presso la sua galleria di Londra (la White Cube) circa quattro volte tanto. Il titolo "Per l'amor di Dio!" (titolo originale "For the love of God") deriva dall'espressione che pare la madre di Hirst abbia pronunciato non appena visto il teschio completo.
A ossessionare l'artista inglese, il tema della morte, comune denominatore di tutte le sue opere, dando origine a esiti angoscianti, provocatori e politically uncorrect. Numerosissime -ovvio- le voci che si levano contro Damien Hirst e le sue creazioni. L'accusa più comune, mista a ribrezzo, è che sia immorale e blasfemo. Opere al limite del disgusto sono definite tali pecore, vitelli, squali, teste di mucca, maiali e pesci sezionati e sospesi in formalina.
Forse ha ragione il critico Jean Clair che, nel suo pamphlet De immundo, si era lanciato contro «l' estetica dello stercorario» ovvero contro la tendenza di gallerie e musei a riempire le proprie sale di arte spazzatura, meglio ancora se condita di sangue, peli, sperma e altre prelibatezze del genere. Mentre la ristretta oligarchia di collezionisti, mercanti d'arte e critici continua a tenere banco.
Silvia Abbruzzese
E' ciò che è accaduto di recente (2004) all'artista vivente più pagato, più potente al mondo, Daniel Hirst. Quarantaquattro anni, inglese, Hirst è infatti il più famoso e remunerativo nome dell'Arte Contemporanea. La carcassa più nota ha dato origine al celebre "L'impossibilità fisica della morte nella mente di un vivo", uno squalo gigantesco immerso, appunto, nella folmaldeide e battuto all'asta con cifre da capogiro. Per rassicurare gli animalisti, va detto che Hirst "lavora" su animali già morti e non uccisi su commissione.
Accanto a queste opere famosissime e note in tutto il mondo, Hirst ha realizzato un teschio completamente ricoperto di diamanti puri, con al centro un grande diamante rosa, la qualità più rara. Un'opera costata al suo autore 20 milioni di dollari e rivenduta presso la sua galleria di Londra (la White Cube) circa quattro volte tanto. Il titolo "Per l'amor di Dio!" (titolo originale "For the love of God") deriva dall'espressione che pare la madre di Hirst abbia pronunciato non appena visto il teschio completo.
A ossessionare l'artista inglese, il tema della morte, comune denominatore di tutte le sue opere, dando origine a esiti angoscianti, provocatori e politically uncorrect. Numerosissime -ovvio- le voci che si levano contro Damien Hirst e le sue creazioni. L'accusa più comune, mista a ribrezzo, è che sia immorale e blasfemo. Opere al limite del disgusto sono definite tali pecore, vitelli, squali, teste di mucca, maiali e pesci sezionati e sospesi in formalina.
Forse ha ragione il critico Jean Clair che, nel suo pamphlet De immundo, si era lanciato contro «l' estetica dello stercorario» ovvero contro la tendenza di gallerie e musei a riempire le proprie sale di arte spazzatura, meglio ancora se condita di sangue, peli, sperma e altre prelibatezze del genere. Mentre la ristretta oligarchia di collezionisti, mercanti d'arte e critici continua a tenere banco.
Silvia Abbruzzese