Vita di città
Franchino spegne il fuoco dell'ultimo forno di Trani: un mondo di profumi e sapori antichi finisce nei ricordi
I dolci e i taralli di queste feste di Natale hanno messo la parola fine a una tradizione cara alla storia della Città
Trani - giovedì 2 gennaio 2025
10.35
"Torna, è ora che assaggi molliche di pane, l'odore dei forni come te lo manderemo?" : sono i versi di una poesia di Rocco Scotellaro che racconta come la nostalgia di chi emigrava in America nel secolo scorso fosse legata al profumo dei forni pubblici dei paesi. A Trani ce n'erano sedici sparsi nella città, e quello di Francesco Magnifico, per tutti Franchino, era riuscito a resistere come l'ultimo baluardo di una tradizione che non voleva spegnersi, cominciata a fine ottocento con suo nonno e continuata fino alle infornate dei dolcetti di mandorla, dei mostaccioli dei taralli e ovviamente delle paste al forno di quest'ultimo Natale. E così chiude i battenti col primo gennaio il forno di Piazza San Michele, Piazza Garibaldi in realtà, il nome di un eroe spodestato da quello di un santo e che nel tempo ha identificato anche quel luogo dalla sacralità che nasce non semplicemente dal pane o dalle teglie di pasta al forno, ma soprattutto da tutto quello che con quel pane e quelle teglie porta con sé: famiglia, cura, rapporti umani, calore, gusto per le piccole cose che costano poco ma non hanno prezzo. Anzi, no. Più o meno 2 euro, due e cinquanta, negli ultimi anni, per arricchire un tegame di parmigiana o anche solo di peperoni gialli e rossi di quel profumo di legna di mandorlo o di ulivo che nessun forno avvenieristico o super tecnologico avrebbe mai potuto dare. Franchino resterà davvero un monumento della Città, lui che accoglieva orgoglioso in quel regno che nella sua unicità era diventato sempre più quasi un antro magico che mostrava a chi magari rientrava per la prima volta come a fare da guida in un monumento storico: "Guarda qui, alla bocca del forno la pietra si è avvallata perché consumata dal trascinare continuo avanti e dietro la pala, quasi un secolo e mezzo di infornate e sfornate". I sistemi informatici possono sbagliare, ma da Franchino era impossibile che una teglia venisse confusa con un'altra: quei bigliettini assicurati con precisione - talvolta contrassegnati da segnali come pezzi di pane, erano controllati meticolosamente e lui dirigeva i suoi "garzoni di bottega" con fare semplice ma quasi manageriale, tra battute in dialetto e un'atmosfera serena, che chi ha lavorato con "mest Franchino" - Matteo, Roberto, Lorenzo, ma anche suo figlio Tonino - non potrà dimenticare. Si spegne l'ultimo forno e si spegne con esso un altro pezzo di un mondo, di tradizioni che va scomparendo e che ci rende sempre più soli, immersi in una vita "social" che disgrega i rapporti umani, quelli autentici, intorno a focolari, é il caso di dire, che nelle case e nei quartieri non ci sono più. L'ultimo sacchetto di carbone regalato a una cliente, come soleva fare Franchino, e poi la porta chiusa, la parola fine a un altro film della nostra città che sarebbe bello rappresentare in un Museo della Memoria Cittadina, dove la difficoltà più grande sarebbe riprodurre quel profumo di pasta al forno con la crosticina dei pomodori appena bruciacchiata, una memoria olfattiva, la più potente, che spalancherebbe a un mondo lontano . Quante ne avrebbe da raccontare, il forno di Piazza San Michele...
Le foto provengono dalla pagina Facebook "Buongiorno Trani", che ha spesso raccontato raccontato negli anni la vita che scorreva intorno al "Forno di piazza San Michele" .
Le foto provengono dalla pagina Facebook "Buongiorno Trani", che ha spesso raccontato raccontato negli anni la vita che scorreva intorno al "Forno di piazza San Michele" .