.jpg)
Inchiesta della Procura di Trani sul porto di Molfetta
Maxi truffa da 150 milioni di euro, indagate 60 persone
I militari del nucleo di polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Bari e del comando provinciale del Corpo Forestale dello Stato di Bari e Ravenna, dalle prime ore di questa mattina, hanno eseguito due ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari emesse dal gip del Tribunale di Trani, Francesco Zecchillo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, nei confronti di un funzionario pubblico e di un rappresentante di una società di costruzioni entrambi responsabili di associazione per delinquere finalizzata alla truffa ai danni dello Stato, abuso d'ufficio, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti marittimi e reati ambientali. Sono stati sequestrati anche 33 milioni di euro di finanziamenti pubblici non ancora erogati.
Sequestrata l'area destinata al nuovo porto di Molfetta per un valore di 42 milioni di euro circa nonché la residua somma di finanziamento pubblico (pari a 33 milioni di euro) non ancora utilizzata dal Comune di Molfetta. Due le persone finite agli arresti domiciliari: si tratta dell'ex dirigente comunale dei lavori pubblici al Comune di Molfetta Vincenzo Balducci, e il procuratore speciale della CMC, l'azienda che si è aggiudicata i lavori del porto, e direttore del cantiere, Giorgio Calderoni. Sono indagati per associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata ai danni dello Stato, abuso d'ufficio, reati contro la fede pubblica, frode in pubbliche forniture, attentato alla sicurezza dei trasporti e violazioni ambientali. Per gli stessi reati indagata a piede libero una sessantina di persone. Tra questi figura anche l'ex sindaco di Molfetta e presidente della commissione Bilancio del Senato, Antonio Azzollini. I provvedimenti cautelari sono stati richiesti dai pm Antonio Savasta e Giuseppe Maralfa della Procura di Trani dopo oltre tre anni di indagini, partite da una segnalazione dell'autorità di vigilanza sui contratti pubblici. Secondo le indagini, a Molfetta sarebbe stata messa in piedi una maxi-truffa che ha permesso di ottenere, in oltre un decennio, finanziamenti per 147 milioni destinati per il nuovo porto. Ma questi sono stati usati per mettere a posto i conti del Comune e far risultare come rispettato il patto di stabilità.
Le indagini hanno messo in evidenza come un ingente fiume di denaro pubblico sia stato veicolato a favore del Comune di Molfetta per la realizzazione della diga foranea e poi del nuovo porto commerciale, grazie ad una serie di atti illegittimi ed illeciti, di interferenze amministrative e di condotte fraudolente che hanno provocato l'esborso complessivo di circa di 83 milioni di euro (a fronte di un valore totale dell'opera, quantificato in 72 milioni di euro ed a fronte invece di un impegno finanziario complessivo, sin ora preso, pari a 147 milioni di euro); e senza che l'opera sia stata realizzata e senza speranza di conclusione, nei termini previsti, considerata la presenza massiccia di ordigni residuati bellici nei fondali marini oggetto dei lavori. L'operazione trae origine da un appalto del 2006 per la realizzazione di opere foranee e del Porto Commerciale di Molfetta affidato dal Comune ad un'ATI (Associazione Temporanea di imprese) costituita da Cooperativa Muratori & Cementisti C.M.C. di Ravenna, SIDRA S.p.A. di Roma e Impresa Pietro CIDONIO S.p.A. di Roma.
Le indagini hanno fatto emergere come il costo dell'opera sia stato (tutto compreso) quantificato in 72 milioni di euro. A fronte di ciò, però, l'impegno complessivo pubblico (dapprima regionale poi statale) è stato previsto per un totale di 147 milioni a seguito di varie leggi di finanziamento della stessa a partire dal 2001 e di ulteriori leggi di rifinanziamento a partire dal 2008. Incassati dal Comune 83 milioni di euro; la somma sin ora complessivamente e materialmente spesa per il porto è stata, invece, di circa 42 milioni di euro. Il Comune di Molfetta aveva quindi proceduto all'illegittima assegnazione di parte della commessa in argomento al fine di destinare al pagamento delle spese correnti le disponibilità economiche rinvenienti dai finanziamenti e dalle erogazioni statali concesse con la specifica e vincolata destinazione al pagamento dei lavori di completamento della diga foranea e di ampliamento del porto commerciale e far risultare nei bilanci di previsione un fittizio equilibrio economico-finanziario dell'Ente comunale attestando falsamente il rispetto del "patto di stabilità" da parte del Comune medesimo assicurando quindi la stessa sopravvivenza finanziaria del Comune di Molfetta evitando il rischio default. Ciò avveniva, come dimostrato dalle indagini svolte, attraverso l'alterazione della veridicità delle spese correnti proprie dell'Ente comunale, a tal fine usando l'artificio contabile di scrivere nel capitolo di bilancio in conto capitale relativo ai finanziamenti statali erogati per il completamento della diga foranea di Molfetta e per l'ampliamento del porto commerciale spese non riferibili a tale titolo e non pertinenti ad esso (e pertanto da imputarsi in conto spese correnti).
In pratica, l'incondizionata disponibilità finanziaria pervenuta, fin dal 2001, in capo al Comune si è tradotta in una sorta di gestione del potere pubblico-finanziario nel consapevole ed illegittimo utilizzo dei fondi pubblici (destinati per legge esclusivamente ai lavori di prosecuzione ed ampliamento della diga foranea e del porto), appostandoli in bilancio in modo da far apparire il pareggio dello stesso, il formale adempimento del patto di stabilità e quindi la stessa sopravvivenza finanziaria del comune di Molfetta, evitando il rischio default. In tale contesto si innesta la nota e storica vicenda degli ordigni bellici che ancora si addensano su buona parte del fondale dell'area portuale di Molfetta ivi compresa quella interessata dall'esecuzione dei suddetti lavori e che di fatto hanno reso e rendono impraticabile l'esecuzione degli stessi. In realtà, il Comune di Molfetta sin dal 2004 affidava ad una ditta specializzata un'attività dedicata di scandaglio dei fondali, interrotta nel 2005 proprio a causa della enorme concentrazione degli ordigni bellici presenti. Le indagini hanno dimostrato che la presenza di ordigni sul fondale del Porto, ben nota quindi alle parti contraenti ancor prima della consegna dei lavori, e oggettivo ostacolo alla realizzazione delle opere foranee, non ha dissuaso dall'attivare la citata gara d'appalto né, soprattutto, l'esecuzione dei lavori portuali senza una effettiva e preventiva bonifica dei fondali. Anzi, ad un certo punto dell'iter esecutivo è stata anche formalizzata un'onerosa transazione pari ad ulteriori 7,8 mln di euro – tratti dai fondi pubblici – per risarcire l'ATI appaltatrice del ritardo nell'esecuzione dei lavori stessi.
Inoltre, a causa di tali ostacoli, si è stati anche costretti a ridimensionare di parecchio l'intervento esecutivo, senza proporzionali riduzioni del compenso. La vera attività di bonifica dei fondali iniziava solo nel luglio 2008 a cura di apposito nucleo della Marina Militare e cioè dopo la consegna alla citata ATI dei lavori relativi al porto. Nella complessa vicenda le indagini hanno, infine, riscontrato altri numerosi reati, tra cui una serie di illeciti ambientali e paesaggistici, consistenti nella realizzazione di una discarica abusiva (cosiddetta "cassa di colmata") all'interno dell'area di cantiere del porto – nella quale sono presenti numerosi ordigni bellici rimossi durante le operazioni di dragaggio del fondale non smaltiti secondo la normativa vigente, nonché materiali di risulta delle opere di scavo sottomarino in violazione della normativa che regola la gestione dei rifiuti (D. Lgs. n.152/2006), nonché del T.U. dell'edilizia (D.P.R. n.380/2001), del codice del Paesaggio (D. Lgs n.42/2004) e della disciplina speciale in tema di bonifica da ordigni bellici. Nel corso delle indagini venivano infine accertati numerose gravi violazioni alle norme poste a tutela del patrimonio ambientale e paesaggistico. Il Comune di Molfetta al fine di conseguire i finanziamenti aveva falsamente asserito l'inesistenza sull'area portuale di vincoli imposti dalla normativa europea e nazionale in tema di ambiente e paesaggio. L'area interessata dagli interventi insisteva, infatti, in una zona tutelata dal Piano Urbanistico Territoriale Tematico per il Paesaggio (P.U.T.T.) della Regione Puglia poiché area ambientale protetta nonché assoggettata sia a vincolo storico-paesaggistico che ambientale-naturalistico, in parte ricadente nel sito di importanza comunitaria denominato "Posidonieto San Vito - Barletta".
Si evidenziato come, il percorso compiuto dal Comune per ottenere i detti finanziamenti, passava anche attraverso l'asserita inesistenza, sull'area portuale molfettese, di vincoli imposti dalla normativa europea e nazionale in tema di ambiente e paesaggio con particolare riferimento ai S.I.C. - Siti di Importanza Comunitaria (Rete Natura 2000-Direttiva Habitat) tesi alla tutela di habitat naturali quali sono le acque portuali molfettesi ricche di colonie di alga poseidonia. A fronte dell'attività investigativa sono, come detto, state tratte in arresto (ai domiciliari) due dei responsabili (l'ex dirigente comunale Vincenzo Balducci) ed il procuratore speciale della C.M.C. nonché direttore di cantiere Giorgio Calderoni. E' stato inoltre eseguito il sequestro dell'area destinata al nuovo porto e la somma residua di uno dei mutui della Cassa Depositi e Prestiti destinati al finanziamento dell'opera.







Ricevi aggiornamenti e contenuti da Trani 
.jpg)





.jpg)

