Vita di città
L’immigrato tra accoglienza, integrazione e sicurezza sociale
Il documento presentato oggi, è scaricabile da internet
Trani - mercoledì 30 settembre 2009
L'immigrato tra accoglienza, integrazione e sicurezza sociale. E' il titolo del documento elaborato e sottoscritto in Trani il 26 settembre scorso dalla Commissione diocesana problemi sociali e del lavoro, giustizia e pace, salvaguardia del creato, dalla Commissione servizio della carità e della salute, dalla Commissione ecumenismo e dialogo dell'Arcidiocesi di Trani-Barletta-Bisceglie.
Di seguito si ne propone una sintesi dell'Ufficio Stampa diocesano.
Il testo nasce dalla spinta generata dal fenomeno immigrazione in Europa – si legge nella premessa- e dalle sue dimensioni, riconducibili a fattori storici recenti e remoti, soprattutto in Italia, da tempo Paese multietnico e multiculturale. "Il fenomeno migratorio produce certamente frizioni sul versante dell'accoglienza, dell'integrazione e della sicurezza sociale; lo ‘straniero' non sempre è ben accolto nel Paese d'approdo, spesso si rende responsabile di crimini anche molto efferati, frequentemente fa fatica a comprendere le leggi, gli usi e i costumi dello Stato ospitante e ad integrarsi nel nuovo tessuto socio-economico". Non dimentichiamo a tal proposito la moltitudine di italiani emigrati all'estero a fine Ottocento, che con le famigerate "valigie di cartone" hanno vissuto sulla propria pelle il duro impatto con la comunità di arrivo negli Stati Uniti. O gli emigranti italiani "irregolari" provenienti dal Veneto e dalla Sicilia, dal Friuli e dalla Basilicata, dalla Lombardia e dalla Puglia, dall'Abruzzo e dalla Campania che hanno valicato i sentieri delle Alpi o dopo l'unità d'Italia dal Sud verso il Nord, spesso ribattezzati "terroni".
Tuttavia, a fronte delle suddette criticità, è indubbio che lo straniero sia anche una risorsa per la comunità d'arrivo: si pensi alla manodopera straniera, alle badanti e assistenti per persone non autosufficienti, alle classi costituite da figli di immigrati.
Da diverso tempo assistiamo -in nome di un'ineffabile sicurezza sociale- all'approvazione di leggi ispirate dalla paura e dalla discriminazione dello straniero: che commette un reato; che deve contrarre matrimonio, che chiede di ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, un alloggio, una pratica di attività sportiva ecc.
"..A ciò si aggiungano i recenti respingimenti sulle strade della morte e della disperazione di masse di migranti -‘pescati' nelle acque del Mediterraneo- ordinati sulla base di una ‘innovativa', avventurosa e azzardata interpretazione del diritto internazionale, che ha suscitato rilievi critici e forti perplessità in sede O.N.U. e U.E.; in particolar modo si fa riferimento non soltanto all'omissione di soccorso nei confronti di persone stremate dalla fame e dalla sete stipate su gommoni galleggianti in acque internazionali e talvolta nazionali, ma anche a quei respingimenti di massa attuati indiscriminatamente persino nei confronti di quelle persone extracomunitarie che, provenendo da paesi in cui imperversano guerre e persecuzioni politiche, hanno diritto ad ottenere asilo politico e lo status di rifugiati".
Ma il cuore della normativa xenofoba è la disposizione dell'art. 10bis d. lgs. n. 286/98, il cd. ‘reato di clandestinità', in cui una semplice condizione anagrafica è elemento costitutivo di una fattispecie penale di natura contravvenzionale.
L'efficacia intimidatoria di detto reato è ulteriormente rafforzata con il prolungamento da due a sei mesi del periodo di permanenza nei Centri di Espulsione e Identificazione (C.I.E.), nonché con l'applicazione dell'espulsione allo straniero irregolare (art. 10bis, IV° e V° commi d.lgs. n. 286/98). L'impatto della suddetta normativa sarà prevedibilmente molto ampio, se si considera che gli immigrati irregolari in Italia sono per la CARITAS circa un milione, per l'OCSE tra i 500.000 e i 750.000.
"..La conseguenza è che si avranno neonati ‘invisibili', perché il ‘reato di clandestinità', la restrizione nel C.I.E. e l'espulsione scoraggeranno gli stranieri irregolari a dichiarare la nascita dei propri figli. Il timore di essere denunciati, rinchiusi in un C.I.E. ed espulsi potrà indurre gli stranieri irregolari a non curarsi oppure a recarsi presso quelle strutture che praticano una ‘sanità parallela'; pertanto, sarà elevatissimo il rischio che si diffondano ‘clandestinamente' fra la popolazione anche italiana patologie infettive pericolose per la salute pubblica. Quindi ulteriore autoemarginazione delle persone… Sotto i colpi del ‘reato di clandestinità' potrebbero cadere anche le badanti e le colf irregolari, che secondo le stime della CARITAS sono oltre 500.000…La questione delle badanti e delle colf è stata affrontata dal legislatore con superficialità e approssimazione. In primo luogo manca l'allineamento temporale tra il periodo (1-30 settembre 2009) in cui si possono regolarizzare colf e badanti e la data di entrata in vigore (8 agosto 2009) della legge introduttiva del cd. ‘reato di clandestinità'; ne deriva che le colf e le badanti -irregolari tra l'8 e il 31 agosto 2009- potrebbero essere denunciate per detto reato. In secondo luogo è agevole prevedere che molte persone anziane sole e non autosufficienti non potranno mai regolarizzare le badanti straniere, perché non percepiscono un reddito annuo di almeno 20.000,00 o 25.000,00 euro".
La percezione poi diffusa rilevata da un sondaggio della Fondazione Rosselli che l'immigrazione faccia aumentare la criminalità (75%); sottragga posti di lavoro agli italiani (48%);metta a rischio la nostra identità culturale (22%); sia resa problematica dalla difficile integrazione (22%), è determinata in parte dalla reazione emotiva suscitata da alcuni crimini efferati commessi da stranieri, in parte dall'allarme per la sicurezza pubblica spesso enfatizzato da diversi mezzi di comunicazione, ma anche strumentalmente amplificato da forze politiche.
Le suddette motivazioni non trovano oggettivi riscontri statistici e comunque -oltre ad essere antievangeliche e anticristiane - contrastano con i principi fondamentali consacrati nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (C.E.D.U.) e nella Costituzione italiana: Lo straniero è persona. Lo straniero non è un criminale.
La questione dell'immigrazione può essere adeguatamente affrontata a condizione che gli Stati e la Comunità Internazionale profondano seri sforzi e mantengano gli impegni presi, per aiutare ‘a monte' quei Paesi poveri da cui partono milioni di persone in preda alla disperazione e alla fame. Al riguardo va ricordato in primo luogo l'insegnamento del Magistero sociale della Chiesa: Gaudium et Spes, Populorum Progressio, Centesimus Annus, Octogesima Adveniens, Caritas in veritate.
Sulla base di detti presupposti irrinunciabili due azioni convergenti:
a- impegnarsi a far sì che i figli dei Paesi poveri non siano costretti ad abbandonare la loro terra;
b- favorire l'effettiva integrazione delle persone straniere nella comunità d'approdo, evitando la formazione di gruppi chiusi e preparando patti di cittadinanza.
In particolare, "al fine di poter gestire adeguatamente i flussi migratori – si legge nel documento - chiediamo non soltanto che si realizzino politiche sopranazionali concordate e si adeguino gli ordinamenti nazionali ai trattati internazionali, ma anche che si tutelino i diritti inviolabili e si responsabilizzino gli stranieri nell'assunzione di doveri; è necessario, altresì, superare gli steccati psicologici e le discriminazioni sociali che ingabbiano la speranza, rivedere la categoria dello straniero ‘nemico' e puntare soprattutto sulla formazione delle coscienze attraverso percorsi pedagogici volti a far maturare nella società -in maniera diffusa e capillare- una maggiore disponibilità ad accogliere e integrare il ‘diverso'.
Riteniamo che i percorsi pedagogici in parola debbano coinvolgere soprattutto due realtà decisive: la scuola e la famiglia, come luoghi di educazione all'accoglienza, l'apertura al ‘diverso', promuovendo un clima di disponibilità e accoglienza nelle mura domestiche, nei rapporti sociali, in seno agli organi di partecipazione (consigli di classe e d'istituto), nelle relazioni tra i propri figli e i loro compagni di scuola extracomunitari; anzi, evidenziamo che la qualità di queste relazioni spesso dipende dall'organizzazione e dalla gestione dei momenti di aggregazione e di svago per i propri figli come, ad esempio, l'invito a partecipare alle feste di compleanno e di onomastico, alle attività ludiche in casa, ad iniziative extracurriculari e in genere a trascorrere insieme il tempo libero … Sulla base di questi presupposti, chiediamo espressamente di rivedere la normativa sull'immigrazione, al fine di eliminare il cd. ‘reato d'immigrazione clandestina' e tutte quelle disposizioni chiaramente persecutorie, discriminatorie e xenofobe …
… Infine, invitiamo le comunità ecclesiali a realizzare -in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà- iniziative volte a promuovere una cultura dell'accoglienza e dell'integrazione, nonché a sostenere iniziative concrete d'inclusione sociale ed economica delle persone immigrate; in particolare, potrebbero celebrare momenti di preghiera e dare maggiore risalto in ambito nazionale e diocesano alla Giornata del migrante e del rifugiato, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica in maniera più capillare e profonda sulle tematiche delle migrazioni …
Di seguito si ne propone una sintesi dell'Ufficio Stampa diocesano.
Il testo nasce dalla spinta generata dal fenomeno immigrazione in Europa – si legge nella premessa- e dalle sue dimensioni, riconducibili a fattori storici recenti e remoti, soprattutto in Italia, da tempo Paese multietnico e multiculturale. "Il fenomeno migratorio produce certamente frizioni sul versante dell'accoglienza, dell'integrazione e della sicurezza sociale; lo ‘straniero' non sempre è ben accolto nel Paese d'approdo, spesso si rende responsabile di crimini anche molto efferati, frequentemente fa fatica a comprendere le leggi, gli usi e i costumi dello Stato ospitante e ad integrarsi nel nuovo tessuto socio-economico". Non dimentichiamo a tal proposito la moltitudine di italiani emigrati all'estero a fine Ottocento, che con le famigerate "valigie di cartone" hanno vissuto sulla propria pelle il duro impatto con la comunità di arrivo negli Stati Uniti. O gli emigranti italiani "irregolari" provenienti dal Veneto e dalla Sicilia, dal Friuli e dalla Basilicata, dalla Lombardia e dalla Puglia, dall'Abruzzo e dalla Campania che hanno valicato i sentieri delle Alpi o dopo l'unità d'Italia dal Sud verso il Nord, spesso ribattezzati "terroni".
Tuttavia, a fronte delle suddette criticità, è indubbio che lo straniero sia anche una risorsa per la comunità d'arrivo: si pensi alla manodopera straniera, alle badanti e assistenti per persone non autosufficienti, alle classi costituite da figli di immigrati.
Da diverso tempo assistiamo -in nome di un'ineffabile sicurezza sociale- all'approvazione di leggi ispirate dalla paura e dalla discriminazione dello straniero: che commette un reato; che deve contrarre matrimonio, che chiede di ottenere il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno, un alloggio, una pratica di attività sportiva ecc.
"..A ciò si aggiungano i recenti respingimenti sulle strade della morte e della disperazione di masse di migranti -‘pescati' nelle acque del Mediterraneo- ordinati sulla base di una ‘innovativa', avventurosa e azzardata interpretazione del diritto internazionale, che ha suscitato rilievi critici e forti perplessità in sede O.N.U. e U.E.; in particolar modo si fa riferimento non soltanto all'omissione di soccorso nei confronti di persone stremate dalla fame e dalla sete stipate su gommoni galleggianti in acque internazionali e talvolta nazionali, ma anche a quei respingimenti di massa attuati indiscriminatamente persino nei confronti di quelle persone extracomunitarie che, provenendo da paesi in cui imperversano guerre e persecuzioni politiche, hanno diritto ad ottenere asilo politico e lo status di rifugiati".
Ma il cuore della normativa xenofoba è la disposizione dell'art. 10bis d. lgs. n. 286/98, il cd. ‘reato di clandestinità', in cui una semplice condizione anagrafica è elemento costitutivo di una fattispecie penale di natura contravvenzionale.
L'efficacia intimidatoria di detto reato è ulteriormente rafforzata con il prolungamento da due a sei mesi del periodo di permanenza nei Centri di Espulsione e Identificazione (C.I.E.), nonché con l'applicazione dell'espulsione allo straniero irregolare (art. 10bis, IV° e V° commi d.lgs. n. 286/98). L'impatto della suddetta normativa sarà prevedibilmente molto ampio, se si considera che gli immigrati irregolari in Italia sono per la CARITAS circa un milione, per l'OCSE tra i 500.000 e i 750.000.
"..La conseguenza è che si avranno neonati ‘invisibili', perché il ‘reato di clandestinità', la restrizione nel C.I.E. e l'espulsione scoraggeranno gli stranieri irregolari a dichiarare la nascita dei propri figli. Il timore di essere denunciati, rinchiusi in un C.I.E. ed espulsi potrà indurre gli stranieri irregolari a non curarsi oppure a recarsi presso quelle strutture che praticano una ‘sanità parallela'; pertanto, sarà elevatissimo il rischio che si diffondano ‘clandestinamente' fra la popolazione anche italiana patologie infettive pericolose per la salute pubblica. Quindi ulteriore autoemarginazione delle persone… Sotto i colpi del ‘reato di clandestinità' potrebbero cadere anche le badanti e le colf irregolari, che secondo le stime della CARITAS sono oltre 500.000…La questione delle badanti e delle colf è stata affrontata dal legislatore con superficialità e approssimazione. In primo luogo manca l'allineamento temporale tra il periodo (1-30 settembre 2009) in cui si possono regolarizzare colf e badanti e la data di entrata in vigore (8 agosto 2009) della legge introduttiva del cd. ‘reato di clandestinità'; ne deriva che le colf e le badanti -irregolari tra l'8 e il 31 agosto 2009- potrebbero essere denunciate per detto reato. In secondo luogo è agevole prevedere che molte persone anziane sole e non autosufficienti non potranno mai regolarizzare le badanti straniere, perché non percepiscono un reddito annuo di almeno 20.000,00 o 25.000,00 euro".
La percezione poi diffusa rilevata da un sondaggio della Fondazione Rosselli che l'immigrazione faccia aumentare la criminalità (75%); sottragga posti di lavoro agli italiani (48%);metta a rischio la nostra identità culturale (22%); sia resa problematica dalla difficile integrazione (22%), è determinata in parte dalla reazione emotiva suscitata da alcuni crimini efferati commessi da stranieri, in parte dall'allarme per la sicurezza pubblica spesso enfatizzato da diversi mezzi di comunicazione, ma anche strumentalmente amplificato da forze politiche.
Le suddette motivazioni non trovano oggettivi riscontri statistici e comunque -oltre ad essere antievangeliche e anticristiane - contrastano con i principi fondamentali consacrati nella Dichiarazione Universale dei diritti dell'uomo nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (C.E.D.U.) e nella Costituzione italiana: Lo straniero è persona. Lo straniero non è un criminale.
La questione dell'immigrazione può essere adeguatamente affrontata a condizione che gli Stati e la Comunità Internazionale profondano seri sforzi e mantengano gli impegni presi, per aiutare ‘a monte' quei Paesi poveri da cui partono milioni di persone in preda alla disperazione e alla fame. Al riguardo va ricordato in primo luogo l'insegnamento del Magistero sociale della Chiesa: Gaudium et Spes, Populorum Progressio, Centesimus Annus, Octogesima Adveniens, Caritas in veritate.
Sulla base di detti presupposti irrinunciabili due azioni convergenti:
a- impegnarsi a far sì che i figli dei Paesi poveri non siano costretti ad abbandonare la loro terra;
b- favorire l'effettiva integrazione delle persone straniere nella comunità d'approdo, evitando la formazione di gruppi chiusi e preparando patti di cittadinanza.
In particolare, "al fine di poter gestire adeguatamente i flussi migratori – si legge nel documento - chiediamo non soltanto che si realizzino politiche sopranazionali concordate e si adeguino gli ordinamenti nazionali ai trattati internazionali, ma anche che si tutelino i diritti inviolabili e si responsabilizzino gli stranieri nell'assunzione di doveri; è necessario, altresì, superare gli steccati psicologici e le discriminazioni sociali che ingabbiano la speranza, rivedere la categoria dello straniero ‘nemico' e puntare soprattutto sulla formazione delle coscienze attraverso percorsi pedagogici volti a far maturare nella società -in maniera diffusa e capillare- una maggiore disponibilità ad accogliere e integrare il ‘diverso'.
Riteniamo che i percorsi pedagogici in parola debbano coinvolgere soprattutto due realtà decisive: la scuola e la famiglia, come luoghi di educazione all'accoglienza, l'apertura al ‘diverso', promuovendo un clima di disponibilità e accoglienza nelle mura domestiche, nei rapporti sociali, in seno agli organi di partecipazione (consigli di classe e d'istituto), nelle relazioni tra i propri figli e i loro compagni di scuola extracomunitari; anzi, evidenziamo che la qualità di queste relazioni spesso dipende dall'organizzazione e dalla gestione dei momenti di aggregazione e di svago per i propri figli come, ad esempio, l'invito a partecipare alle feste di compleanno e di onomastico, alle attività ludiche in casa, ad iniziative extracurriculari e in genere a trascorrere insieme il tempo libero … Sulla base di questi presupposti, chiediamo espressamente di rivedere la normativa sull'immigrazione, al fine di eliminare il cd. ‘reato d'immigrazione clandestina' e tutte quelle disposizioni chiaramente persecutorie, discriminatorie e xenofobe …
… Infine, invitiamo le comunità ecclesiali a realizzare -in collaborazione con tutti gli uomini di buona volontà- iniziative volte a promuovere una cultura dell'accoglienza e dell'integrazione, nonché a sostenere iniziative concrete d'inclusione sociale ed economica delle persone immigrate; in particolare, potrebbero celebrare momenti di preghiera e dare maggiore risalto in ambito nazionale e diocesano alla Giornata del migrante e del rifugiato, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica in maniera più capillare e profonda sulle tematiche delle migrazioni …