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Vita di città
"La scoperta dell'Amèrigo": cosa resta del sogno del passaggio del veliero a Trani
L'attesa e l'incanto incorniciati da un' aurora di struggente bellezza
Trani - domenica 13 aprile 2025
11.01
Quel che non potrò mai dimenticare, la mattina del passaggio del veliero più bello del mondo a Trani, è la corsa – davanti alla mia – di un bambino tenuto per mano dal suo papà, o forse dal nonno, chissà, nell'ansia di mostrargli uno spettacolo impareggiabile e prezioso.
Correvano loro, correvamo tutti: una manciata di folli che, alle cinque del mattino, era lì ad aspettare di vederla passare, nonostante il vento gelido a sciabolare il finire della notte, nonostante la certezza che quel tanto atteso bacio con la Cattedrale non sarebbe mai potuto avvenire troppo da vicino per via del mare impetuoso.
Quel bagliore apparso da lontano, proprio là dove il Gargano si poggia sull'orizzonte di Trani, ha avuto da subito il sapore del fiabesco, dell'immaginario che si fa visibile, della magia concessa a pochi.
Quanti saremo stati? Venti, forse trenta.
Tra la Cattedrale e il faro verde, abbagliati da quel passaggio lento che, nel punto più vicino, è sembrato aver placato per qualche minuto il vento, lasciando al lieve sciabordio il posto del muggito cupo delle onde.
E mentre il nero della notte si infiammava lungo la scia di quei magnifici alberi tricolore, sembrava di essere nel mezzo di un sogno.
L'incanto era immenso.
E persino le fotocamere sono state abbassate per un po', per non perdere con gli occhi l'occasione di vedere una meraviglia che la natura ha reso spettacolare: il nero che impercettibilmente degradava verso un blu profondo, squarciato dalle dita rosate dell'Aurora che, quasi per miracolo, è riuscita a farsi largo tra coltri pesanti di nubi.
E poi il chiarore, pian piano, inghiottito dal cielo mentre lei, la Vespucci, svaniva sempre più lontana.
Peccato.
Sì, peccato per chi non c'era.
Erano pronte imbarcazioni, gommoni, persino il corso di vela dei bambini per avvicinarsi alla nave fiabesca.
Ma era troppo presto, troppa burrasca in mare, troppo freddo.
Eppure la magia – per pochi – ha lasciato un segno profondo.
Ne resta qualche istantanea di struggente bellezza, che però dice ben poco rispetto allo stupore di chi era lì, alla punta del molo, come la gente che aspettava e salutava il mitico "Rex" in Amarcord.
Svanita.
E svanita con lei anche la scia di luce nella quale navigava, come sospesa tra cielo e mare, come uno di quei miraggi che dan spettacolo con la luce che si specchia tra le onde, sì, come una Fata Morgana.
Un tricolore al contrario in quelle luci. Ma che importa?
Quante volte siamo noi a non rispettare quella bandiera, a non renderla maestosa e solenne, meravigliosa come un veliero che illumina la notte e apre a un giorno nuovo?
Alcuni di noi, quello sparuto gruppo di folli, erano corsi per vederla – magari rivederla – incorniciata dalla bellezza della nostra Trani o per ripercorrere il ricordo di un genitore, o di un parente, che vi abbia navigato.
Altri, come quel bimbo accompagnato dal papà – o dal nonno, chi lo sa – correvano mano nella mano a scoprirla per la prima volta.
Navigatori di un tempo hanno esplorato il mondo con audacia e coraggio, l'hanno messo a disposizione degli uomini per un mondo migliore.
Un mondo che ha camminato con passi da gigante, ma che ora sembra fare troppe marce indietro.
Naviga il veliero.
Solca mari e oceani, finanche questa piccola, antica città che era ponte tra Oriente e Occidente.
Il mondo nuovo – e più bello – è un tempo che aspettiamo ancora.
Come quel bagliore tricolore nella notte, tripudio di emozione e meraviglia.
L'Italia che va.
Al contrario, forse.
Ma con l'audacia di cercare la rotta giusta.
Forse, il sogno e l'ansia di riuscire a vederla da quel molo, era proprio lì.
Fotografie di Sofia e Stefania De Toma
Correvano loro, correvamo tutti: una manciata di folli che, alle cinque del mattino, era lì ad aspettare di vederla passare, nonostante il vento gelido a sciabolare il finire della notte, nonostante la certezza che quel tanto atteso bacio con la Cattedrale non sarebbe mai potuto avvenire troppo da vicino per via del mare impetuoso.
Quel bagliore apparso da lontano, proprio là dove il Gargano si poggia sull'orizzonte di Trani, ha avuto da subito il sapore del fiabesco, dell'immaginario che si fa visibile, della magia concessa a pochi.
Quanti saremo stati? Venti, forse trenta.
Tra la Cattedrale e il faro verde, abbagliati da quel passaggio lento che, nel punto più vicino, è sembrato aver placato per qualche minuto il vento, lasciando al lieve sciabordio il posto del muggito cupo delle onde.
E mentre il nero della notte si infiammava lungo la scia di quei magnifici alberi tricolore, sembrava di essere nel mezzo di un sogno.
L'incanto era immenso.
E persino le fotocamere sono state abbassate per un po', per non perdere con gli occhi l'occasione di vedere una meraviglia che la natura ha reso spettacolare: il nero che impercettibilmente degradava verso un blu profondo, squarciato dalle dita rosate dell'Aurora che, quasi per miracolo, è riuscita a farsi largo tra coltri pesanti di nubi.
E poi il chiarore, pian piano, inghiottito dal cielo mentre lei, la Vespucci, svaniva sempre più lontana.
Peccato.
Sì, peccato per chi non c'era.
Erano pronte imbarcazioni, gommoni, persino il corso di vela dei bambini per avvicinarsi alla nave fiabesca.
Ma era troppo presto, troppa burrasca in mare, troppo freddo.
Eppure la magia – per pochi – ha lasciato un segno profondo.
Ne resta qualche istantanea di struggente bellezza, che però dice ben poco rispetto allo stupore di chi era lì, alla punta del molo, come la gente che aspettava e salutava il mitico "Rex" in Amarcord.
Svanita.
E svanita con lei anche la scia di luce nella quale navigava, come sospesa tra cielo e mare, come uno di quei miraggi che dan spettacolo con la luce che si specchia tra le onde, sì, come una Fata Morgana.
Un tricolore al contrario in quelle luci. Ma che importa?
Quante volte siamo noi a non rispettare quella bandiera, a non renderla maestosa e solenne, meravigliosa come un veliero che illumina la notte e apre a un giorno nuovo?
Alcuni di noi, quello sparuto gruppo di folli, erano corsi per vederla – magari rivederla – incorniciata dalla bellezza della nostra Trani o per ripercorrere il ricordo di un genitore, o di un parente, che vi abbia navigato.
Altri, come quel bimbo accompagnato dal papà – o dal nonno, chi lo sa – correvano mano nella mano a scoprirla per la prima volta.
Navigatori di un tempo hanno esplorato il mondo con audacia e coraggio, l'hanno messo a disposizione degli uomini per un mondo migliore.
Un mondo che ha camminato con passi da gigante, ma che ora sembra fare troppe marce indietro.
Naviga il veliero.
Solca mari e oceani, finanche questa piccola, antica città che era ponte tra Oriente e Occidente.
Il mondo nuovo – e più bello – è un tempo che aspettiamo ancora.
Come quel bagliore tricolore nella notte, tripudio di emozione e meraviglia.
L'Italia che va.
Al contrario, forse.
Ma con l'audacia di cercare la rotta giusta.
Forse, il sogno e l'ansia di riuscire a vederla da quel molo, era proprio lì.
Fotografie di Sofia e Stefania De Toma