Eventi e cultura
“Ma com’eri vestita?”: in mostra nella biblioteca “Giovanni Bovio” i vestiti delle donne vittime di violenza per sensibilizzare i più giovani
La mostra è stata organizzata dal Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Trani
Trani - venerdì 8 novembre 2024
11.38
La sensibilità verso l'altro è un valore che si costruisce col tempo e con la consapevolezza di chi si è e di chi si ha di fronte. Davanti agli occhi di chi visita la mostra "Com'eri vestita?" non c'è una persona bensì degli abiti. Sono quelli indossati dalle vittime di violenza e di femminicidio. Sono abiti che fanno le veci di chi li ha indossati, che difendono la dignità che troppe volte viene calpestata proprio nel luogo che dovrebbe essere l'emblema della Giustizia (la maiuscola non è un caso) e della tutela delle vittime, il tribunale, da domande come quella che dà il titolo alla mostra.
"Com'eri vestita" rappresenta perfettamente la colpevolizzazione della vittima; la donna che veste in un certo modo "se l'è cercata", si legge spesso sui social o si sente tra la gente. Ma com'erano vestite le vittime che indossavano gli abiti della mostra? C'è il camice di un'addetta alle pulizie, stuprata dal datore di lavoro; o anche il tailleur di una giovane praticante avvocato; la gonnellina in fantasia scozzese indossata da una giovane ragazza. E ancora un maglioncino rosso con dei jeans, un vestito scollato. Queste sono le mille sfaccettature della violenza sulle donne; una violenza che non è dettata dal modo in cui la donna è vestita (gli esempi dei vestiti sono lampanti!) ma dall'idea che molti uomini (e non tutti) hanno del suo valore. Dunque, il vestito diventa solo un pretesto per assecondare l'istinto prevaricatore di chi crede di poter utilizzare il corpo di una donna per soddisfare se stesso, o chi crede di avere diritto di proprietà su quel corpo e su quell'anima da poter addirittura privare la donna della sua vita.
La mostra, che ha commosso i ragazzi e le ragazze del "Vecchi", è poi proseguita con un ampio dibattito, in cui questi hanno avuto modo di confrontarsi con gli avvocati facenti parte del Comitato Pari Opportunità dell'Ordine degli Avvocati di Trani, e in particolare Gianluca Nenna, in veste di referente della mostra, Roberta Schiralli, Alessandra Inchingolo, vicepresidente del Comitato e Maria Teresa Leone, consigliera. Gli avvocati hanno guidato i ragazzi alla scoperta di cosa sia la violenza di genere: i casi estremi si conoscono già, come il triste ed eclatante episodio di cronaca nera di Giulia Cecchettin, ma si è cercato di andare più a fondo, ricercando quei comportamenti della vita quotidiana che, senza nemmeno accorgersene, possono manifestare violenza nei confronti delle donne: le avance non gradite, passate spesso come complimenti; i commenti inappropriati sui vestiti indossati dalle donne, la gelosia tossica dei fidanzati, anche di giovanissima età, e che si manifesta in molteplici modi: controllare i messaggi, richiedere continuamente foto, chiedere alla fidanzata dove si trovi e con chi sia, e magari proibirle di frequentare certi posti o certi amici, fino alla gelosia per i risultati ottenuti a scuola, all'università o sul lavoro. Questa violenza, che rappresenta una manifestazione molto più subdola e nascosta, è la più difficile da stanare, proprio perché spesso le vittime non ne sono consapevoli, ed è frutto di una serie di stereotipi che col tempo si sono solidificati nella società. Da questo punto parte, allora, un lavoro di consapevolezza che si deve fare sulle donne, sulla loro autostima, sulla scoperta e riscoperta del proprio valore, per poter evitare di cadere nella trappola della violenza e, se già si è in questo tunnel, riuscire a venirne fuori. Il lavoro su se stesse è un lavoro che non bisogna e non si deve fare da sole, bensì chiedendo aiuto a chiunque si reputi una persona fidata: un genitore, un educatore, un insegnante o anche un amico, perché è proprio la presenza di una rete di persone attorno alla vittima che permette che questa si salvi e prenda consapevolezza di sé. La rete di persone che circonda soprattutto i giovanissimi è quella che deve permetter loro di crescere in modo responsabile e sano, permettendo loro di discernere una relazione in salute da una relazione che distrugge l'altro: come ha sottolineato l'avvocato Gianluca Nenna, la gelosia è un sentimento umano, ed è normale che esista in una coppia; non è sana quella gelosia che invece limita l'altra persona. E come ricordano le avvocate Roberta Schiralli e Maria Teresa Leone, per poter essere consapevoli, bisogna saper riconoscere gli stereotipi e i cosiddetti "bias cognitivi" entro cui sono incasellati certi comportamenti e scardinarli e vedere le situazioni da una diversa prospettiva, rendendo partecipi non solo le ragazze e le donne, ma anche i ragazzi gli uomini, perché è attraverso la loro collaborazione che si costruisce una società più giusta, eliminando disuguaglianze e discriminazioni.
E allora, come si sconfiggono gli stereotipi di genere? Riprendendo le parole di una dei relatori della giornata, l'avvocato Alessandra Inchingolo, gli stereotipi di genere si abbattono esercitando la libertà, l'autodeterminazione e rispettando le diversità, valorizzandole, perché le diversità arricchiscono.
"Com'eri vestita" rappresenta perfettamente la colpevolizzazione della vittima; la donna che veste in un certo modo "se l'è cercata", si legge spesso sui social o si sente tra la gente. Ma com'erano vestite le vittime che indossavano gli abiti della mostra? C'è il camice di un'addetta alle pulizie, stuprata dal datore di lavoro; o anche il tailleur di una giovane praticante avvocato; la gonnellina in fantasia scozzese indossata da una giovane ragazza. E ancora un maglioncino rosso con dei jeans, un vestito scollato. Queste sono le mille sfaccettature della violenza sulle donne; una violenza che non è dettata dal modo in cui la donna è vestita (gli esempi dei vestiti sono lampanti!) ma dall'idea che molti uomini (e non tutti) hanno del suo valore. Dunque, il vestito diventa solo un pretesto per assecondare l'istinto prevaricatore di chi crede di poter utilizzare il corpo di una donna per soddisfare se stesso, o chi crede di avere diritto di proprietà su quel corpo e su quell'anima da poter addirittura privare la donna della sua vita.
La mostra, che ha commosso i ragazzi e le ragazze del "Vecchi", è poi proseguita con un ampio dibattito, in cui questi hanno avuto modo di confrontarsi con gli avvocati facenti parte del Comitato Pari Opportunità dell'Ordine degli Avvocati di Trani, e in particolare Gianluca Nenna, in veste di referente della mostra, Roberta Schiralli, Alessandra Inchingolo, vicepresidente del Comitato e Maria Teresa Leone, consigliera. Gli avvocati hanno guidato i ragazzi alla scoperta di cosa sia la violenza di genere: i casi estremi si conoscono già, come il triste ed eclatante episodio di cronaca nera di Giulia Cecchettin, ma si è cercato di andare più a fondo, ricercando quei comportamenti della vita quotidiana che, senza nemmeno accorgersene, possono manifestare violenza nei confronti delle donne: le avance non gradite, passate spesso come complimenti; i commenti inappropriati sui vestiti indossati dalle donne, la gelosia tossica dei fidanzati, anche di giovanissima età, e che si manifesta in molteplici modi: controllare i messaggi, richiedere continuamente foto, chiedere alla fidanzata dove si trovi e con chi sia, e magari proibirle di frequentare certi posti o certi amici, fino alla gelosia per i risultati ottenuti a scuola, all'università o sul lavoro. Questa violenza, che rappresenta una manifestazione molto più subdola e nascosta, è la più difficile da stanare, proprio perché spesso le vittime non ne sono consapevoli, ed è frutto di una serie di stereotipi che col tempo si sono solidificati nella società. Da questo punto parte, allora, un lavoro di consapevolezza che si deve fare sulle donne, sulla loro autostima, sulla scoperta e riscoperta del proprio valore, per poter evitare di cadere nella trappola della violenza e, se già si è in questo tunnel, riuscire a venirne fuori. Il lavoro su se stesse è un lavoro che non bisogna e non si deve fare da sole, bensì chiedendo aiuto a chiunque si reputi una persona fidata: un genitore, un educatore, un insegnante o anche un amico, perché è proprio la presenza di una rete di persone attorno alla vittima che permette che questa si salvi e prenda consapevolezza di sé. La rete di persone che circonda soprattutto i giovanissimi è quella che deve permetter loro di crescere in modo responsabile e sano, permettendo loro di discernere una relazione in salute da una relazione che distrugge l'altro: come ha sottolineato l'avvocato Gianluca Nenna, la gelosia è un sentimento umano, ed è normale che esista in una coppia; non è sana quella gelosia che invece limita l'altra persona. E come ricordano le avvocate Roberta Schiralli e Maria Teresa Leone, per poter essere consapevoli, bisogna saper riconoscere gli stereotipi e i cosiddetti "bias cognitivi" entro cui sono incasellati certi comportamenti e scardinarli e vedere le situazioni da una diversa prospettiva, rendendo partecipi non solo le ragazze e le donne, ma anche i ragazzi gli uomini, perché è attraverso la loro collaborazione che si costruisce una società più giusta, eliminando disuguaglianze e discriminazioni.
E allora, come si sconfiggono gli stereotipi di genere? Riprendendo le parole di una dei relatori della giornata, l'avvocato Alessandra Inchingolo, gli stereotipi di genere si abbattono esercitando la libertà, l'autodeterminazione e rispettando le diversità, valorizzandole, perché le diversità arricchiscono.