Cronaca
Nessuna condanna per il delitto De Girolamo
La sentenza di assoluzione per i fratelli Lops è diventata definitiva
Trani - mercoledì 14 ottobre 2015
16.07
Il delitto di Nunzio De Girolamo, l'imprenditore edile tranese di 62 anni ucciso in un podere a Bisceglie il 13 maggio 2011, resta senza colpevoli condannati. La Procura di Trani non ha inteso presentare appello contro l'assoluzione in primo grado di Savino Lops, 36 anni di Trani, e del fratello Lorenzo, di 35. L'assoluzione è avvenuta il 10 aprile con l'equivalente della vecchia formula dell'insufficienza di prove da parte della Corte d'Assise di Trani.
Lo scorso 7 marzo il pubblico ministero Michele Ruggiero a carico di Savino Lops aveva chiesto la condanna a trent'anni di reclusione per il concorso nell'omicidio dell'imprenditore; mentre a 6 per Lorenzo, imputato per ricettazione e riciclaggio (in quanto avrebbe versato in banca una somma di denaro rapinata alla vittima).
Ora, però, non ha inteso far rivalutare alla Corte d'Assise d'Appello le risultanze istruttorie, ritenute insufficienti dai giudici tranesi per la condanna dei due fratelli imputati. La sentenza è passata in giudicato. In altre parole è divenuta definitiva.
E così unico responsabile del delitto De Girolamo resta Nicola Lops, padre dei due imputati scagionati, che nemmeno finì a processo perché trovato impiccato in un terreno fra Bisceglie e Trani due giorni dopo l'omicidio dell'imprenditore edile. Perciò il pm Ruggiero chiese al gip l'archiviazione della posizione per "morte del reo".
Il cadavere De Girolamo, crivellato di colpi di pistola, fu trovato occultato nel pozzo di un podere di Bisceglie prospiciente la provinciale per Andria. Nicola Lops conosceva da tempo De Girolamo. Tra i due c'erano rapporti di conoscenza legati anche all'attività lavorativa: Lops, infatti, era una delle maestranze di cui si avvaleva De Giorlamo. Da ultimo era stato incaricato dei lavori di pitturazione nel complesso residenziale che sorge a Trani in Contrada San Luca. Secondo quanto ricostruirono le indagini condotte dai Carabinieri proprio in ciò si sarebbe annidato il movente dell'efferato omicidio, che sarebbe maturato al culmine di una discussione per il pagamento di ulteriori acconti su quei lavori.
De Girolamo sarebbe stato invitato ad un incontro a Bisceglie, rivelatosi una trappola assassina. Secondo l'iniziale imputazione Nicola Lops e suo figlio Savino l'avrebbero minacciato per farsi consegnare diecimila euro in contanti che l'imprenditore edile aveva con sé. De Girolamo si sarebbe rifiutato e perciò picchiato e sparato. I Lops avrebbero così preso il denaro di cui era in possesso l'amico-imprenditore, occultandone il cadavere nel pozzo del casolare abbandonato. Il rinvenimento del corpo martoriato avvenne nel pomeriggio dello stesso giorno della scomparsa per il fumo notato uscire dal casolare dove era stata incendiata l'auto della vittima.
Il pm Ruggiero contestò a Savino (meglio noto come Massimo) Lops, in concorso col papà deceduto, le accuse di omicidio aggravato e premeditato, sottrazione di cadavere, rapina e danneggiamento. Lorenzo Lops avrebbe, invece, ricevuto dal padre e/o dal fratello ottomila euro, sapendo, secondo l'accusa, che quella somma era frutto della drammatica rapina.
Col passaggio in giudicato della sentenza di primo grado i fratelli Lops, difesi dall'avvocato Giangregorio De Pascalis, escono definitivamente di scena dalla vicenda giudiziaria.
I familiari di De Girolamo, che si erano costituiti parte civile a mezzo degli avvocati Luigi Mastromauro ed Antonio Florio, auspicavano che la Procura impugnasse la sentenza per veder così rimessa in gioco davanti ai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Bari la posizione dei due imputati scagionati. Anche loro avrebbero potuto impugnare la sentenza per i profili civilistici, ma dinanzi alla rinuncia all'impugnazione "principale" dell'ufficio inquirente, di fatto, sarebbe stato un'impresa.
Con la sentenza, la Corte d'Assise invitò la Procura tranese a rivalutare la posizione del biscegliese Giuseppe Cosmai. Questi fu già indagato per concorso in omicidio premeditato. Poi però il pm ritenne che "gli elementi indiziari emersi a suo carico non risultavano conclusivamente sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio" e perciò chiese l'archiviazione al giudice per le indagini preliminari. Ma al momento non si registrerebbero sostanziali novità.
Lo scorso 7 marzo il pubblico ministero Michele Ruggiero a carico di Savino Lops aveva chiesto la condanna a trent'anni di reclusione per il concorso nell'omicidio dell'imprenditore; mentre a 6 per Lorenzo, imputato per ricettazione e riciclaggio (in quanto avrebbe versato in banca una somma di denaro rapinata alla vittima).
Ora, però, non ha inteso far rivalutare alla Corte d'Assise d'Appello le risultanze istruttorie, ritenute insufficienti dai giudici tranesi per la condanna dei due fratelli imputati. La sentenza è passata in giudicato. In altre parole è divenuta definitiva.
E così unico responsabile del delitto De Girolamo resta Nicola Lops, padre dei due imputati scagionati, che nemmeno finì a processo perché trovato impiccato in un terreno fra Bisceglie e Trani due giorni dopo l'omicidio dell'imprenditore edile. Perciò il pm Ruggiero chiese al gip l'archiviazione della posizione per "morte del reo".
Il cadavere De Girolamo, crivellato di colpi di pistola, fu trovato occultato nel pozzo di un podere di Bisceglie prospiciente la provinciale per Andria. Nicola Lops conosceva da tempo De Girolamo. Tra i due c'erano rapporti di conoscenza legati anche all'attività lavorativa: Lops, infatti, era una delle maestranze di cui si avvaleva De Giorlamo. Da ultimo era stato incaricato dei lavori di pitturazione nel complesso residenziale che sorge a Trani in Contrada San Luca. Secondo quanto ricostruirono le indagini condotte dai Carabinieri proprio in ciò si sarebbe annidato il movente dell'efferato omicidio, che sarebbe maturato al culmine di una discussione per il pagamento di ulteriori acconti su quei lavori.
De Girolamo sarebbe stato invitato ad un incontro a Bisceglie, rivelatosi una trappola assassina. Secondo l'iniziale imputazione Nicola Lops e suo figlio Savino l'avrebbero minacciato per farsi consegnare diecimila euro in contanti che l'imprenditore edile aveva con sé. De Girolamo si sarebbe rifiutato e perciò picchiato e sparato. I Lops avrebbero così preso il denaro di cui era in possesso l'amico-imprenditore, occultandone il cadavere nel pozzo del casolare abbandonato. Il rinvenimento del corpo martoriato avvenne nel pomeriggio dello stesso giorno della scomparsa per il fumo notato uscire dal casolare dove era stata incendiata l'auto della vittima.
Il pm Ruggiero contestò a Savino (meglio noto come Massimo) Lops, in concorso col papà deceduto, le accuse di omicidio aggravato e premeditato, sottrazione di cadavere, rapina e danneggiamento. Lorenzo Lops avrebbe, invece, ricevuto dal padre e/o dal fratello ottomila euro, sapendo, secondo l'accusa, che quella somma era frutto della drammatica rapina.
Col passaggio in giudicato della sentenza di primo grado i fratelli Lops, difesi dall'avvocato Giangregorio De Pascalis, escono definitivamente di scena dalla vicenda giudiziaria.
I familiari di De Girolamo, che si erano costituiti parte civile a mezzo degli avvocati Luigi Mastromauro ed Antonio Florio, auspicavano che la Procura impugnasse la sentenza per veder così rimessa in gioco davanti ai giudici della Corte d'Assise d'Appello di Bari la posizione dei due imputati scagionati. Anche loro avrebbero potuto impugnare la sentenza per i profili civilistici, ma dinanzi alla rinuncia all'impugnazione "principale" dell'ufficio inquirente, di fatto, sarebbe stato un'impresa.
Con la sentenza, la Corte d'Assise invitò la Procura tranese a rivalutare la posizione del biscegliese Giuseppe Cosmai. Questi fu già indagato per concorso in omicidio premeditato. Poi però il pm ritenne che "gli elementi indiziari emersi a suo carico non risultavano conclusivamente sufficienti a sostenere l'accusa in giudizio" e perciò chiese l'archiviazione al giudice per le indagini preliminari. Ma al momento non si registrerebbero sostanziali novità.